Evoluzione normativa e prime interpretazioni. La disciplina della tassazione dei rifiuti, in un primo momento, era stata dettata dal D.Lgs. 507/93 con la quale il legislatore aveva istituito e regolamentato la TARSU (tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani).
Successivamente, con l'art. 49 D.lgs. 22/97 (Decreto Ronchi) veniva introdotta la TIA-1 (tariffa di igiene ambientale) che avrebbe dovuto sostituire la Tarsu.
Si prevedeva cosa'¬ un regime transitorio entro il quale tutti i Comuni avrebbero dovuto adottare il nuovo prelievo in sostituzione della Tarsu al fine di coprire integralmente i costi per la gestione dei rifiuti.
Inizialmente, l'interpretazione che veniva fornita dal dato letterale delle citate disposizioni, era che mentre la TARSU, imposta di natura tributaria, non era assoggettata ad IVA; la TIA, invece, era un corrispettivo che l'utente paga al servizio urbano di raccolta di rifiuti, nell'ambito di un rapporto contrattuale. Sicchè, tale tariffa poteva essere assoggettata ad IVA in quanto non era di natura tributaria.
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Il problema dell'IVA. A questo punto, la confusione sul trattamento e sulla natura giuridica deve essere ricondotta al Decreto Ronchi (D.Lgs.22/97, art. 49 attuato dal D.P.R. 158/99) che aveva previsto la progressiva introduzione della TIA (tariffa d'igiene ambientale) al posto della TARSU (tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani).
I Comuni italiani hanno iniziato ad adeguarsi alla legge, introducendo la TIA al posto della TARSU, disciplinandone la riscossione tramite specifici regolamenti.
Ma le leggi finanziarie del 2007 e del 2008 hanno congelato i termini di attuazione, decretando che i Comuni avrebbero dovuto mantenere, fino a tutto il 2009, lo stesso sistema di tassazione del 2006.Nel 2006 il D.Lgs 152/06, il cosiddetto “decreto ambientale”, e' intervenuto a ridefinire la TIA: ma, in assenza di un decreto attuativo, i Comuni non potevano applicare la TIA secondo le nuove disposizioni del Codice ambientale. La mancanza di un regolamento attuativo ha lasciato i Comuni liberi di applicare facoltativamente la TIA o la TARSU e ha permesso il dilagare della confusione tra tariffa e imposta, tra IVA dovuta e non.
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La risposta della Corte Costituzionale e l'introduzione della TIA2. La Corte Costituzionale, poi, chiamata a pronunciarsi in materia di tasse per lo smaltimento dei rifiuti, con la sentenza n. 238 del 24.07.2009, ha affermato che sulla TARSU e sulla TIA non e' possibile applicare l'IVA. Di conseguenza si era ritenuto possibile chiedere il rimborso dell'IVA.
Nelle motivazioni la Corte arriva ad affermare che la TIA1 non e' neanche soggetta ad IVA in quanto non ricorre il requisito della sinallagmaticita' della prestazione.Successivamente, e' intervenuto il D.L. n. 78/2010, che ha previsto che la natura della tariffa integrata ambientale - TIA2 non e' tributaria e, conseguentemente, e' soggetta ad IVA.In merito al trattamento tributario applicabile alla TIA1, in sede di conversione del D.L. n. 78/2010, il Governo aveva accolto l'Ordine del Giorno n. 9/3638/55 in base al quale “la legge doveva essere interpretata, fino all'entrata in vigore della TIA2, nel senso che anche la TIA1 non aveva natura tributaria ed era, pertanto, soggetta ad IVA”.
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La risposta del dipartimento delle Finanze. Con la circolare n. 3/DF del 2010, il Dipartimento delle Finanze aveva espresso il parere che la TIA1 dovesse continuare ad essere assoggettata all'IVA. Cio' in base alla lettura sistematica delle seguenti disposizioni:
- l'art. 14, comma 33, D.L. n. 78/2010, che ha confermato la natura di corrispettivo della TIA2;
- l'art. 5, comma 2- quater, D.L. n. 208/2008, che ha consentito ai comuni di adottare la TIA2 ai sensi delle disposizioni legislative e regolamentari al tempo vigenti.
Inoltre, secondo il Dipartimento delle Finanze, la circostanza che la TIA2 potesse in definitiva essere regolata dalle disposizioni inerenti la TIA1, portava a concludere che i prelievi presentavano caratteristiche analoghe: pertanto, se i due prelievi erano regolati dalle stesse fonti normative, non sembrava razionale attribuire alla TIA1 una natura giuridica diversa da quella della TIA2; di conseguenza, se la TIA2 aveva natura di corrispettivo, ed in quanto tale era soggetta all'IVA, la medesima natura andava attribuita alla TIA1.
