La casa non è vivibile a causa delle infiltrazioni d'acqua che creano muffe su soffitti e pareti. A risarcire il pregiudizio non patrimoniale è indirettamente il costruttore perché il condominio ottiene la manleva dell'impresa edile.
Il caso I proprietari di un'unità abitativa condominiale convenivano in giudizio il Condominio, per sentirlo condannare, ex art. 2051, al risarcimento dei danni che erano derivati dalle infiltrazioni prodottesi nel loro appartamento a causa dell'erronea coibentazione dei muri perimetrali di proprietà comune. Il Condominio, nel costituirsi in giudizio, eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva, adducendo che i danni non fossero ascrivibili alla mancata manutenzione, bensì, al più, a vizi dell'immobile; ne sarebbe dunque derivata la responsabilità della società costruttrice-venditrice, di cui il Condominio chiedeva la chiamata in causa. Autorizzata la chiamata, la società interveniva in giudizio, eccependo sia la decadenza dell'azione esercitata nei suoi confronti, sia la carenza di legittimazione passiva rispetto alla domanda risarcitoria attorea e all'azione di manleva esercitata dal Condominio. => Rimedi per la muffa in casa
Il Tribunale accoglieva, da un lato, la richiesta di risarcimento danni presentata dagli attori, condannando il Condominio, e, dall'altro, la domanda di manleva proposta dal Condominio nei confronti della società costruttrice. Quest'ultima proponeva allora appello, deducendo, in particolare, l'inapplicabilità nei suoi confronti tanto dell'art. 2051 c.c., norma invocata dal Condominio, quanto dell'art. 1169 c.c., richiamato dal Tribunale.
La decisione: la responsabilità del condominio per vizi costruttivi Il giudice del gravame ha ritenuto infondata la pretesa della società, la quale chiedeva il rigetto dell'istanza di manleva. È ben possibile che, pur sussistendo vizi o difetti costruttivi originariamente imputabili al costruttore ed eventualmente al direttore dei lavori o al progettista, il condominio si configuri quale responsabile dei danni cagionati dalle parti comuni ai singoli condomini: come infatti opportunamente rilevato dal Tribunale, l'umidità conseguente ad inadeguata coibentazione delle strutture perimetrali di un edificio può integrare, ove sia compromessa l'abitabilità e il godimento del bene, grave difetto dell'edificio ai fini della responsabilità del costruttore ex art. 1669 c.c.; tuttavia, qualora il fenomeno sia causa di danni a singoli condomini, nei confronti di costoro è responsabile in via autonoma ex art. 2051 c.c. il condominio, che è tenuto, quale custode, ad eliminare le caratteristiche lesive insite nella cosa propria (Cass. civ., 15 aprile 1999, n. 3753). Si precisa in proposito che il condomino potrà indifferentemente esperire azione giudiziaria nei confronti del condominio o del costruttore, anche chiamandolo in causa assieme al direttore dei lavori e al progettista, oppure potrà agire nei confronti del solo condominio, stando poi a quest'ultimo di chiamare in garanzia il costruttore e gli altri responsabili solidali. Dichiarata dunque la responsabilità del Condominio, si configurano i presupposti per l'azione di manleva.
Prescrizione dell'azione ex art. 1669 c.c. e relazioni peritali Rispetto all'eccepita intervenuta decadenza dell'azione di responsabilità contro la società, ha rammentato il giudice dell'appello che «In materia di responsabilità decennale per rovina e difetti di cose immobili di cui all'art. 1669 c.c., la conoscenza del difetto e delle sue specifiche cause, oltreché della sua gravità, consegue alla semplice constatazione dell'aspetto delle cose solo quando si tratti di manifestazioni indubbie (come cadute, rovine estese, e simili).
