Accertato il superamento della soglia della normale tollerabilita' delle immissioni, l'esistenza del danno e' in re ipsa e, pertanto, si ha diritto ad ottenere il risarcimento del danno a norma dell'art. 2043 c.c., fino a quando il pregiudizio derivante dalle immissioni intollerabili non venga eliminato.
Detto costante orientamento e' stato altresa'¬ confermato dalla Corte di Cassazione, nella sentenza del 12.02.2016, n. 2864 che, tuttavia, contiene ulteriori elementi di interesse.
Ed invero, ai sensi dell'art. 844 c.c.: 'Il proprietario di un fondo non puo' impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilita' , avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi. Nell'applicare questa norma l'autorita' giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprieta' . Puo' tener conto della priorita' di un determinato uso'.
Sulla scorta di tale presupposto, una condomina convenne in giudizio un'altra partecipante alla comunione, chiedendo che la stessa venisse condannata al risarcimento del danno cagionatole da immissioni rumorose provenienti dal suo appartamento.
Sull'opposizione della convenuta, il Giudice di pace adito, espletata
Sull'opposizione della convenuta, il Giudice di pace adito, espletata l'istruttoria, con l'audizione di alcuni testimoni - condo'mini del medesimo stabile - in accoglimento della domanda, condannava la convenuta al risarcimento del danno.
Proposto appello, il Tribunale di Pescara confermava integralmente la pronuncia del giudice di prime cure.
La condomina soccombente, pertanto, proponeva ricorso per la cassazione della sentenza di appello, affidandolo a otto motivi.
Sostanzialmente i primi sette motivi di ricorso attenevano alla violazione di legge e al vizio di motivazione, in merito alla modalita' di accertamento del superamento dei normali limiti di tollerabilita' , basate su mere testimonianze e, quindi, su valutazioni personali, piuttosto che su una necessaria consulenza tecnica, testimonianze, peraltro rese da due condomine del medesimo stabile, soggetti incapaci a deporre, siccome portatrici di un personale interesse nel giudizio, che avrebbe anche potuto legittimare un loro intervento in causa, non fosse altro perchè una delle testimoni aveva anche presentato un esposto denunciando i pretesi rumori molesti.
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Con il restante motivo la ricorrente deduceva la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c., degli artt. 1226, 2043, 2056, 2059 e 2697 c.c., nonchè degli artt. 185 e 659 c.p., per 'avere i giudici di merito riconosciuto all'attrice il risarcimento del danno nonostante che non potesse essere ravvisabile alcun danno non patrimoniale in quanto il fatto non configurava alcun reato e l'attrice non avesse fornito alcuna prova del danno'.
La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2864, del 12.02.2016, rigetta integralmente il ricorso.
In particolare, per quanto concerne la dedotta mancanza del danno ovvero la sua carenza di prova, il Collegio, richiamando la propria consolidata giurisprudenza, ribadisce che: 'quando venga accertata la non tollerabilita' delle immissioni, l'esistenza del danno e' in re ipsa e, pertanto, il vicino, fino a quando il pregiudizio derivante dalle immissioni intollerabili non venga eliminato, ha diritto ad ottenere il risarcimento del danno a norma dell'art. 2043 cod. civ. (Sez. 2, Sentenza n. 4693 del 18/10/1978, Rv. 394378; Sez. 2, Sentenza n. 2580 del 12/03/1987, Rv. 451713; Sez. 3, Sentenza n. 5844 del 13/03/2007, Rv. 597527)'.
Come affermato dalla Corte, detto principio risulta assolutamente pacifico. Tanto e' vero che, l'univoca giurisprudenza ritiene sussista un automatismo tra il superamento della tollerabilita' e il danno: 'l'accertamento del superamento della soglia della normale tollerabilita' di cui all'art. 844 c.c., comporta nella liquidazione del danno da immissioni, sussistente in re ipsa'.
Peraltro, viene escluso anche 'qualsiasi criterio di contemperamento di interessi contrastanti e di priorita' dell'uso, in quanto venendo in considerazione, in tale ipotesi, unicamente l'illiceita' del fatto generatore del danno arrecato a terzi, si rientra nello schema dell'azione generale di risarcimento danni di cui all'art. 2043 c.c. e, specificamente, per quanto concerne il danno alla salute, nello schema del danno non patrimoniale risarcibile ai sensi dell'art. 2059 c.c.' (Da ultimo: Cass. civ. Sez. II, 31/10/2014, n. 23283. Nello stesso senso: Cass. civ. Sez. III, 09/05/2012, n. 7048; Cass. civ. Sez. III Sent., 13/03/2007, n. 5844).
Per quanto riguarda le ulteriori doglianze della ricorrente, in particolare, per quanto concerne l'eccepita incapacita' a testimoniare dei condo'mini, la Suprema Corte, ritiene che: 'L'art. 246 cod. proc. civ. prevede la incapacita' a testimoniare delle persone aventi nella causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio. Nel caso di specie, non risulta che le testimoni assunte, condomine del medesimo edificio, abbiano un tale interesse; interesse che potrebbe sussistere solo ove gli appartamenti da esse abitati si trovassero nella medesima posizione - rispetto all'appartamento dal quale provengono le immissioni rumorose - dell'appartamento dell'attrice ovvero in una posizione assimilabile, tale da consentire di percepire le immissioni rumorose con la medesima intensita' . Cio' nel caso di specie non risulta essere stato dedotto. Irrilevante e' l'esposto presentato da una delle testimoni alla Questura, diversi essendo i presupposti dell'illecito denunciato con l'esposto rispetto a quello per cui e' causa (riferibile alla fattispecie di cui all'art. 844 cod. civ.)'.
