Nel condominio degli edifici, l'area destinata a parcheggio e' una delle parti comuni in cui sovente si consumano i litigi tra condo'mini:discendenti, non solo, da incomprensioni legate alla farraginosita' delle norme che ne disciplinano il rilievo e l'utilizzo (secondo modalita' di assegnazione dei posti auto), ma perchè da punto di vista sociale e' una delle 'parti comuni'in cui i predetti compartecipi sono 'costretti' ad interagire tra di loro.
A fomentare le liti in condominio e' poi, in genere, una certa dose di autarchia che caratterizza la condotta di taluni condomini, i quali utilizzano gli spazi adibiti a parcheggio per finalita' non propriamente idonee alla condivisione.
Tali comportamenti non passano certamente inosservati alla 'Legge'. A tale proposito, e' stato precisato che parcheggiare la propria autovettura nella stradina di accesso al parcheggio e/o avanti ad un garage di un terzo integra il reato della 'violenza privata'.
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Nel qual caso, la norma di riferimento e' l'articolo 606 del codice pe
Nel qual caso, la norma di riferimento e' l'articolo 606 del codice penale dispone che: 'Chiunque, con violenza o manaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa e' punito con la reclusione fino a quattro anni. La pena e' aumentata se concorrono le condizioni prevedute dall'articolo 339'.
Il fatto. Tizio era solito parcheggiare la propria autovettura nell'unica stradina di accesso al cortile comune (all'interno di un condominio minimo).Mevia - altra compartecipe - ogni qual volta arrivava in condominio e si accingeva ad accedere all'interno del parcheggio comune trovava, quindi, il viale d'˜ingresso ostruito dall'autovettura di Tizio, che gli impediva l'accesso.
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Tale situazione e' durata circa sette anni, per cui, quattro anni prima, Mevia - quale persona offesa - e' stata costretta a trasferirsi altrove, presso la casa di una figlia.Il trasferimento non aveva pero' risolto il problema. Ed invero, di tanto in tanto, le sue due figlie erano state costrette a ritornare presso la abitazione di Mevia, al fine di prelevare indumenti e quanto occorreva; ma anche in tali occasioni l'accesso al cortile risultava ostruito per le stesse ragioni. Denunciati i fatti avanti l'autorita' competente, e' stato aperto un procedimento a carico di Tizio, laddove imputato, per l'appunto, del reato di 'Violenza privata'.
La Sentenza. La condotta di Tizio e' cosa'¬ passata sotto le scure della Giustizia. Intanto, il Giudice di Appello di Palermo- con la Sentenza del 22 febbraio 2016 - ha sussunto il comportamento posto in essere dall'imputato nell'alveo dell'articolo 610 del codice penale, siccome ha ritenuto che, anche se la condotta di quest'ultimo non fosse stata provata in giudizio in ordine alla sua reiterazione temporale (ma limitatamente all'evento storico oggetto di denuncia), sussistono tutte le condizioni per disporne una condanna.
Il Decidente ha precisato, invero, che il delitto di violenza privata, nelle sue componenti oggettive e soggettive, non richiede, per la sua configurabilita' che la condotta criminosa si protragga nel tempo, trattandosi di reato istantaneo. Pia'¹ partitamente, il delitto in disamina e' stato identificato con qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente della liberta' di determinazione e di azione l'offeso, il quale sia, pertanto, costretto a fare, tollerare o omettere qualcosa contro la propria volonta' (Corte Cassazione Sez. 5, Sentenza n. 3403 del 17/12/2003).
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Nella fattispecie, in ragione dell'evento da cui e' conseguita l'azione penale, e' stato provato che Tizio abbia disatteso la richiesta di spostamento dell'autovettura formulatagli da Mevia e abbia, invece, provveduto al riguardo solo una volta arrivati in loco i Carabinieri (sollecitati ad intervenire dalla persona offesa) e quindi solo a seguito del comando impostogli dell'autorita' di polizia giudiziaria.
La Corte di Appello di Palermo ha quindi ritenuto Tizio responsabile del reato di violenza privata, condannandolo alla pena prevista dalla legge.
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Conclusione. La condotta di colui che parcheggia la propria autovettura in modo tale da bloccare il passaggio e impedendo alla parte lesa di muoversi e' quindi ritenuta, per costante giurisprudenza, sufficiente ad integrare il requisito della violenza privata, laddove idonea a privare coattivamente l'offeso della liberta' di determinazione e di azione (cfr, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 21779 del 17/05/2006 e vedi anche Cass. Sez. 5, Sentenza n.8425 del 20/11/2013).