Da condomini, vi siete mai posti il problema di fare effettuare un lavoro sulle parti comuni per poi chiederne il rimborso all'amministratore?
Se lo avete fatto e prima di spendere vi siete documentati, avrete notato che ottenere il rimborso non è mai particolarmente semplice. Solitamente si dice che solo le spese urgenti possono essere rimborsate; in effetti è così perché è la legge, nello specifico l'art. 1134 c.c., a dirlo. E pure dimostrare l'urgenza è particolarmente difficile. Come mai?
La Cassazione lo dice da anni e lo ha ripetuto anche nel 2013. Il segreto, se così si può dire, sta tutto nella necessità di garantire una uniformità di gestione delle parti comuni. Insomma gli interventi dei singoli condomini rischiano di creare confusione e rendere ingestibile la compagine.
Prima di vedere da vicino le motivazioni con le quali la Cassazione “blinda” la gestione condominiale rispetto alle iniziative dei singoli, vale la pena osservare che cosa dica esattamente l'art. 1134.
Recita la norma:
Il condomino che ha assunto la gestione delle parti comuni senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente.
L'articolo ha subito delle leggere modifiche stilistiche ad opera della legge di riforma del condominio, ma nella sostanza il suo significato è rimasto inalterato.
In questo contesto, con una propria decisione del settembre 2013, la Cassazione ha specificato che “la disposizione dell'art. 1134 cod. civ., invero, è diretta ad impedire indebite e non strettamente indispensabili interferenze dei singoli partecipanti alla gestione del fabbricato riservata agli organi del condominio, essendo previsti dalle norme processuali strumenti alternativi (art. 1105 c.c., comma 4) al fine di ovviare alla inerzia nella adozione o nella esecuzione di provvedimenti non urgenti, ma tuttavia necessari per la conservazione ed il godimento dell'edificio (Cass., Sez. 2, 26 maggio 1993, n. 5914). Il diritto al rimborso in seguito all'attività gestoria, svolta dal singolo condomino in deroga alla competenza dell'assemblea e dell'amministratore, si giustifica, quindi, soltanto in ragione dell'urgenza delle spese (Cass., Sez. 2, 27 ottobre 1995, n. 11197; Cass., Sez. 6-2, 19 marzo 2012, n. 4330, cit.) (Cass. 3 settembre 2013 n. 20151).
C'è da prendere una decisione e l'assemblea e/o l'amministratore “non si assumono le proprie responsabilità”? Il condomino può chiedere all'Autorità Giudiziaria, ai sensi dell'art. 1105 c.c., di prendere una decisione al loro posto.
Solo se la spesa è urgente, allora, il condomino può agire direttamente e poi “chiedere il conto” al condominio. Quando la spesa è urgente? Secondo il consolidato orientamento espresso dalla Suprema Corte di Cassazione, sono urgenti quelle spese “secondo il criterio del buon padre di famiglia, appaiano indifferibili allo scopo di evitare un possibile, anche se non certo, nocumento alla cosa comune (Cass., Sez. 2, 6 dicembre 1984, n. 6400; Cass., Sez. 2, 26 marzo 2001, n. 4364), l'urgenza dovendo essere commisurata alla necessità di evitare che la cosa comune arrechi a sè o a terzi o alla stabilità dell'edificio un danno ragionevolmente imminente, ovvero alla necessità di restituire alla cosa comune la sua piena ed effettiva funzionalità (Cass., Sez. 2, 19 dicembre 2011, n. 27519; Cass., Sez. 6-2, 19 marzo 2012, n. 4330) (Cass. 3 settembre 2013 n. 20151).
Le norme sull'urgenza si applicano anche al così detto “condominio minimo” (Cass. SS.UU. n. 2046/06).
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