Gli impianti di trasmissione sono assimilati alle opere di urbanizzazione primaria, pertanto non devono dunque rispettare le norme sulle distanze
Un gestore di telefonia ha presentato al Comune un'istanza per l'installazione di un impianto di trasmissione; tuttavia, l'Amministrazione l'ha respinta poichè riteneva che l'impianto recasse in zona interdetta dal regolamento comunale in materia.
Il gestore, quindi, dopo aver ottenuto l'autorizzazione regionale per la deroga al rispetto della distanza dalla ferrovia, ha presentato al Comune un'istanza di accertamento di conformita' urbanistica ed edilizia, ai sensi dell'art. 36 del D.P.R. n. 380/01. Anche tale istanza, pero', e' stata rigettata. Il gestore ha quindi impugnato gli atti comunali avanti al T.A.R.
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La motivazione a base del provvedimento di diniego. I
La motivazione a base del provvedimento di diniego. Il diniego e' stato motivato, per quanto qui interessa, in base alla non conformita' alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell'opera sia al momento della presentazione della domanda di sanatoria in quanto: a) le opere realizzate sono in contrasto con il regolamento edilizio in materia di distanza delle costruzioni, dal confine e da altri fabbricati b) le opere realizzate sono in contrasto con la normativa in materia di distanza dalla strada provinciale.
Secondo il ricorrente, invece, la normativa in tema di distanze non era applicabile all'opera realizzata in quanto opera di urbanizzazione primaria, ossia rientrante tra quegli impianti, reti tecnologiche e opere civili che assicurano la funzionalita' e la qualita' igienico sanitaria degli insediamenti.
La decisione del T.A.R. Il Giudice amministrativo adito (T.A.R. Campania , Napoli, sez. VII, sent. 03 marzo 2016, n. 1146) ha ritenuto che 'occorre precisare che in base all'art. 86, co. 3, del d. lgs. n. 259 del 2003, gli impianti in questione sono assimilati alle opere di urbanizzazione primaria; nel caso di specie l'impianto fuori terra consisterebbe poi nella sola antenna in quante non risultano ulteriori opere edilizie che abbiano rilevante valore edilizio-urbanistico essendo quelle gia' compiute interrate (la circostanza dedotta nel ricorso e non specificamente contestata dal Comune viene confermata nel provvedimento impugnato ove si da' conto che le armature del basamento sono al di sotto del piano campagna).
Trattandosi dunque di impianto di pubblica utilita' privo di annesse e significative opere edilizie il Collegio ritiene, in accordo con l'indirizzo prevalente nella giurisprudenza, che non sia applicabile la normativa sulle distanze previste per i comuni manufatti edilizi (cfr. Tar Napoli sez. VII, 2461/2013 'la realizzazione delle SRB non deve rispettare i limiti dalle strade previsti per le ordinarie costruzioni edilizie, trattandosi di opere assimilate alle infrastrutture di urbanizzazione primaria').
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Conclusioni. La pronuncia del TAR Napoli appare in linea con l'interpretazione giurisprudenziale maggioritaria secondo la quale 'gli articoli 86 e 90 del d.lg. n. 259 del 2003, nello stabilire che le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria e che gli impianti in questione e le opere accessorie occorrenti per la loro funzionalita' hanno « carattere di pubblica utilita' », postulano la possibilita' che gli stessi siano ubicati in qualsiasi parte del territorio comunale, essendo compatibili con tutte le destinazioni urbanistiche (residenziale, verde, agricola, ecc.), onde le discipline locali di individuazione di specifiche aree ritenute idonee per l'insediamento delle strutture in argomento devono essere coerenti con le finalita' e con gli obiettivi della legge statale, e non devono essere tali da ostacolare l'insediamento e il funzionamento delle infrastrutture stesse.
In particolare, il Comune non puo', mediante il formale utilizzo degli strumenti di natura edilizia-urbanistica, adottare misure, le quali nella sostanza costituiscano una deroga ai limiti di esposizione ai campi elettromagnetici fissati dallo Stato, quali, esemplificativamente, il divieto generalizzato di installare stazioni radio-base per telefonia cellulare in intere zone territoriali omogenee, ovvero la introduzione di distanze fisse da osservare rispetto alle abitazioni e ai luoghi destinati alla permanenza prolungata delle persone o al centro cittadino, poichè tali disposizioni sono funzionali non al governo del territorio, ma alla tutela della salute dai rischi dell'elettromagnetismo e si trasformano in una misura surrettizia di tutela della popolazione da immissioni radioelettriche, che l'art. 4, l. n. 36 del 2000 riserva allo Stato (in termini, T.A.R. Sicilia sez. I di Catania, 27/06/2013 n.1855)'(T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, sent. 12 marzo 2015, n. 764).
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