Per lo più, invece, quando si tratti di opere di una certa entità, detta conoscenza deriva dall'espletamento di indagini tecniche suggerite dall'ovvia prudenza di non iniziare azioni infondate, con la conseguenza, in questa seconda ipotesi, che il termine di decadenza della prima parte della norma, condizionante il decorso del successivo termine di prescrizione previsto dal comma 2 dello stesso articolo, incomincia a decorrere solo dall'acquisizione della relazione del tecnico» (Cass. civ., 20 marzo 1998, n. 2977). Nel caso di specie, la certezza del danno è stata acquisita solo a seguito dell'esperimento della consulenza tecnica su richiesta degli attori.
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La titolarità passiva dell'azione di responsabilità per vizi di costruzione L'appello della società non ha meritato accoglimento neppure sotto l'ulteriore profilo della carenza di legittimazione passiva: la società aveva dedotto di non essere la costruttrice del bene, ma solo una immobiliare che aveva acquistato dal costruttore; detta circostanza, tuttavia, non risultava adeguatamente provata, neppure in sede di appello. Peraltro, deve in proposito rilevarsi che, in ragione della pacifica natura extracontrattuale riconosciuta alla responsabilità prevista dall'art. 1669 c.c., «ravvisato il soggetto passivo dell'azione diretta a farla valere non solo nell'appaltatore, ma in colui che abbia costruito l'immobile sotto la propria responsabilità, requisito necessario e sufficiente a configurare la legittimazione ad agire nei suoi confronti è unicamente l'acquisto diretto o mediato dell'immobile, senza che rilevi, salvo che per l'eventuale originaria gratuità, lo specifico rapporto in virtù del quale il soggetto danneggiato ne abbia conseguito la disponibilità» (Cass. civ., 23 luglio 2007, n. 16202).
Più specificamente, nel caso in questione, il giudice dell'impugnazione ha rammentato come in Cass. civ., 17 aprile 2013, n. 9370, si sia affermato che «l'azione ex articolo 1669 c.c. può essere esercitata non solo dal committente contro l'appaltatore, ma anche dall'acquirente contro il venditore che abbia costruito l'immobile sotto la propria responsabilità, allorché lo stesso venditore abbia assunto, nei confronti dei terzi e degli stessi acquirenti, una posizione di diretta responsabilità nella costruzione dell'opera (Cass. 29-3-2002 n. 4622; Cass. 16-2-2012 n. 2238)» . Alla luce delle riferite statuizioni, per il superamento della presunzione di «addebitabilità dell'evento dannoso ad un'attività (anche eventualmente omissiva) colposa del venditore committente per fatto proprio o del suo ausiliare direttore dei lavori […], la venditrice era onerata dalla prova contraria di non aver avuto alcun potere di direttiva o controllo sull'appaltatrice» (Cass. civ., n. 9370/2013 cit.). Analogamente, nella fattispecie in questione «a maggior ragione sarebbe stato preciso onere della società [venditrice] documentare analiticamente la situazione qui soltanto prospettata» (App. Milano, n. 268/2015).
La risarcibilità del danno non patrimoniale e la prova per presunzioni Il giudice ha infine confermato la configurabilità, in capo agli attori, del diritto al risarcimento del danno non patrimoniale: una certificazione sanitaria aveva attestato «lo stato di antigienicità dell'appartamento», per la presenza nei locali di umidità e muffe, cui il figlio minore degli attori era peraltro risultato allergico.
A causa di dette infiltrazioni – ha chiarito il giudice dell'appello – «si sono prodotte negli anni situazioni di grave disagio, con pregiudizio alla serenità personale e alla vivibilità della casa, condizioni che […] le infiltrazioni e la presenza di muffe, protrattesi per lungo tempo, mettono seriamente e ingiustamente a repentaglio, e di cui può ritenersi acquisita la prova anche per presunzioni, sulla base delle nozioni di comune esperienza (in tal senso anche Cass. civ., 19 dicembre 2014, n. 26899, citata in motivazione). I fatti contestati, si conclude, hanno determinato «una significativa lesione degli interessi della persona umana costituzionalmente garantiti, e, in particolare del diritto all'abitazione, ma anche alla salute».
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