La mancata accettazione del pagamento degli oneri condominiali in contanti, effettuato entro il limite della vigente normativa, ben può configurare una grave irregolarità idonea a giustificare la revoca dell'amministratore di condominio.Tuttavia, a quest'ultimo non può essere contestata alcuna irregolarità in presenza di una precedente prassi (o di un accordo) che preveda sempre il versamento degli oneri mediante utilizzo di strumenti tracciabili di pagamento.
È quanto emerge dal decreto emesso dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere il 28 maggio 2015, nell'ambito di un procedimento di revoca giudiziale dell'amministratore di condominio.
La domanda di revoca era stata promossa da un condomino che contestava all'amministratore, tra l'altro, di aver rifiutato il pagamento delle proprie quote in contanti, come era avvenuto fino ai primi mesi del 2014.
Secondo il Tribunale campano, l'obbligo di accettazione della moneta legale va coordinato con l'evoluzione normativa che, al fine di prevenire e reprimere riciclaggio di valori fiscali, ha imposto l'uso (al posto del denaro contante) di strumenti di pagamento documentabili.
Nel caso delle amministrazioni condominiali, costituisce indubbiamente una irregolarità il fatto di non aver accettato il pagamento in contanti nel limite della normativa vigente. Infatti, il rifiuto del pagamento mediante denaro contante o altri titoli al portatore è da considerarsi legittimo solo quando il valore dell'operazione risulta complessivamente pari o superiore all'importo fissato dalla legge (attualmente euro 1.000,00 ex art. 49 d.lgs. n. 231/2007, come modificato dal d.lgs. n. 169/2012).
Si tratta di un'applicazione del generale principio sancito dall'art. 1227, comma 2, c.c. secondo cui il debitore deve adempiere con moneta avente corso legale. Tale principio, tuttavia, può essere derogato in presenza di un accordo, anche tacito, tra le parti, come ha recentemente stabilito la stessa Cassazione con sentenza n. 20643/2014.
Nel caso di specie, il rifiuto opposto dall'amministratore non appare effettuato in violazione del principio di correttezza e buona fede, considerato che, tra l'altro, l'assemblea condominiale del 24.4.2015 - successiva all'instaurazione del procedimento di revoca - aveva rinnovato, all'unanimità, l'incarico di amministratore al resistente ed aveva espressamente confermato la modalità di pagamento richiesta dallo stesso amministrare, cioè “che il versamento delle quote di spese condominiali, ordinarie e straordinarie, non avvenga con il pagamento in contanti”.
Da tali circostanze – si legge nel decreto – emerge come i condomini abbiano convenuto circa l'opportunità che i versamenti delle quote condominiale avvenissero in forme diverse dalla dazione di denaro in contanti. Tale intendimento dimostra l'esistenza di una precedente prassi tra i condomini e l'amministratore circa l'utilizzo di strumenti tracciabili di pagamento.
Il tribunale ha quindi respinto la domanda di revoca, non ravvisando nella fattispecie “gravi irregolarità” idonee, ai sensi dell'art. 1129 c.c., a far venir meno il necessario rapporto di fiducia tra amministratore e condominio. Tale circostanza, infatti, è da escludere nel caso (come quello in esame) di lamentele attinenti alle modalità di gestione accettate dalla maggioranza assembleare con delibere non impugnate nei termini di legge (cfr. Trib. Modena, 17.5.2007).