“Al fine di escludere il diritto di un condomino, a parcheggiare il proprio mezzo (motocarro Ape) nel cortile comune, occorre fornire la prova sia che il condomino non ne abbia il diritto di utilizzazione, sia che a causa della sosta vi fossero difficolta' di manovra per gli altri mezzi”. Questo e' il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione Civile con l'ordinanza n. 24050 del 12 ottobre 2017 in materia di utilizzo della cosa comune.
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La questione. Il giudice di Pace di Pescara aveva rigettato la domanda di Tizio, in ordine al preteso illegittimo uso da parte di Caio dell'area cortilizia comune con la sosta prolungata del proprio furgone Ape rosso. La pronuncia in esame veniva confermato dal Tribunale (in grado di appello). Avverso tale pronuncia, Tizio ha proposto ricorso in cassazione.
L'uso della cosa comune. Il primo comma dell'art. 1102 c.c. prevede che “ciascun partecipante puo' servirsi della cosa comune, purchè non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.
A tal fine puo' apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa”. La disposizione disciplina i diritti del condomino rispetto alla cosa comune.
Si tratta di una norma che trova larga applicazione anche in materia di condominio negli edifici (artt. 1117 ss. c.c.).
Dalla lettura della norma si evidenzia dunque che i due limiti fondamentali all'uso della cosa comune sono, quindi, il divieto di alterare la destinazione della cosa e il divieto di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti d'uso.
In argomento, la giurisprudenza di legittimita' ha evidenziato che “l'androne o cortile condominiale, comunemente utilizzato per l'accesso veicolare alle singole proprieta' private, e' funzionalmente destinato anche alla sosta temporanea con veicoli, trattandosi di uso accessorio al passaggio” (Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 7 maggio 2008, n. 11204).
Il ragionamento della Corte di Cassazione. Secondo la Suprema Corte, il Tribunale aveva correttamente rigettato la domanda di Tizio in quanto questo non aveva dimostrato i fatti posti a fondamento della propria domanda. Difatti il ricorrente non aveva fornito alcuna prova nè di una utilizzazione dell'area comune che escludesse l'altro comunista nè della circostanza allegata della difficolta' di manovra da parte dell'appellante nell'accesso alla rimessa a causa della presenza, in sosta, dell'Ape.
Pertanto, appare di tutta evidenza che il Tribunale (in grado di appello) aveva correttamente rigettato la domanda di Tizio perchè questi non ha dimostrato i fatti posti a fondamento della propria domanda e considerato che neppure in questa sede Tizio ha indicato prove non valutate dal Tribunale che avrebbero potuto determinare una decisione diversa.
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In conclusione, in virta'¹ di tutto quanto innanzi esposto, secondo la Suprema Corte la mancanza di prova tanto basta per escludere le violazioni di legge (in particolare la violazione della norma di cui all'art. 1102 cod. civ.) denunciate dal ricorrente. Per tali ragioni, la Corte ha rigettato il ricorso.
CortediCassazione_ordinanza_24050_2017.pdf