Quali conseguenze se nel giudizio la parte non ha fornito informazioni certe circa l'identita' dell'amministratore?
La Corte di Cassazione ha di recente risposto al quesito con la sentenza n. 7406, pubblicata il 14 aprile 2016.
Che rischi corre la parte che non fornisce informazioni chiare circa la persona del legale rappresentante del condominio in giudizio?
La controparte fa il suo lavoro e contesta, sebbene alle volte i dubbi in realta' siano facilmente fugabili, come ad esempio vedremo nella sentenza in commento.
Cosa accade a quel punto? Si incorre in una nullita'
Cosa accade a quel punto? Si incorre in una nullita' relativa, risponde la Corte, sanabile alla prima difesa.
Anche nel condominio, affema la Corte, valgono le norme a suo tempo indicate dalle Sezioni Unite in materia di rappresentanza in giudizio di societa' .
Il caso concreto deciso
La questione concreta che provoca la decisione dei giudici e', come detto, in realta' facilmente risolvibile. I giudici dedicano poche attenzioni a quello che definiscono un caso di lapsus calami, insomma un errore di scrittura, che oggi chiamiamo pia'¹ spesso 'di battitura'.
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Il dubbio in questione riguarda due lettere del cognome, non essendovi corrispondenza tra il congome indicato nell'intestazione del ricorso e quello indicato nella procura. Dubbio non chiarito dalla firma in calce al procura, non leggibile. Ma il dubbio lo risolve la stessa controparte, suo malgrado: nei suoi atti la controparte, nel riferirsi all'amministratore, ne indica senza dubbio alcuno nome e congome. E, comunque, osserva la Corte, non esiste alcun dubbio circa le conoscenze oramai acquisite nel processo dalla parte circa le reale identita' dell'amministratore. Dunque, il problema non esiste.
Ma i giudici colgono l'occasione per fornirci una risposta generale al problema.
La questione in generale
In generale, valgono, afferma la Corte, le norme gia' a suo tempo evidenziate con la sentenza emessa a Sezioni Unite n. 4810/2005 a proposito di rappresentanza di societa' . Con tale sentenza, rammenta il giudice del 2016, 'si e' affermato che l'illeggibilita' della firma del conferente la procura alla lite, apposta in calce od a margine dell'atto con il quale sta in giudizio una societa' esattamente indicata con la sua denominazione, e' irrilevante, non solo quando il nome del sottoscrittore risulti dal testo della procura stessa o dalla certificazione d'autografia resa dal difensore, ovvero dal testo di quell'atto, ma anche quando detto nome sia con certezza desumibile dall'indicazione di una specifica funzione o carica, che ne renda identificabile il titolare per il tramite dei documenti di causa o delle risultanze del registro delle imprese'.
Se cosa'¬ non e', e comunque 'nei casi in cui non si menzioni alcuna funzione o carica specifica, allegandosi genericamente la qualita' di legale rappresentante' abbiamo un caso di nullita' relativa, contestabile dalla controparte con la prima difesa ex art. 157 c.p.c. e sanabile dalla parte con la prima replica. Se tale rettifica non perviene, oppure perviene inadeguata o tardiva, ci troviamo davanti all''invalidita' della procura' e all''inamissibilita' dell'atto'.
Al condominio, afferma dunque la Corte, va applicata la regola secondo cui 'ove emergano delle contraddittorie indicazioni in ordine alle esatte generalita' del sottoscrittore della procura, contraddittorieta' non risolvibile mediante il riscontro con la firma, per l'incomprensibilita' dei segni grafici utilizzati, a fronte della specifica eccezione sollevata dalla controparte, e' data la possibilita' nella prima difesa di poter chiarire quale sia l'effettivo nominativo del rappresentante.'
Tale regola, afferma la Corte, va applicata al condominio, qualificabile, secondo costante giurisprudenza, quale 'ente di gestione'. Senza dilungarci su tale ultimo argomento, che meriterebbe ben pia'¹ amplia attenzione, ci limitiamo a precisare che in realta' solo una parte della giurisprudenza, cui evidentemente la sentenza n. 7406/2016 si associa, qualifica il condominio come un ente di gestione; un altra parte esclude invece che il condominio sia un ente di gestione, in quanto 'non e' titolare di un patrimonio autonomo, ne' di diritti e obbligazioni' (v. Cass. SS.UU. 9148/2008).
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