Il caso. La controversia principiava allorchè dei condomini agivano in giudizio avverso degli altri comproprietari chiedendo la riduzione in pristino di un immobile di loro proprieta' .
In particolare questi ultimi avevano costruito in sopraelevazione un'unita' immobiliare al di sopra dell'appartamento degli attori, ottenendo poi il condono della struttura abusiva.
Il giudice, all'esito del giudizio rilevava la violazione dell'articolo 9 della legge 25 novembre 19862 numero 1684 e condannava i convenuti alla riduzione in pristino della struttura e al risarcimento dei danni causati ai vicini.
Vista la soccombenza i convenuti proponevano appello contro la predetta decisione assumendo l'errata valutazione del primo giudice.
In modo non dissimile dal primo grado la Corte d'Appello rigettava il gravame proposto sulla base del fatto che la struttura costruita, che versava in condizioni precarie, costituiva un oggettivo rischio per la stabilita' dell'intero palazzo.
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La Cassazione rigetta integralmente il ricorso e conferma la soccombenza dei primi due gradi di giudizio. La parte soccombente decideva quindi di adire la Corte di Cassazione con lo scopo di ottenere la riforma della decisione d'appello. A tal fine essa depositava un articolato ricordo, basato su ben otto motivi di gravame.
La Cassazione, con la sentenza numero 2115 del 29 gennaio 2018 respingeva tutti gli otto motivi di ricorso per i motivi di seguito meglio esplicitati.
La prima doglianza era incentrata sulla presunta mancata integrazione del contraddittorio da parte degli attori nel corso dei giudizi di merito: secondo i ricorrenti la Corte d'Appello avrebbe errato nel mancare di far rilevare tale aspetto processuale dichiarando improcedibile la domanda proposta.
La Cassazione rigettava tale motivo di ricorso sulla base del fatto che tale doglianza fosse stata per la prima volta introdotta in sede di Cassazione e mai eccepita nei precedenti gradi di merito.
Il contraddittorio, aggiungeva la Corte, era stato correttamente instaurato con i convenuti proprietari dell'immobile del quale si chiedeva la demolizione e non si vedevano altri soggetti legittimati passivi.
Con il secondo e il terzo motivo di ricorso, invece, la parte rilevava come gli attori avrebbero dovuto agire con azione di nunciazione in via cautelare, prima di esperire il giudizio di merito. La Cassazione rigettava tali motivi in quanto manifestamente infondati.
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Con la domanda di riduzione in pristino dell'unita' immobiliare, infatti, gli attori avevano agito correttamente lamentando la violazione dell'articolo 1127 comma II del Codice Civile che afferma che 'La sopraelevazione non e' ammessa se le condizioni statiche dell'edificio non la consentono'.
Il quarto motivo di ricorso era invece incentrato sul fatto che i ricorrenti avessero presentato e ottenuto domanda di condono dell'unita' costruita in modo abusivo, con la conseguenza che l'immobile avrebbe dovuto essere considerato a tutti gli effetti abusivo.
Tale motivo veniva rigettato dalla Cassazione in quanto del tutto destituito di ogni fondamento.
Specificava la Suprema Corte infatti che anche se la costruzione fosse stata condonata (di tale circostanza non risultava prova nel giudizio di merito) ai sensi del citato articolo 1127 del Codice Civile sussiste un generale divieto di sopraelevazione qualora le condizioni statiche dell'edificio non lo consentono come nel caso oggetto di causa.
La violazione di tale precetto legittima gli altri condomini ad agire per la riduzione in pristino della struttura, sussistendo in tali casi un presunzione di pericolosita' che non viene attenuta dall'eventuale condono.
Aggiungeva la Cassazione che il diritto alla riduzione in pristino derivava comunque in ogni caso in cui 'emerga una concreta lesione o il pericolo attuale di una lesione all'integrita' materiale del bene oggetto di proprieta' , ovvero si sia verificata la violazione di altra specifica disposizione delimitativa della sfera della proprieta' '.
La sanatoria della struttura abusiva, difatti, riguarda solo il rapporto tra il privato e la pubblica amministrazione e vale a gestire gli illeciti di natura urbanistica, restando impregiudicati i diritti dei condomini. I motivi dal quinto all'ottavo, aventi ad oggetto eccezioni di carattere processuale, venivano rigettati come i precedenti.
Alla luce di quanto sopra riportato la Cassazione rigettava il ricorso proposto e condannava i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio.
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CortediCassazione_sentenza_n.2115_29.1.2018.pdf