Il soggetto che ha l'uso di un immobile, per i danni subiti, non e' tenuto a dimostrare la sua qualita' di conduttore. Nè puo' essere eccepito dagli altri condomini che il regolamento vieta una determinata attivita' nell'alloggio, dal momento che questa eccezione puo' essere proposta solo nei confronti del proprietario dell'immobile. Questo e' quanto disposto dalla Corte di Cassazione con Ordinanza del 20 dicembre 2017, n. 30550.
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La vicenda. Tizio (conduttore di un appartamento adibito alla ristorazione) aveva chiesto al giudice adito il risarcimento dei danni a carico del condominio, in quanto si erano verificati alcuni sversamenti di liquami derivanti dalla occlusione della colonna di scarico condominiale, con conseguente danno a lui derivato dalla necessita' di chiudere i locali per cinque giorni.
Nel corso del giudizio intervennero in causa i condomini Caio e Sempronio che, associandosi alla difesa del Condominio, chiedevano il rigetto della domanda.
In primo grado, il giudice adito ha accolto la domanda con contestuale condanna del condominio. In secondo grado, la Corte territoriale ha confermato la decisione del primo giudice.
Avverso quest'ultima pronuncia, i condomini Caio e Sempronio hanno proposto ricorso in cassazione sostenendo che nella domanda risarcitoria, Tizio non aveva dimostrato di essere effettivamente conduttore dell'immobile di causa e la Corte di merito non avrebbe tenuto conto del fatto che, a norma del regolamento condominiale, le unita' immobiliari non potevano essere destinate ad uso diverso da quello dell'abitazione.
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Aspetti sul regolamento di condominio. Il regolamento e' stato definito lo statuto interno del condominio; in esso, ai sensi dell'art. 1138 c.c., sono contenute le norme che disciplinano l'uso delle cose comuni, il decoro dello stabile la sua amministrazione e la ripartizione delle spese.
Con una sentenza del 18 settembre 2009, la n. 20237, la Suprema Corte ha affrontato la questione, ribadendo quello che puo' dirsi il proprio orientamento consolidato: i divieti d'uso delle unita' immobiliari, contenuti nelle clausole del regolamento di condominio, devono essere esplicitati chiaramente. Tale limitazione puo' essere fatta in due modi:
Premesso cio', in tale precede, i giudici hanno osservato che 'l'interpretazione di un regolamento contrattuale di condominio da parte del giudice di merito e' insindacabile in sede di legittimita' , quando non riveli violazione dei canoni di ermeneutica oppure vizi logici per mancanza, insufficienza o contraddittorieta' della motivazione.
Il ricorrente per cassazione che denunci un vizio di motivazione della sentenza sotto il profilo dell'omesso ed errato esame di una disposizione del regolamento di condominio - pertanto - deve precisare specificamente nel ricorso, non solo il contenuto del regolamento, almeno nelle parti salienti, ma anche, sia pure in maniera sintetica, quali regole di ermeneutica sono state violate, al fine di con
Il ricorrente per cassazione che denunci un vizio di motivazione della sentenza sotto il profilo dell'omesso ed errato esame di una disposizione del regolamento di condominio - pertanto - deve precisare specificamente nel ricorso, non solo il contenuto del regolamento, almeno nelle parti salienti, ma anche, sia pure in maniera sintetica, quali regole di ermeneutica sono state violate, al fine di consentire al giudice di legittimita' il controllo della decisivita' del preteso errore'.
Il ragionamento della Corte di Cassazione. Nella vicenda in esame,la Corte di legittimita' ha osservato che i condomini che intervengono nel corso del giudizio non sono terzi rispetto al condominio, ma piuttosto parte del medesimo; pertanto, non avendo il Condominio contestato in capo a Tizio la qualita' di conduttore, tale comportamento e' significativo a prescindere da quanto successivamente eccepito dai due condomini oggi ricorrenti (Caio e Sempronio).
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Difatti, per pacifica giurisprudenza, chiunque abbia la disponibilita' di fatto di una cosa, in base a titolo non contrario a norme di ordine pubblico, e quindi anche il comodatario, il quale ne ha la detenzione qualificata, puo', salvo che non vi ostino specifiche previsioni contrattuali, concedere il bene in locazione o costituirvi altro rapporto obbligatorio, ed e', in conseguenza, legittimato a richiederne la restituzione allorchè il rapporto giunga a compimento (Cass. sentenze 31 maggio 2010, n. 13204, e 5 settembre 2013, n. 20371, ordinanza 28 luglio 2016, n. 15719). Su tale aspetto, quanto all'onere della prova, sono intervenute anche le Sez.
Unite (sentenza 16 febbraio 2016, n. 2951) secondo cui 'la titolarita' della posiziono soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio e' un elemento costitutivo della domandaed attiene al merito della decisione, sicchè spetta all'attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento, o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione, da parte del convenuto'.
Quanto alle censure in merito all'utilizzo dell'immobile all'uso diverso (attivita' di preparazione di generi gastronomici), secondo gli ermellini si trattava di una censura nuova ed in ogni caso 'l'eventuale previsione ostativa del regolamento condominiale - nel senso auspicato dai ricorrenti - avrebbe dovuto essere contestata al proprietario, ma non al conduttore (o detentore ad altro titolo) dell'immobile in questione; sicchè la questione non assume alcun rilievo in questa sede'¦'.
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In conclusione, alla luce di tutto quanto innanzi esposto, la Corte di Cassazione con la pronuncia in commento ha respinto il ricorso e per l'effetto ha confermato la sentenza di condanna della Corte territoriale.
CortediCassazione_sentenza30550-2017.pdf