In tema di preliminare di vendita immobiliare, il promissario acquirente può legittimamente recedere dal contratto se il promittente venditore ha omesso di regolarizzare l'immobile compiendo, a tal fine, tutte le formalità burocratiche e amministrative necessarie entro la data prevista per la sottoscrizione del contratto definitivo.
È questo il principio espresso dalla quarta sezione del Tribunale di Milano con la sentenza n. 4745, depositata il 16 aprile 2015, che ha condannato il promittente venditore a pagare il doppio della caparra ricevuta al momento del compromesso. Per il giudice milanese, la mancata sanatoria dell'immobile entro la data fissata per la stipula del rogito, così com'era stato pattuito dalle parti, integra un grave inadempimento che legittima il recesso ex art. 1385 c.c.
La controversia trae origine dal contratto preliminare di compravendita avente ad oggetto un'unità immobiliare. Le parti s'impegnavano a stipulare il contratto definitivo entro il 15 dicembre; la promissaria acquirente versava al promittente venditore una caparra confirmatoria pari a 10.000 euro, a patto che il promittente venditore provvedesse a regolarizzare l'immobile oggetto del contratto, compiendo all'uopo tutte le formalità burocratiche e amministrative necessarie entro la data fissata per il rogito.
Accadeva che, alla data stabilita, la promissaria acquirente si rifiutava di stipulare la vendita asserendo che il promittente venditore non aveva provveduto a regolarizzare l'immobile; invocava dunque il recesso dal contratto preliminare per grave inadempimento della controparte, chiedendo contestualmente la restituzione del doppio della caparra versata.
La questione finiva in tribunale, ed il giudice, con la sentenza in commento, ha dato ragione alla promissaria acquirente, ritenendo legittimo il recesso dal preliminare per inadempimento.
In effetti, la CTU disposta nel corso del giudizio ha confermato che le difformità urbanistiche ed amministrative dell'immobile, che avevano portato l'attrice a rifiutare la stipula del rogito, esistevano sia alla data prevista per il rogito stesso (15.12.2010), sia alla successiva data del 27.12.2010, giorno in cui il promittente venditore, con raccomandata a.r., aveva assicurato alla controparte – peraltro dichiarando il falso – di aver provveduto alla regolarizzazione dell'immobile.
Il venditore aveva provato a difendersi, sostenendo di aver comunque provveduto a formalizzare le istanze amministrative necessarie il giorno dopo aver affermato di averle già eseguite, cioè il 28 dicembre, ma per il tribunale ciò non esclude la gravita dell'inadempimento.
Il giudice stigmatizza il comportamento scorretto del promittente venditore, che avrebbe dovuto provvedere in tal senso entro la data della stipula del rogito, e non dopo. È grave, poi, ai fini dell'affidamento della controparte, che egli abbia consapevolmente posto in essere dichiarazioni che sapeva non essere vere. Tra l'altro, in relazione al titolo abilitativo richiesto al Comune, il promittente non ha versato gli oneri richiesti, né ha provveduto alla presentazione della domanda di inizio e fine lavori. Quanto alla dichiarazione di agibilità, la richiesta di rilascio è sì del 28 dicembre, ma l'approvazione di agibilità è stata formalizzata solo a marzo 2011.
La presenza di tutti questi elementi – conclude il Tribunale – fa ritenere grave l'inadempimento del promittente venditore e legittima l'esercizio del diritto di recesso da parte della promissaria acquirente ex art. 1385 c.c., perché la condotta posta in essere è stata contraria a buona fede e idonea a nuocere gravemente all'affidamento della promissaria venditrice nella capacità del promittente venditore di adempiere alle obbligazioni contrattuali.
Confermato, dunque, il recesso del contratto e, per l'effetto, la condanna del promittente venditore al versamento a favore dell'attrice del doppio della caparra ricevuta, pari a 20.000 euro, oltre agli interessi ed alle spese del giudizio.
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