La risoluzione del contratto per inadempimento e' un rimedio previsto dal codice civile in relazione a quegli accordi rispetto ai quali una parte risulti inadempiente.
Essa opera di diritto, ossia per il semplice fatto che la parte in regola abbia dichiarato di volersene avvalere, o comunque se il contratto contenga una specifica clausola in tal senso, in alcuni casi senza che vi sia bisogno di alcuna comunicazione.
Partiamo dalla regola generale dettata dall'art. 1453 del codice civile, che recita:
Nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l'altro puo' a sua scelta chiedere l'adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno.
La risoluzione puo' essere domandata anche quando il giudizio e' stato promosso per ottenere l'adempimento; ma non puo' pia'¹ chiedersi l'adempimento quando e' stata domandata la risoluzione.
Dalla data della domanda di risoluzione l'inadempiente non puo' pia'¹ adempiere la propria obbligazione.
Si supponga che tra il condominio Alfa e l'impresa Beta vi sia in essere un contratto per la pulizia delle parti comuni. Si tratta certamente di un contratto a prestazioni corrispettive, in quanto all'esecuzione delle pulizie segue il pagamento del corrispettivo per il servizio.
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Di pia'¹: se il condominio non paga o se, viceversa l'impresa non esegue le pulizie, la parte convenuta per l'esecuzione del contratto puo' sollevare eccezione d'inadempimento (all'inadempiente non e' dovuto adempimento).
Si badi, come specificato dall'art. 1460 c.c. tale eccezione puo' essere sollevata, “salvo che termini diversi per l'adempimento siano stati stabiliti dalle parti o risultino dalla natura del contratto”.
Se il pagamento e' previsto alla fine dell'anno, il pulitore non potra' sospendere il proprio servizio.
Come opera la risoluzione del contratto?
Varie le alternative.
La prima e pia'¹ conosciuta e' sicuramente la diffida ad adempiere, una lettera nella quale la parte in regola puo' intimare all'altra di eseguire la propria prestazione specificando che se cio' non dovesse avvenire entro un preciso termine – almeno quindici giorni – il contratto deve intendersi risolto (art. 1454 c.c.): in tal caso l'adempimento tardivo (cioe' oltre il termine indicato nella diffida) non ha alcun valore.
Puo' poi accadere che le parti abbiano inserito nel contratto una clausola detta “risolutiva espressa” (art. 1456 c.c.) con la quale e' convenuto che il mancato adempimento secondo le modalita' stabilite comporta la risoluzione del contratto. In tal caso “la risoluzione si verifica diritto quando la parte interessata dichiara all'altra che intende valersi della clausola risolutiva”.
In buona sostanza per avvalersi di quella clausola e' sempre necessaria una comunicazione espressa.
In ultimo la legge prevede la possibilita' di inserire nel contratto il riferimento ad un termine essenziale di adempimento. Ove tale termine sia chiaramente previsto e entro esso non si verifichi l'adempimento, la parte che intende pretenderlo deve comunicarlo all'altra entro tre giorni.
In mancanza di tale comunicazione “il contratto s'intende risoluto di diritto anche se non e' stata espressamente pattuita la risoluzione” (art. 1457 c.c.).
Una comunicazione, anche in questo caso, dev'esserci: a differenza delle altre due ipotesi, tuttavia, qui serve per dire che si ha ancora interesse e non per comunicare l'intento di avvalersi della risoluzione che si verifica automaticamente in caso di silenzio.
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