La questione. Con ricorso Tizio conveniva in giudizio, davanti il Tribunale di Verona, il Condominio Beta, del quale faceva parte, quale proprietario esclusivo di un'autorimessa al secondo piano interrato, lamentando la presenza di infiltrazioni d'acqua piovana nel suddetto vano di servizio, provenienti da parta'¬ comuni dell'edificio condominiale.
Pertanto proponeva domanda volta all'accertamento delle cause delle infiltrazioni e del risarcimento della somma necessaria per riparare i danni all'autorimessa.
Il tribunale ha respinto le domanda sul presupposto del mancato assolvimento da parte dell'attore dell'onere probatorio a suo carico circa la prova del nesso causale tra la cosa in custodia e l'evento dannoso, ossia della derivazione da parti comuni dell'edificio delle infiltrazioni nel garage. Avverso tale pronuncia Tizio ha proposto ricorso in appello.
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Il ragionamento della Corte di Appello. Contrariamente al ragionamento del Tribunale, i giudici della Corte di Appello hanno evidenziato che il condominio risponde, quale custode, dei danni che le parti di proprieta' comune dell'edificio abbiano arrecato ai singoli proprietari e che spetta al danneggiato provare il collegamento tra cosa in custodia e danno.
Tale prova del danno, peraltro, “puo' essere fornita solo con una consulenza tecnica d'ufficio che integra fonte oggettiva di prova, e non mero mezzo di valutazione, poichè si risolve in uno strumento di accertamento di fatti non altrimenti acclarabili se non con il ricorso a determinate cognizioni specialistiche”.
Dunque secondo la Corte, nella vicenda in esame e' emerso che dalla CTU, attraverso la prova effettuata con l'allagamento del piazzale, la 'causa delle accertate infiltrazioni era da imputare esclusivamente alla mancanza o insufficiente impermeabilizzazione delle pareti interrate del fabbricato'.