La Corte di Cassazione ha stabilito che, nell'ambito delle locazioni ad uso non abitativo, deve ritenersi nulla ogni pattuizione, ex art. 79 primo comma della legge n. 392/1978, che imponga il pagamento di un canone superiore rispetto a quello legislativamente previsto.
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Il fatto. Una societa' immobiliare ottiene dal Tribunale un decreto ingiuntivo avente ad oggetto l'ingiunzione di una somma di circa ottomila euro a titolo di canoni di locazione non versati.
I destinatari del provvedimento (conduttori del locale ad uso non abitativo) si oppongono al decreto ingiuntivo ed il Tribunale revoca tale provvedimento condannando le opponenti al pagamento della minor somma di quattrocento euro a titolo di oneri condominiali e quota parte dell'imposta di registro.
Impugnata la sentenza di primo grado da parte della societa' immobiliare, la Corte d'appello ha accolto l'appello proposto ritenendo valida una pattuizione, successiva rispetto alla stipula del contratto di locazione, con le quali le parti avevano stabilito non un adeguamento bensa'¬ un vero e proprio aumento del canone di locazione.
Il ricorso in Cassazione. I conduttori del locale propongono ricorso per Cassazione, e la societa' immobiliare ha resistito depositando controricorso e memoria. Prima di esaminare quanto stabilito dalla sentenza 20384 dello scorso 11 ottobre e' bene precisare che la controversia in questione si incentra sulla pretesa di pagamento di maggiori canoni di locazione maturati rispetto all'importo convenuto dalle parti nel contratto di locazione ad uso non abitativo stipulato in data 30 marzo 2009.
Dopo tale data, infatti, e precisamente con con una scrittura modificativa del 1 aprile 2009 le parti si sono accordato per un vero e proprio aumento dell'importo del canone di locazione.
I ricorrenti, nel ribadire la totale illegittimita' di tale pattuizione, nel secondo motivo del ricorso in Cassazione lamentano che la Corte d'appello abbia erroneamente ritenuto legittimo il patto del 1.4.2009 in forza del quale le parti avevano stabilito un canone superiore rispetto a quello pattuito con il contratto del 30.3.2009.
I giudici della terza sezione civile della Cassazione hanno accolto tale motivo di ricorso effettuando una dettagliata ricostruzione della disciplina dei contratto di locazione ad uso non abitativo con particolare riguardo al divieto di aumento del canone di locazione previsto dall'art. 79, comma primo, della legge n. 392/1978.
Rileva la sentenza, condividendo un orientamento consolidato, che “in tema di immobili adibiti ad uso diverso da abitazione, ogni pattuizione avente ad oggetto non gia' l'aggiornamento del corrispettivo ai sensi dell'art.32 della legge n. 392/1978, ma veri e propri aumenti del canone deve ritenersi nulla ex art. 79, primo comma della stessa legge, in quanto diretta ad attribuire al locatore un canone pia'¹ elevato rispetto a quello previsto dalla norma” (Cass.11.4.2006 n. 8410; Cass.27 luglio 2001, n. 10286)
Puntualizzano i giudici di legittimita' che se, nei contratti di locazione ad uso non abitativo, le parti possono liberamente determinare il canone di locazione, ed in ragione di tale principio la Corte d'appello ha ritenuto legittima la clausola che prevede la determinazione del canone in misura differenziata, l'eventuale aumento del canone resta pur sempre ancorata alla necessita' di garantire l'equilibrio contrattuale, e salvo pero' che la clausola non costituisca un espediente per aggirare la norma imperativa prevista dalla legge n. 392/1978 e precisamente la disposizione prevista dal primo comma dell'art. 79.
In pratica, quindi, l'aggiornamento del canone di locazione per gli immobili ad uso non abitativo, come gia' ribadito dalla giurisprudenza, sebbene possibile poichè previsto dall'art. 32 della legge in questione non puo' aggirare il divieto previsto dalla stessa legge all'art. 79. (Cass.30.9.2014, n. 20553).
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In conclusione, quindi, se e' vero che ai sensi dell'art.32 della legge n. 392/1978 e' sempre possibile un aggiornamento dei canoni di locazione, tuttavia quando gli aggiornamenti si traducono in veri e propri aumenti la relativa clausola deve ritenersi nulla in quanto diretta ad attribuire al locatore un canone pia'¹ elevato rispetto a quello legislativamente previsto.
A tal riguardo, inoltre, precisa ulteriormente la sentenza dello scorso 11 ottobre che “la clausola che preveda la determinazione del canone in misura differenziata e crescente per frazioni di tempo successive nell'arco del rapporto e' valida a condizione che si tratti, non gia' di un vero e proprio aumento, bensa'¬ di un adeguamento del canone al mutato valore locativo volto a ripristinare il sinallagma originario …”.
In base a tale ricostruzione e' stata cassata la sentenza della Corte d'appello che aveva, invece, ritenuto valida la pattuizione, intercorsa dopo la stipula dell'originario contratto di locazione ad uso non abitativo, con cui era stato stabilito un aumento del canone.
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