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Il diverso orientamento consolidato della giurisprudenza. Prima dell'intervento della Corte Costituzionale, la Cassazione (sezione tributaria) con la sentenza del 9 agosto 2007, n. 17526 ha evidenziato che la TIA, ossia la tariffa di igiene ambientale, non palesa connotati sostanzialmente differenti dalla TARSU, poichè alla base della sua operativita' non e' previsto alcun atto volontario da parte del privato, ma deve essere applicata verso chiunque conduca o occupi locali, zone scoperte ad uso privato che non siano accessorio o pertinenza degli stessi locali, a qualsivoglia uso siano destinati, presenti nelle aree del territorio comunale, e perchè copre anche quelle spese che non scaturiscono dallo smaltimento dei rifiuti dei contribuenti, ma relative alla comunita' nella sua globalita' . Quest'ultimo aspetto conferisce natura pubblicistica alla predetta entrata che, tecnicamente, non rappresenta il corrispettivo di una prestazione richiesta, ma una tipologia di finanziamento di pubblico servizio mediante la determinazione dei costi da imporre sull'area sociale che, da detti importi, trae globalmente beneficio; detti elementi sono tutti relativi al processo tributario.
Successivamente, la giurisprudenza maggioritaria si e' orientata ad accordare la restituzione dell'IVA sulla tariffa rifiuti prevista dall'art. 49 del d.lgs. 22/1997. Tale importante statuizione e' da ritenersi legata al fatto che si tratta di un'entrata tributaria e non corrispettiva di un servizio. In proposito si osserva quanto gia' sostenuto da:
Corte Costituzionale (sentenza del 24 luglio 2009, n. 238) “La tariffa di igiene ambientale (TIA), disciplinata dall'art. 49 del D.Lgs. n. 22 del 1997 presenta tutte le caratteristiche del tributo, in quanto si caratterizza per la doverosita' della prestazione, per la mancanza di rapporto sinallagmatico tra parti e per il collegamento della prestazione alla pubblica spesa in relazione ad un presupposto economicamente rilevante; pertanto, la TIA non e' inquadrabile tra le entrate non tributarie, ma costituisce una mera variante della TARSU disciplinata dal D.P.R. n. 507 del 1993 (ess.mm.), conservando la qualifica di tributo propria di quest'ultima.
Le controversie aventi ad oggetto la debenza della TIA, dunque, avendo natura tributaria appartengono alla cognizione delle commissioni tributarie”. E' noto il ragionamento della Corte Costituzionale secondo cui se la TIA ha natura tributaria e rappresenta una variante della TARSU, allora ne consegue che ad essa risulta inapplicabile l'IVA.
Corte di Cassazione (Sentenza 9 marzo 2012, n. 3756) “La tariffa di igiene ambientale (t.i.a.), costituisce una mera variante della ta.r.s.u. disciplinata dal d.P.R. n. 507 del 1993 (e successive modificazioni) e conserva la qualifica di tributo propria di quest'ultima (Cass. sent. n. 238/2009 e ord. nn. 300(2009 e 64/2010) con la conseguenza che le controversie aventi a oggetto la debenza della t.i.a. hanno natura tributaria e sono da attribuire alla cognizione delle commissioni tributarie (senza che cio' si ponga in contrasto con l'art. 102, comma 2, cost.)'.
In base a codesti principi, stante la mancanza di disposizioni legislative suscettibili di esser richiamate a presidio della affermata soggezione a Iva della prestazione del servizio di smaltimento in sè e per sè considerata deve si confermare la statuizione che gli importi pretesi a titolo di tariffa d'igiene ambientale non sono assoggettabili a Iva”.
Cassazione a Sezioni Unite (sentenza del 15 marzo 2016 n. 5078) “La tariffa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, istituita dall'art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997, oggi abrogato, avendo natura tributaria, non e' assoggettabile all'IVA, che mira a colpire la capacita' contributiva insita nel pagamento del corrispettivo per l'acquisto di beni o servizi e non in quello di un'imposta, sia pure destinata a finanziare un servizio da cui trae beneficio il medesimo contribuente”. Secondo tale orientamento, la tariffa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani non e' assoggettabile ad IVA in ragione della sua natura di tributo.
Ed ancora, per completezza si riportano ulteriori pronunce di legittimita' e di merito:
Corte di Cassazione con l'Ordinanza n. 5627 depositata il 7 marzo 2017. “La rilevata inesistenza di un nesso diretto tra il servizio e l'entita' del prelievo porta ad escludere la sussistenza del rapporto sinallagmatico posto alla base dell'assoggettamento ad IVA ai sensi degli artt. 3 e 4 del d.P.R. n. 633 del 1972 e caratterizzato dal pagamento di un «corrispettivo» per la prestazione di servizi.
Sicchè e' irrilevante che il gestore sia una societa' privata, non equiparabile ad un 'ente pubblico” dal momento che di fatto il soggetto di diritto privato esercita gli stessi poteri pubblici dell'ente locale, riscuotendo il tributo per conto del Comune impositore.
Le attivita' del gestore svolte rimangono quindi esenti da IVA, anche se comportano la riscossione di canoni, diritti, contributi”.
Tribunale di Firenze, in grado di appello, con la sentenza n. 1044 del 29 marzo 2017. “Con l'applicazione della Tia si viene a operare una forma di finanziamento di un servizio pubblico attraverso l'imposizione dei relativi costi sui gruppi sociali che dagli stessi traggono un beneficio.
Da qui la sua natura tributaria, la cosiddetta “tassa di scopo”, e la conseguente non assoggettabilita' della Tia ad Iva”.
Le conclusioni. Alla luce di tutto quanto innanzi esposto, stante l'attuale scenario del problema in esame, prima di procedere ad eventuali richieste di rimborso dell'IVA, sarebbe opportuno controllare se: