È legittima l'installazione dell'ascensore per eliminare le barriere architettoniche deliberata dall'assemblea con le maggioranze di cui all'art. 2 della legge n. 13/1989 in deroga ai quorum previsti dall'art. 1120 c.c. per le innovazioni “ordinarie”. Questo anche se la realizzazione dell'ascensore comporta il taglio del vano-scale e la conseguente riduzione della larghezza della scala condominiale.
Nel valutare se l'innovazione possa recare pregiudizio all'uso o godimento della cosa comune, occorre ponderare i diversi interessi in gioco e, dunque, “pesare” i disagi dei condomini rispetto alla normale utilizzazione del bene comune, con il diritto delle persone disabili all'eliminazione delle barriere architettoniche, anche in attuazione del generale principio di solidarietà condominiale.
È questo, in estrema sintesi, il principio espresso dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 16846 del 5 agosto 2015, che ha rigettato il ricorso proposto da due condomini per l'annullamento della decisione dell'assemblea condominiale.
I ricorrenti contestavano il fatto che l'installazione dell'ascensore fosse stata deliberata con una maggioranza inferiore a quella richiesta dall'art. 1120 c.c. A loro dire, inoltre, l'innovazione aveva ridotto e reso inservibile la scala condominiale e, comunque, aveva leso irrimediabilmente il decoro architettonico. Il ricorso tuttavia veniva rigettato sia in primo grado che in appello.
La disciplina per i disabili. Secondo i giudici di merito, l'ascensore in questione rientra tra le opere dirette ad eliminare le barriere architettoniche. Ne consegue la validità della delibera adottata con le maggioranza di cui ai commi 2 e 3 dell'art. 1136 c.c.; nessuna violazione dell'art. 1120 c.c., perché è proprio l'art. 2 della legge 13/1989 a prevedere le dette maggioranze anziché quella prevista dal comma 5 dell'art. 1136 c.c. Dall'espletata CTU, inoltre, la scala non risulta inutilizzabile, perché la larghezza che rimane a disposizione dei condomini per il transito è di 72 cm, sufficiente a consentire il passaggio di una persona; né tantomeno risulta alcun pregiudizio per il decoro architettonico.
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I due condomini proponevano allora ricorso in cassazione. Per i ricorrenti, la larghezza di soli 72 cm consentirebbe il passaggio di una sola persona alla volta, mentre è “ragionevole supporre che l'uso normale di una scala condominiale implica che sia possibile la discesa e la salita contemporanea di due persone”. Inoltre, la scala non permetterebbe il normale deflusso delle persone e l'accesso dei soccorritori in situazioni di pericolo o emergenza.
Il concetto di inservibilità. I giudici di legittimità, nel confermare il rigetto del ricorso, hanno evidenziato che “nell'identificazione del limite all'immutazione della cosa comune, disciplinato dall'art. 1120, 2° co., c.c., il concetto di inservibilità della stessa non può consistere nel semplice disagio subito alla sua normale utilizzazione – coessenziale al concetto di innovazione – ma è costituito dalla concreta inutilizzabilità della res communis secondo la sua naturale fruibilità” (Cass. civ. n. 15308/2011).
Principio di solidarietà condominiale. Circa il divieto di recare pregiudizio all'uso o godimento delle parti comuni – che è il limite imposto dall'art. 1120 c.c. per la realizzazione delle innovazioni in condominio – la Corte ritiene necessario tener conto del principio di solidarietà condominiale, secondo il quale la coesistenza in condominio implica “il contemperamento, al fine dell'ordinato svolgersi di quella convivenza che è propria dei rapporti condominiali, dei vari interessi, tra i quali deve includersi anche quello delle persone disabili all'eliminazione delle barriere architettoniche, oggetto, peraltro, di un diritto fondamentale che prescinde dall'effettiva utilizzazione, da parte di costoro, degli edifici interessati” (Cass. civ. n. 18334/2012).
Proprio in applicazione di tali principi, i giudici di legittimità hanno ritenuto quanto mai necessaria l'installazione dell'ascensore nel caso di specie, considerata la presenza di diversi condòmini che, o poiché in età molto avanzata o in quanto disabili, non sarebbero in grado di uscire autonomamente dallo stabile se non utilizzando, appunto, un ascensore.
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