L'amministratore è legittimato ad agire in giudizio per l'accertamento e la tutela dei diritti condominiali, senza la necessità di chiedere uno specifico mandato da parte di tutti i condomini. Ciò in base al disposto di cui agli artt. 1130 e 1131 c.c. e sempre, ovviamente, nei casi in cui siano in gioco questioni che rientrino nelle sue specifiche attribuzioni. Diversamente, occorre sempre l'approvazione (preventiva o successiva, tramite ratifica) dell'assemblea.
La Corte di Cassazione, ancora chiamata ad esprimersi sulla legittimazione processuale dell'amministratore di condominio, ribadisce quanto più volte affermato in materia. La sentenza n. 20816 del 15 ottobre 2015 riconosce infatti la legittimazione dell'amministratore ad agire anche senza il mandato dell'assemblea, per l'accertamento dei diritti condominiali relativamente a spazi comuni che erano stati illegittimamente occupati dal proprietario esclusivo.
Il caso – Il Condominio, in persona dell'amministratore in carica, citava in giudizio una condomina esponendo che la stessa aveva acquistato le soffitte poste al quarto piano dello stabile condominiale, unitamente al collegato balcone, il w.c. ed il corridoio di disimpegno dei predetti locali, inglobando il tutto nel corso della ristrutturazione dell'intero piano, così impedendo l'accesso agli altri condomini, per cui, essendo il detto corridoio di proprietà comune, ne chiedeva la riduzione in pristino stato. Sia il tribunale che la corte d'appello accoglievano la domanda, sicché la condomina proponeva ricorso in cassazione eccependo, tra le altre cose, la nullità della sentenza, per essere stata pronunciata in situazione di carenza dei poteri di rappresentanza dei condomini in capo all'amministratore del Condominio. In altre parole, secondo la ricorrente il giudice del merito avrebbe riconosciuto la legittimazione ad agire dell'amministratore nonostante lo stesso avesse vantato pretese concernenti l'affermazione di diritti di proprietà, anche se avente ad oggetto beni comuni, per cui necessitava del mandato conferito da ciascuno dei condomini.
La soluzione della Cassazione – La Corte ha confermato la piena legittimazione processuale dell'amministratore, poiché, nella fattispecie, il Condominio ha agito per difendere il mantenimento della disponibilità materiale di spazi condominiali, in parte occupati dalla ricorrente con i predetti lavori di ristrutturazione. E per proporre tale azione, da definirsi quindi di accertamento dei diritti dominicali, non era necessario il mandato di tutti i condomini, potendo l'amministratore agire ex art. 1130 c.c., n. 4, e art. 1131 c.c. (Cass. S.U. n. 18331/2011 e, più di recente, Cass. n. 28141/2013).
La legittimazione attiva (art. 1130 c.c.) - Secondo la Corte, il caso in esame rientra nell'ambito dell'art. 1130, n. 4, c.c. che consente all'amministratore di 'compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio'. Entro tali limiti, l'amministratore ha la piena rappresentanza dei partecipanti e può agire autonomamente in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi. Secondo l'interpretazione tradizionale, il legislatore ha inteso riferirsi ai soli atti materiali (riparazioni di muri portanti, di tetti e lastrici) e giudiziali (azioni contro comportamenti illeciti posti in essere da terzi) necessari per la salvaguardia dell'integrità dell'immobile (Cass. n. 8233/2007), cioè ad atti meramente conservativi. Resta, invece, esclusa la possibilità di esperimento di azioni reali contro i singoli condomini o contro terzi dirette ad ottenere statuizioni relative alla titolarità o al contenuto di diritti su cose e parti dell'edificio (Cass. n. 3044/2009 e Cass. n. 5147/2003).
La legittimazione passiva (art. 1131 c.c.) – Se, dal lato attivo, non occorre la partecipazione di tutti i condomini nei giudizi promossi a tutela dell'utilizzazione e del godimento dei beni comuni, non diversamente deve ritenersi per quanto concerne la legittimazione passiva dell'amministratore, che è prevista dall'art. 1131 c.c., comma 2. Tale legittimazione ha portata generale in quanto estesa a ogni interesse condominiale, essendo la ratio della norma diretta a evitare il gravoso onere a carico del terzo o del condomino, che intenda agire nei confronti del condominio, di evocare in giudizio tutti i condomini.
Quando serve l'autorizzazione dell'assemblea? Ovviamente, per le cause aventi a oggetto materie che eccedono le attribuzioni dell'amministratore, ai sensi del citato art. 1131 c.c., comma 3, il potere di rappresentanza in giudizio dell'amministratore è subordinato alla autorizzazione a resistere (o anche alla ratifica) da parte dell'assemblea, alla quale l'amministratore è tenuto senza indugio a riferire (Cass. S.U. n. 18331 del 2010). Su questo punto, la recente decisione delle Sezioni Unite della Cassazione (sent. n. 25454 del 2013) ha precisato che, qualora un condomino agisca per l'accertamento della natura condominiale di un bene, non occorre integrare il contraddittorio nei riguardi degli altri condomini, se il convenuto eccepisca la proprietà esclusiva, senza formulare, tuttavia, un'apposita domanda riconvenzionale e, quindi, senza mettere in discussione - con finalità di ampliare il tema del decidere ed ottenere una pronuncia avente efficacia di giudicato - la comproprietà degli altri soggetti.
=> Cosa succede se l'amministratore agisce in giudizio senza l' autorizzazione dell'assemblea?