Per quanto concerne la prova sul superamento della normale tollerabilita' delle immissioni rumorose, la Corte considera che nulla vieta - in astratto - che: 'l'entita' delle immissioni rumorose e il superamento del limite della normale tollerabilita' possa essere oggetto di deposizione testimoniale (anche in relazione agli orari e alle caratteristiche delle immissioni stesse), spettando poi al giudice valutare, oltre l'attendibilita' , anche la congruita' delle dichiarazioni rese rispetto al thema probandum' (Cass. civ. Sez. II, 12/02/2016, n. 2864).
Orbene, se appare incontrovertibile che i testimoni possano utilmente deporre su circostanze quali 'gli orari e le caratteristiche delle immissioni', non altrettanto puo' dirsi in merito alla decisiva condizione del superamento dei limiti di tollerabilita' .
Affidare un tale accertamento alla dichiarazione di un testimone, implicherebbe la possibilita' per lo stesso di esprimere una mera valutazione personale che, in quanto tale, dovrebbe risultare inammissibile.
Appare evidente che ogni individuo ha una sensibilita' ed una percezione del rumore differente e, come tale, anche la tollerabilita' risulterebbe variabile da soggetto a soggetto, pertanto, sarebbe pia'¹ opportuno delegare una tale considerazione ad un accertamento tecnico, in grado di dimostrare indubitabilmente l'eccessiva rumorosita' delle immissioni, secondo una valutazione fatta sul modello astratto del cd. uomo medio, escludendo situazioni di eccessiva tolleranza ovvero di ipersensibilita' .
E' tuttavia da segnalare come la medesima Suprema Corte ha, a pia'¹ riprese, ammesso una tale prova, fondata appunto sulle deposizioni testimoniali, sia pure con dei distinguo.
Tanto e' vero che: 'In tema di immissioni (nella specie di rumori provocati dallo svolgimento di attivita' sportive), i mezzi di prova esperibili per accertare il livello di normale tollerabilita' previsto dall'art. 844 cod. civ. non debbono essere necessariamente di natura tecnica, non venendo in rilievo l'osservanza dei limiti prescritti dalle leggi speciali (in particolare la legge n. 477 del 1995 sul cosiddetto inquinamento acustico) la cui finalita' e' quella di garantire la tutela di interessi collettivi e non di disciplinare i rapporti di vicinato. Pertanto, e' ammissibile la prova testimoniale quando la stessa, avendo ad oggetto fatti caduti sotto la diretta percezione sensoriale dei deponenti, non puo' ritenersi espressione di giudizi valutativi (come tali vietati ai testi), e cio' tanto pia'¹ nell'ipotesi in cui - trattandosi di emissioni rumorose discontinue e spontanee - le stesse difficilmente sarebbero riproducibili e verificabili su un piano sperimentale' (Cass. civ. Sez. II, 31/01/2006, n. 2166).
Peraltro, richiamando una sentenza abbastanza risalente nel tempo (di recente confermata dalla Sezioni Unite), la valutazione della tollerabilita' , o meno, delle immissioni, deve tener giustamente conto dell'effettivo stato dei luoghi e dell'eventuale rumore di fondo: 'Il limite della normale tollerabilita' delle immissioni ha carattere non assoluto, ma relativo, nel senso che deve essere fissato con riguardo al caso concreto, tenendo conto delle condizioni naturali e sociali dei luoghi, delle attivita' normalmente svolte, del sistema di vita e delle abitudini delle popolazioni e, con particolare riguardo alle immissioni sonore, occorre fare riferimento alla cosiddetta rumorosita' di fondo della zona, e cioe' a quel complesso di suoni di origine varia e spesso non identificabili, continui e caratteristici del luogo, sui quali s'innestano di volta in volta rumori pia'¹ intensi prodotti da voci, veicoli ecc.. Il relativo apprezzamento, risolvendosi in un'indagine di fatto, e' demandato al giudice del merito e si sottrae al sindacato di legittimita' se correttamente motivato e immune da vizi logici e giuridici' (Cass. civ. Sez. II, 4/12/1978, n. 5695. Nello stesso senso: Cass. civ. Sez. Unite, 27/02/2013, n. 4848).
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Da segnalare, infine, la diversita' ontologica tra il concetto di normale tollerabilita' dettato dall'art. 844 c.c. e i valori limite delle sorgenti sonore di cui al Decreto Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 novembre 1997, per cui: 'I parametri fissati dalle norme speciali a tutela dell'ambiente (dirette alla protezione di esigenze della collettivita' , di rilevanza pubblicistica), pur potendo essere considerati come criteri minimali di partenza, al fine di stabilire l'intollerabilita' delle emissioni che li eccedano, non sono necessariamente vincolanti per il giudice civile che, nello stabilire la tollerabilita' o meno dei relativi effetti nell'ambito privatistico, puo' anche discostarsene, pervenendo al giudizio di intollerabilita' , ex art. 844 cod. civ., delle emissioni, ancorchè contenute in quei limiti, sulla scorta di un prudente apprezzamento che consideri la particolarita' della situazione concreta e dei criteri fissati dalla norma civilistica (invero posta preminentemente a tutela di situazioni soggettive privatistiche, segnatamente della proprieta' ). La relativa valutazione, ove adeguatamente motivata, nell'ambito dei criteri direttivi indicati dal citato art. 844 cod. civ., con particolare riguardo a quello del contemperamento delle esigenze della proprieta' privata con quelle della produzione, costituisce accertamento di merito insindacabile in sede di legittimita' ' (Cass. civ. Sez. II, 25/08/2005, n. 17281).
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