Il notaio, per formalizzare correttamente il trasferimento, deve compiere tutte le verifiche tese ad accertare la titolarita' del bene, con la diligenza media riferibile alla sua categoria professionale
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Il condomino che, in buona fede, acquista da chi non e' proprietario il pianerottolo condominiale con contratto rogato dal notaio e debitamente trascritto, ne usucapisce la proprieta' decorsi dieci anni dalla trascrizione del titolo. Lo ha deciso il Tribunale di Ascoli Piceno con la sentenza n. 7 del 9 gennaio 2017.
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Decisivo, nel caso di specie, il ruolo del notaio che aveva formalizzato il trasferimento. Era lui, infatti, a dover compiere tutte le verifiche tese ad accertare la titolarita' del bene,con la diligenza media riferibile alla sua categoria professionale.
Nessuna colpa grave, dunque, in capo ai condomini che, confidando nel professionista e posseduto il pianerottolo per dieci anni, ne hanno usucapito in buona fede la proprieta' ai sensi dell'art. 1159 c.c.
Il notaio incaricato del rogito di un immobile, salvo che non ne sia stato esonerato dal cliente, non puo' limitarsi a registrare passivamente le dichiarazioni ricevute, essendo, invece, tenuto a compiere le opportune verifiche tramite visure catastali e ipotecarie.
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Il fatto - Due coniugi citavano in giudizio il comproprietario di un orto, acquistato tempo prima per atto notarile, per ottenere lo scioglimento della comunione sul bene. L'uomo non si opponeva alla divisione, ma chiedeva in via riconvenzionale di dividere anche la comunione sussistente con gli attori su altre proprieta' individuate nel rogito, con condanna alla rimessione in pristino del pianerottolo condominiale del secondo piano dello stabile, di cui, a suo dire, la coppia si era indebitamente appropriata.
I coniugi si opponevano sostenendo di aver usucapito la proprieta' esclusiva del pianerottolo.
Il Tribunale ha effettivamente accertato usucapione del pianerottolo e, di conseguenza, ha respinto la domanda riconvenzionale del convenuto. Vediamo perchè.
L'acquisto dal non proprietario e l'usucapione breve - Dalla documentazione in atti e dalla consulenza tecnica espletata e' emerso che la porzione di pianerottolo in questione non era stata menzionata nell'atto di acquisto dell'appartamento da parte dell'originario proprietario, che successivamente lo aveva ceduto ai coniugi attori.
In altri termini, il pianerottolo era rimasto interamente di proprieta' condominiale e, dunque, la coppia lo aveva acquistato da chi, in realta' , non ne era il proprietario.
Secondo il Tribunale, tuttavia, trattandosi di vendita avvenuta sulla base di un titolo (atto notarile) astrattamente idoneo a trasferire il diritto e regolarmente trascritto, scatta l'usucapione breve decennale ai sensi dell'art. 1159 c.c.: “Colui che acquista in buona fede da chi non e' proprietario un immobile, in forza di un titolo che sia idoneo a trasferire la proprieta' e che sia stato debitamente trascritto, ne compie l'usucapione in suo favore col decorso di dieci anni dalla data della trascrizione”.
Sussistono, infatti, tutti i requisiti richiesti dalla norma citata: il titolo idoneo al trasferimento, la buona fede dell'acquirente ed il decorso del tempo.
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Il titolo idoneo al trasferimento – Ai fini dell'usucapione decennale, prevista in caso di acquisto a non domino, l'esistenza “di un titolo che sia idoneo a far acquistare il diritto trasferendo, va inteso nel senso che il titolo deve essere idoneo in astratto e non in concreto a determinare il trasferimento del diritto reale, ossia tale che l'acquisto si sarebbe senz'altro verificato se l'alienante fosse stato titolare” (Cass. civ. n. 21227/2010).
Nella vicenda in esame, l'alienante fosse stato titolare del pianerottolo, l'acquisto si sarebbe subito verificato in virta'¹ del contratto rogato dal notaio.
La buona fede dell'acquirente–Nel caso di specie, era poi necessario accertare se l'intervenuta omissione degli accertamenti, diretti a stabilire la persistente apparenza del bene al venditore, poteva in concreto integrare gli estremi di una colpa grave degli acquirenti, idonea ad inquinare l'apparente acquisto del bene ed escludere il possesso utile ai fini dell'usucapione.
Sul punto, il Tribunale richiama la giurisprudenza della Cassazione: la buona fede non e' esclusa “dal mancato compimento delle indagini atte ad individuare l'appartenenza del bene a chi se ne affermi proprietario, ma soltanto nei casi in cui siffatta omissione sia, in concreto, connotata da quei caratteri di macroscopicita' ed eclatanza che ne giustificano, in virta'¹ della regola dettata dal secondo comma dell'articolo 1147, Codice civile, la parificazione al dolo” (Cass. civ., n. 15252/2005).
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I controlli del notaio – Da quanto precede emerge il ruolo decisivo del notaio nella definizione della controversia in esame. Infatti, ai fini dell'accertamento del grado di colpa, assume rilevanza il particolare atteggiarsi dei rapporti tra l'acquirente, o apparente tale, ed il notaio soggetto istituzionale al quale il primo deve necessariamente rivolgersi per la formalizzazione di tali atti di acquisto e che, in base ai doveri professionali, e' tenuto, salvo che non sia stato espressamente dispensato dalle parti, a compiere tutte le verifiche atte ad accertare l'appartenenza del bene a chi intenda alienarlo e la liberta' dello stesso da ipoteche, trascrizioni, pesi, ecc.
Cio' implica la normale aspettativa, in chi si rivolge al notaio per la stipula di un atto di acquisto, che i menzionati adempimenti siano compiuti. “Ne consegue che non puo', in linea generale, affermarsi che versi in colpa grave colui che, rivoltosi ad un notaio per la redazione di un atto traslativo di immobile e non avendolo esonerato dal compiere le c.d. “visure” catastali ed ipotecarie, addivenga all'acquisto, in cospetto delle garanzie di titolarita' del bene e liberta' dello stesso fornite dall'alienante o apparente tale, e nella ragionevole presunzione che l'ufficiale rogante abbia compiuto le opportune verifiche”.
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Avv. Giuseppe Nuzzo – giu.nuzzo@alice.it