'Il mancato rilascio, della dichiarazione di conformita' seppure viene ad integrare l'inadempimento dell'obbligazione prescritta dalla legge per la garanzia di corrispondenza dell'opera alla normativa di sicurezza, non e' tale, in sè per sè e a prescindere da una verifica in concreto della eziologia dell'evento di danno, da porsi come sicuro antecedente causale di quest'ultimo'. Questo e' il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione del 28 marzo 2017 n. 7886 in materia di responsabilita' da mancata conformita' dell'impianto.
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La vicenda. Con sentenza il Tribunale di Pistoia aveva accolto la domanda risarcitoria, per il ristoro dei danni cagionati dallo scoppio di uno scaldabagno, proposta Tizio e Caio nei confronti delle Societa' (A, B e C) rispettivamente: rivenditore, installatore e produttore dello scaldabagno -, quantificando il patito pregiudizio in circa 50 mila euro e condannando i convenuti e la chiamata in causa, e per essa il curatore fallimentare, a risarcire gli attori per la quota 16 mila euro ciascuno, oltre interessi legali, e alla rifusione delle spese di lite, ciascuno per la quota di un terzo.
Avverso tale decisione, sostenendo che il Tribunale aveva erroneamente valutato le risultanze della c.t.u., in quanto l'ausiliare del giudice aveva escluso ogni sua responsabilita' , e censurando l'operata quantificazione globale del danno, veniva proposto appello.
La Corte territoriale di Firenze, riuniti i giudizi, con sentenza rigettava la domanda attorea nei confronti della ditta (installatrice dello scaldabagno), dichiarando le altre societa' (rivenditrice e produttrice) tenute in solido fra loro all'integrale risarcimento dei danni subiti da Tizio e Caio, come quantificati dal Tribunale. Avverso tale decisione, la societa' A (rivenditrice) ha proposto ricorso in cassazione.
La dichiarazione di conformita' di un impianto. E' il documento, rilasciato dal tecnico installatore dello stesso impianto, con il quale si attesta la sua conformita' alle norme vigenti e alle specifiche tecniche richieste.
Questo documento venne istituito per la prima volta con la legge n. 46 del 1990, ormai sostituita dal Decreto Ministeriale n. 37 del 22 gennaio 2008, nato con l'intento di riordinare in un unico provvedimento legislativo le norme vigenti relative alla sicurezza degli impianti.
Lo scopo e' stato anche quello di garantire la sicurezza e l'incolumita' pubblica, scongiurando soprattutto gli incidenti domestici dovuti al cattivo funzionamento degli impianti.
L'impresa installatrice e' tenuta alla consegna del certificato di conformita' , al termine dei lavori di installazione di un impianto di qualsiasi tipo o del suo integrale rifacimento.
Il certificato viene redatto sulla base di un modello pubblicato in allegato al D.M. 37/08.
Il modello e' stato poi modificato con la pubblicazione del Decreto 19 maggio 2010 Modifica degli allegati al decreto 22 gennaio 2008, n. 37, concernente il regolamento in materia di attivita' di installazione degli impianti all'interno degli edifici.
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Il Ragionamento diverso della Corte di Cassazione. Nella vicenda in esame, secondo la Corte di legittimita' , la Corte territoriale avrebbe errato ad escludere la responsabilita' dell'installatore dello scaldabagno, cui aveva applicato una valvola di sicurezza dal medesimo acquistata, per mancanza di prova sulla sussistenza del nesso causale tra la sua condotta 'di omesso rilascio della dichiarazione di conformita' della valvola di sicurezza fornita e l'evento dannoso', posto che, come anche evidenziato dalla giurisprudenza di legittimita' in tema di obbligo di rilascio della dichiarazione di conformita' per garantire la corrispondenza dell'opera alla normativa di sicurezza, la violazione della disposizione che impone detto obbligo di rilascio 'e' di per se' sola idonea a radicare una responsabilita' in capo al soggetto' tenutovi, 'a prescindere dalla dimostrazione dell'efficienza causale della condotta'(Cass. n. 4167/2010) .
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Quanto alle altre doglianze espresse della ricorrente societa' rivenditrice secondo cui 'la sola violazione dell'obbligo di rilasciare la dichiarazione di conformita' dell'installazione sia sufficiente a far affermare l'esistenza di una responsabilita' civile aquiliana in capo all'obbligato per i pregiudizi derivati dal mal funzionamento'¦', a parere della Suprema Corte, tale assunto, tuttavia, e' erroneo in quanto la dichiarazione di conformita' e' prevista, a mente della citata L. n. 46 del 1990, art. 7 a garanzia della esecuzione dell'impianto 'a regola d'arte utilizzando allo scopo materiali parimenti costruiti a regola d'arte; sicchè, il relativo mancato rilascio, seppure viene ad integrare l'inadempimento dell'obbligazione prescritta dalla legge per la garanzia di corrispondenza dell'opera alla normativa di sicurezza, non e' tale, in sè per sè e a prescindere da una verifica in concreto della eziologia dell'evento di danno, da porsi come sicuro antecedente causale di quest'ultimo.
Difatti, conformemente ai principi espressi dalla giurisprudenza di legittimita' , l'istituto della causalita' omissiva, si compone di due momenti strutturali, entrambi necessari ed ineludibili perchè possa dirsi integrato l'illecito, ossia quello (cd. normativo) della preliminare individuazione dell'obbligo giuridico, specifico o generico, che impone di tenere una certa condotta (cioe' il comportamento omesso) e quello (cd. eziologico), ad esso successivo, per cui occorre accertare, in concreto, se l'evento (siccome riconducibile alla tipologia di eventi che l'obbligo specifico o generico di tenere la condotta omessa intendeva evitare) sia effettivamente ricollegabile in tutto od in parte all'omissione, nel senso che esso non si sarebbe verificato se l'agente avesse posto in essere la condotta doverosa impostagli (Cass. 20 settembre 2006, n. 20328; cfr. anche Cass., 18 aprile 2005, n. 7997).
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In conclusione, con la pronuncia in commento, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della societa' rivenditrice.
CortediCassazione_sentenza_n__7886del28marzo2017.pdf