Il padrone di un grosso pastore tedesco costringe il suo cane a vivere in una piccola terrazza in condizioni incompatibili con la sua natura
Per abbandonare non occorre…abbandonare. Per configurare il reato di abbandono di un animale non occorre necessariamente che ci si disfi materialmente del proprio cane, in quanto il reato previsto dall'art. 727 del codice penale si concretizza anche solo mal curando il nostro amico fido. La giurisprudenza aveva già ritenuto integrati gli estremi della contravvenzione anche nell'ipotesi di cani lasciati sempre all'aperto, costretti da catene molto corte e privi di un qualsiasi riparo o di mezzi di sostentamento (Pret. Verona 22.9.1987). Il reato era stato, inoltre, ravvisato nel fatto di chi lascia il proprio cane in auto in periodo estivo, così da cagionarne la morte a causa dell'eccessivo calore (Cass, 13.11.2007; Cass 24.6.1999). La detenzione diventa penalmente rilevante ogni qualvolta si realizzano delle condizioni incompatibili con la natura degli animali e produttiva di gravi sofferenze. L'evento è rappresentato dalla sofferenza dell'animale collegata alle condizioni di detenzione.
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Recentemente La Corte di Cassazione ha anche precisato che basta l'incessante abbaio del cane a documentarne il malessere, per concretizzare il reato (Cass. sentenza n. 14250/15). Diverso il caso in cui il padrone lascia il proprio cane presso un canile privato continuando a pagare le rate (Cass. 12852/2013), o nel caso in cui detiene a casa numerosi animali domestici ben curati perché la mera detenzione in uno spazio esiguo non legittima la punibilità se lo stato e le condizioni di salute delle bestie risultano nella norma. (Cass. n.8676/2014).
Il caso. La vicenda prende le mosse da una querela presentata da alcuni vicini nei confronti del padrone di un cane di grossa taglia. Il cane abbaiava continuamente creando disturbo al quiete del vicinato. In realtà il cane versava in un vero stato di abbandono e di incuria visto che era costretto a vivere in una piccola terrazza lasciato spesso senza acqua e cibo. Il Tribunale di Trento, ha precisato che il reato di abbandono di animali si configura anche in caso di comportamenti colposi di incuria, inerzia o indifferenza da parte del proprietario dell'animale. Quindi la carenza di cibo, la costrizione in ambienti sporchi e non adeguati per un cane di grossa stazza sono elementi che possono portare alla condanna del proprietario per abbandono e, altresì, costituire, nel loro insieme, comportamenti di vero maltrattamento. Rientra nella condotta di abbandono anche qualsiasi trascuratezza, disinteresse o mancanza di attenzione verso quest'ultimo. (Cass 2.2.2011).
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Secondo il Tribunale, nella previsione del comma 2 dell'articolo 727 del Codice penale, rientra anche la condotta di chi «detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze», con la conseguenza che carenza di cibo, costrizione in ambienti ristretti e sporchi ed impossibilità di deambulare, possono costituire, nel loro insieme, comportamenti di vero maltrattamento. Per cui il comportamento del proprietario dell'animale consistente nel non prendersi adeguatamente cura del suo cane, tanto da lasciarlo senza cibo per giorni e non accorgersi del suo stato di salute, sono condotte che integrano tale fattispecie.
Nello caso di specie, il Giudice ha ravvisato anche una ipotesi doloso nel comportamento del proprietario del cane visto che vi sono stati reiterati richiami effettuati da parte dei vicini che manifestavano un comportamento del cane anomalo ed incompatibile con la sua natura.
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