La Corte di Cassazione che ribadisce un principio già noto in giurisprudenza e cioè quello della competenza del giudice ordinario quando la controversia abbia ad oggetto la violazione di norme che prescrivono le distanze fra costruzioni ed il rispetto dei confini, ribadendo che nessuna rilevanza può avere nell'ambito del giudizio ordinario la presunta illegittimità della concessione edilizia rispetto alla quale il giudice ordinario può solo provvedere alla disapplicazione del provvedimento amministrativo che, è bene ricordare, può essere dichiarato illegittimo ed annullato esclusivamente dal giudice amministrativo.
In un complesso di villette a schiera i proprietari di alcune villette chiamano in giudizio un loro confinante che, ampliando una veranda e trasformandola in cucina, viola le distanze previste dal regolamento edilizio comunale deturpando l'aspetto architettonico anche delle villette confinanti. Gli attori, nel giudizio di primo grado, chiedono la demolizione di tale veranda ed il risarcimento dei danni patiti. In primo grado il Tribunale respinge le loro richieste, ma impugnata la sentenza, la Corte d'appello condanna gli originari convenuti alla demolizione del vano realizzato ( cucina) in sostituzione delle piccola veranda esistente.
Questi ultimi, però, non condividendo le motivazioni della sentenza di secondo grado ricorrono in Cassazione sostenendo: di aver provveduto alla realizzazione di tale ampliamento in virtù di concessione edilizia regolarmente ottenuta, ribadendo che i confinanti avrebbero solo potuto impugnare tale provvedimento dinanzi al giudice amministrativo.
I ricorrenti deducono, in primo luogo, che il Comune aveva autorizzato la realizzazione del complesso edilizio secondo un piano di lottizzazione con disposizione plano volumetrica derogatoria delle norme del regolamento edilizio, ribadendo che in tale contesto non trova applicazione il regolamento edilizio e che l'ampliamento realizzato non mutava la natura accessoria dell'originario manufatto ( veranda). => Opere modificative del decoro architettonico dell'edificio: la trasformazione di un balcone in veranda.
Secondo i giudici tale impostazione non può essere condivisa ed il motivo di impugnazione non può trovare accoglimento per le seguenti ragioni. A parere degli Ermellini “le previsioni contenute in un piano di lottizzazione e nei progetti esecutivi ad esso allegati con le quali si deroga alle distanze legali fra le costruzioni danno vita alla costituzione di diritti rispettivamente a favore e contro a ciascuno dei lotti del comprensorio e ne vincolano gli acquirenti”. In altre parole, quindi, una volta realizzato il complesso nel rispetto del piano di lottizzazione che prevede una deroga alle distanze legali, non è possibile successivamente ampliare i singoli fabbricati avvalendosi quelle regole derogatorie del piano di lottizzazione sottoposte alla condizione del rispetto delle volumetrie preesistenti.
Per tali ragioni, la variazione delle originarie dimensioni dell'edificio (nel caso di specie la veranda è stata trasformata in un vano cucina di ben 21 mq) comporta che la nuova costruzione rispetti le norme sulle distanze vigenti al momento della sua realizzazione, ed i ricorrenti non possono più invocare le disposizioni derogatorie previste dal piano di lottizzazione.
Per quanto riguarda il secondo motivo di impugnazione attraverso il quale i ricorrenti deducono che l'ampliamento era stato realizzato in base ad una concessione edilizia che i confinanti avrebbero potuto impugnare dinanzi al giudice amministrativo, senza chiedere al giudice ordinario di disapplicare tale atto la risposta della Cassazione è chiara.
Infatti la sentenza in commento a tal riguardo puntualizza che “le controversie tra proprietari di fabbricati relative all'osservanza di norme che prescrivono distanze fra le costruzioni appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario, senza che alcuna rilevanza assuma il rilascio del titolo abilitativo all'attività costruttiva, la cui legittimità può essere valutata “incidenter tantum” dal giudice ordinario attraverso l'esercizio del potere di disapplicazione del provvedimento amministrativo.” ( Cass. Sez. Un., 13673/2014).
A tal proposito, puntualizza rigorosamente la sentenza in commento, se è vero che il giudice amministrativo deve essere investito della domanda di annullamento della licenza di costruire, tale scelta tuttavia non può impedire l'esercizio dell'azione civilistica intrapresa dal vicino per far rispettare la normativa in tema di distanze previste tanto dal codice civile quanto dagli strumenti urbanistici.
In pratica, quindi, l'azione intrapresa dinanzi al giudice ordinario non può essere subordinata in alcun modo all'annullamento dell'atto concessorio.
La Cassazione conferma della sentenza della Corte d'appello che aveva condannato gli originari convenuti alla demolizione dell'ampliamento realizzato ed al risarcimento dei confinanti oltre al pagamento delle spese di giudizio.
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