In tema di risoluzione automatica del contratto di locazione, deve ritenersi operante senza necessità di apposite dichiarazioni di volontà quella clausola, così detta risolutiva espressa, che preveda l'automatica risoluzione del contratto al ricorrere di determinati eventi, quale ad esempio l'omesso pagamento dei canoni di locazione.
Questa, in somma sintesi, la decisione resa dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 19230 del 30 settembre 2015.
Clausola risolutiva espressa
L'art. 1456 c.c. specificamente dedicato a questo genere di accordo tra le parti di un contratto, recita:
I contraenti possono convenire espressamente che il contratto si risolva nel caso che una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite.
In questo caso, la risoluzione si verifica di diritto quando la parte interessata dichiara all'altra che intende valersi della clausola risolutiva. => Piove in casa? Devi comunque pagare l'affitto
Classico l'esempio della risoluzione espressa per il mancato pagamento dei canoni di locazioni. Sovente le parti che prevedono che l'inadempimento (ivi compreso il ritardato pagamento) di una o più mensilità del canone possa portare alla risoluzione automatica del contratto di locazione.
In questo caso al proprietario, nell'ipotesi di immobile ad uso abitativo, spetta il diritto di agire in sede giudiziale con la così detta azione di sfratto per morosità. L'azione, com'è noto, serve ad ottenere dal giudice adito l'ordine rivolto al conduttore di rilasciare l'appartamento, salvo sanatorie in corso di causa.
In che modo opera la suddetta clausola risolutiva espressa?
È qui arriviamo al cuore della decisione assunta dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 19230.
Secondo gli ermellini, la lettura dell'art. 1456 c.c. porta ad affermare che – anche in assenza di specifica pattuizione tra le parti – “l'interessato che intende avvalersi della clausola risolutiva espressa ha l'onere di manifestare alla controparte inadempiente (cfr. Cass., 11/5/1973, n. 1275), con stragiudiziale atto negoziale recettizio avente la stessa forma del contratto risolto, la propria volontà di avvalersi della risoluzione del contratto operante di diritto, in tal caso la sentenza del giudice essendo di mero accertamento, dichiarativa dell'avvenuto scioglimento del rapporto” (Cass. 19 settembre 2015 n. 19230).
Come dire: non hai pagato il canone d'affitto? Devo scriverti una raccomandata a.r. per comunicarti che il contratto s'è risolto.
Sempre? No, dipende dal contenuto del contratto. Si legge nella sentenza in esame che “le parti possono invero anche convenire che il contratto si risolva senza l'onere della preventiva comunicazione della dichiarazione richiesta dall'art. 1456 c.c., comma 2 (c.d. clausola risolutiva automatica), ma in tal caso l'esclusione di siffatto onere deve risultare espressamente. Il riferimento alla scadenza di un termine non è allora di per sè sufficiente a deporre per la relativa essenzialità, e la conseguentemente ineluttabile risoluzione del contratto”.
Come spesso accade in materia contrattuale, quindi, prevale la volontà delle parti e in assenza di indicazioni da essa provenienti si applica quanto prescritto dalle norme codicistiche.
Si badi: nell'ambito dei procedimenti di sfratto per morosità inerenti locazioni abitative resta sempre valida la possibilità, per il conduttore, d'involare l'applicazione del così detto termine di grazia.
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