Con l'attuazione della revisione del sistema sanzionatorio tributario sono state apportate modifiche anche alle violazioni amministrative in materia di dichiarazione dei redditi e dell'Irap che entreranno in vigore dal 1° gennaio 2017. Novità più rilevanti solo per le infedeli dichiarazioni che ospiteranno anche le violazioni più gravi che “sfuggono” dopo la riforma dall'ombrello di tutela penale.
Con la cosiddetta “Delega fiscale” (legge 11 marzo 2014 n. 23) il legislatore aveva previsto, tra l'altro, una revisione del sistema sanzionatorio amministrativo e penale più rispettoso del principio di proporzionalità in modo da inasprire la risposta “punitiva” per quei comportamenti particolarmente gravi e ribassandola per quelli di segno opposto. Nel complesso la riforma attuata con il Decreto Legislativo 24 settembre 2015, n. 158 è intervenuta maggiormente sulle fattispecie penali (in taluni casi interamente riformulate) senza trascurare modifiche alle corrispondenti violazioni non costituenti reato tra cui l'omessa e l'infedele dichiarazione dei redditi, Irap e Iva.
Ma procediamo per gradi. Oggi, in caso di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi e Irap la sanzione amministrativa, in presenza di imposte dovute, oscilla dal 120% al 240% dell'imposta dovuta con un minimo di euro 258. Nel caso in cui non siano dovute imposte si applica una sanzione in misura fissa da 258 a 1.032 euro.
Grazie alle modifiche apportate dal Decreto di riforma all'art 1 del Decreto Legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, se la dichiarazione viene presentata entro il termine per la presentazione di quella dell'anno successivo e, comunque, prima dell'inizio di un (eventuale) controllo fiscale, la sanzione è abbattuta del 50% oscillando dal 60 al 120% dell'imposta dovuta, con un minimo di 200 euro. Dunque, se la dichiarazione è presentata comunque entro un anno dallo spirare del termine “naturale” – in assenza di controlli o verifiche fiscali da parte dell'Amministrazione finanziaria - le sanzioni amministrative sono sensibilmente ridotte. Nelle intenzioni del legislatore il comportamento di chi produce tardivamente una dichiarazione, a prescindere dai sottostanti motivi, deve essere tenuto distinto da quello chi intende nascondere al Fisco i redditi conseguiti.
Soltanto una piccola limatura invece per la sanzione in misura fissa prevista nel caso in cui non siano dovute imposte che oscillerà da un minimo di 250 ad un massimo di 1.000 euro.
Continuerà a non essere considerata omessa la dichiarazione presentata entro 90 giorni dal termine ordinario di presentazione che permetterà l'accesso al ravvedimento operoso e la regolarizzazione con il pagamento delle sanzioni ridotte previste dall'art. 13, del D. Lgs. n. 472/97. Diversamente, la presentazione della dichiarazione dopo i 90 giorni dallo spirare del termine ma non oltre un anno da questo, pur non consentendo l'accesso al ravvedimento operoso, permetterà rispetto al passato di beneficiare di uno “sconto” sulle sanzioni del 50%.
E' evidente che, nel caso dichiarazioni non ancora perfezionate in conseguenza ad esempio della mancanza di documentazione oppure per un ritardo nell'aggiornamento della contabilità, converrà presentare entro 90 giorni dalla scadenza del termine di presentazione comunque una dichiarazione ancorché “non corretta” per poi presentarne una successiva integrativa con possibilità di avvalersi del ravvedimento operoso entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta nel quale la violazione è stata commessa.
Qualche novità in più è stata introdotta dal Decreto di riforma in materia di dichiarazioni infedeli. Mentre oggi la sanzione amministrativa in caso di infedeltà dichiarative è unica ed oscilla dal 100 al 200% dell'imposta dovuta o del credito indebitamente utilizzato, dal 1° gennaio 2017 si potranno avere in sostanza 4 casi.
Nel caso di dichiarazioni che espongono un reddito o un valore della produzione inferiore a quello accertato in sede di controlli, o comunque una minore imposta dovuta (o un credito superiore a quello spettante), per effetto di meri errori o per colpa del contribuente, si applicherà una sanzione “ordinaria” che andrà dal 90 al 180% della <<maggior imposta dovuta o della differenza del credito utilizzato>>. La stessa sanzione si applicherà se nella dichiarazione vengono indicate indebite detrazioni d'imposta oppure indebite deduzioni dall'imponibile (anche allorquando attribuite in sede di ritenute alla fonte).
Tali sanzioni sono ridotte a 1/3 e andranno quindi dal 30 al 60%se l'imposta accertata è inferiore al 3% di quella esposta in dichiarazione e comunque non supera la soglia degli euro 30.000, oppure allorquando la violazione è conseguenza <<di un errore sull'imputazione temporale di elementi positivi o negativi di reddito, purché il componente positivo abbia già concorso alla determinazione del reddito nell'annualità in cui interviene l'attività di accertamento o in una precedente>>. In quest'ultimo caso, se non v'è danno per l'Erario, è prevista una sanzione fissa pari ad euro 250. Tale disposizione - non applicabile ai casi di dichiarazioni fraudolente - mira non solo a mitigare la sanzione per quelle evasioni di “poco spessore” misurandole sia in termini quantitativi assoluti che in termini percentuali (rispetto alle imposte dichiarate), ma anche a contenere quelle derivanti da errate imputazioni temporali delle componenti positive e negative (si pensi ad esempio ai processi di ammortamento di beni strumentali non adottati correttamente, oppure ai ricavi maturati sulla base di contratti pluriennali così via). Invero, l'accostamento di questi due diversi tipi di violazioni non appare del tutto convincente parificandosi il trattamento sanzionatorio di una non corretta imputazione temporale di un componente positivo o negativo del reddito, di norma dovuto a meri errori o a negligenze, con qualsiasi altro comportamento anche intenzionale ma con effetti quantitativamente contenuti sull'imposta evasa.
Nella diversa ipotesi di dichiarazioni infedeli frutto di <<utilizzo di documentazione falsa o per operazioni inesistenti, mediante artifici o raggiri, condotte simulatorie o fraudolente>> la sanzione “ordinaria” è aumentata della metà (andrà quindi dal 135 al 270%). Si tratta, dunque, di tutte quelle infedeltà dichiarative frutto di comportamenti intenzionali del contribuente connotati da una particolare insidiosità restando tendenzialmente escluse, quindi, tutte quelle di tipo omissivo (come l'omessa contabilizzazione di ricavi, l'omessa o la sottofatturazione purché non supportate da alcun “stratagemma”). La norma sembra traslare in campo amministrativo nozioni (di artifici, raggiri¸ ecc.) da tempo già conosciute in ambito penale e tutte contraddistinte dall'astratta idoneità ad arrecare pregiudizio all'attività di controllo dell'Amministrazione finanziaria.
Come illustrato nella relazione al decreto la norma è stata <<finalizzata a “raccogliere” e a colpire in via amministrativa in modo più severo le fattispecie di dichiarazione fraudolenta che, per effetto delle modifiche apportate nel D. Lgs. n. 74 del 2000 non risultano più penalmente rilevanti>>. Sono state quindi sostanzialmente “depenalizzate” attraverso la minaccia di una più corposa sanzione amministrativa alcune condotte comunque particolarmente insidiose, si pensi all'evasione realizzata mediante la contabilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, mediante la dissimulazione di contratti, di compensi ecc..
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