Nel caso di accordo tra due o più condòmini relativo alla cessione di parti di proprietà esclusiva (in tal caso l'accordo deve intercorrete tra i due o più interessati) o di proprietà comune (in questa ipotesi serve il consenso di tutti i condòmini), il relativo accordo deve obbligatoriamente essere sancito in forma scritta, la quale rappresenta un requisito indispensabile per la sua esistenza.
Detta in gergo giuridico, il contratto di trasferimento diritti reali immobiliari necessita della forma scritta ad substantiam. Questa, in breve sintesi, la decisione cui è giunta la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 25140 resa, mediante deposito in cancelleria, il 14 dicembre 2015.
Il caso che ha portato alla pronuncia in esame prende spunto da una ristrutturazione edilizia di un edificio in condominio; al termine degli interventi edili, infatti, i proprietari di un'unità immobiliare verificavano che metratura e volumetria della loro unità immobiliare erano inferiori rispetto alla sua precedente consistenza. A seguito dell'abbassamento dell'altezza delle stanze. Chiedevano quindi la riduzione in pristino dello status quo ante. La controversia si estendeva ad una serie di altre violazioni connesse a realizzazioni di opere che le parti in causa si contestavano reciprocamente; tipica conseguenza dell'azionamento di una lite per ragioni di vicinato.
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Alla richiesta di pronuncia da parte della Corte di Cassazione si giungeva dopo, che sia in primo grado, quanto in appello, i giudici condannavano i condòmini convenuti ad innalzare il piano di calpestio della propria unità immobiliare. Insomma la riduzione di volume e superficie della proprietà degli attori era avvenuta illegittimamente e doveva essere eliminata.
Davanti agli ermellini gli originari convenuti insistevano per l'accoglimento delle proprie ragioni ed in particolare rimarcavano che l'appropriazione di parte della superficie e del volume dell'unità immobiliare dei loro vicini non era frutto di abuso ma conseguenza di un preciso accordo in tal senso con gli stessi.
La Corte non ha accolto questa tesi. Motivo? Mancava la forma scritta che consacrasse tale contratto e nel caso di compravendita di diritti reali la forma è sostanza, ossia elemento imprescindibile di validità dell'accordo stesso.
Si legge in sentenza che “l'accordo con il quale le parti, proprietarie di unità immobiliari in un edificio condominiale, si trasferiscano reciprocamente, nel corso di operazioni rivolte alla ristrutturazione dell'edificio, diritti immobiliari su porzioni in proprietà esclusiva e in proprietà comune (gli uni acconsentendo all'abbassamento dell'altezza del soffitto del proprio appartamento e al conseguente trasferimento di volumetria in favore dei proprietari del piano superiore; e questi trasferendo, a loro volta, in corrispettivo, l'esclusiva proprietà su un disimpegno e su un'area di accesso comuni), deve rivestire la forma scritta ad substantiam, ai sensi dell'art. 1350 cod. civ., trattandosi di un contratto avente ad oggetto il trasferimento della proprietà immobiliare (contratto di certo non assimilabile al regolamento amichevole della linea di confine tra due fondi, realizzante un negozio di accertamento libero da forme)” (Cass. 14 dicembre 2015 n. 25140).
Né, chiosa la Corte sull'argomento l'accordo scritto può essere sostituito dalla sottoscrizione del progetto di realizzazione delle opere, la cui funzione non è quella di disciplinare transizioni di diritti reali da una parte all'altra, ma quella di consentire l'ottenimento dei necessari placet amministrativi.
=> Per vendere una parte condominiale è necessario il consenso scritto di tutti i condomini