La soluzione di una controversia in tempi rapidi (max 180 giorni) con arbitri esperti e competenti potrebbe costituire un valido ed efficace strumento che il legislatore deve solo incentivare essendo gia' disciplinato nel codice di procedura civile.
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Identificazione della fattispecie. Si e' soliti accomunare alle c.d. adr (alternative dispute resolution) l'arbitrato che, invece, non e' affatto un istituto alternativo rispetto alla giurisdizione ordinaria. L'arbitrato non e' nato dall'emergenza ed e' collocato nel libro quarto del codice di procedura civile tra i procedimenti speciali.
L'arbitrato rituale, in particolare, condivide con la giurisdizione il tratto peculiare del “giudicare”: la lite viene decisa ed il lodo ha gli stessi effetti della sentenza.
Gia' la Corte costituzionale, nel riconoscere agli arbitri rituali la possibilita' di sollevare questioni di legittimita' costituzionale, aveva descritto l'arbitrato come «procedimento previsto e disciplinato dal codice di procedura civile per l'applicazione obiettiva del diritto nel caso concreto, ai fini della risoluzione di una controversia, con le garanzie di contraddittorio e di imparzialita' tipiche della giurisdizione civile ordinaria», concludendo nel senso che – sotto questo punto di vista - «il giudizio arbitrale non si differenzia da quello che si svolge davanti agli organi statali della giurisdizione» (Corte cost., 28 novembre 2001, n. 376).
Il legislatore, con l'art.23 del d.lgs. 2.2.2006 n.40, ha inserito nel codice di procedura civile l'art. 824-bis, che ha riconosciuto al lodo «dalla data della sua ultima sottoscrizione tutti gli effetti della sentenza pronunciata dall'autorita' giudiziaria», salvo quelli della esecutorieta' a dichiararsi invece dal tribunale ai sensi e per gli effetti dell'art.825 c.p.c..
In questo senso si e' espressa la Cassazione a Sezioni Unite che ha evidenziato la natura giurisdizionale dell'arbitrato, sostitutiva della funzione del giudice ordinario (Ordinanza Cass. Civ. SS.UU. 25.10.2013 n. 24153).
Pia'¹ di recente la Cassazione si e' espressa in tal senso specificando ulteriormente che gli effetti sostanziali e processuali della domanda proposta dinanzi al giudice statale, in caso incompetenza di quest'ultimo, si conservano dinanzi all'organo arbitrale (Cassazione 21.01.2015 n.1101 sulla scia di quanto espresso da Corte costituzionale 19 luglio 2013, n. 223).
Tra le materie compromettibili in arbitri che abbiano ad oggetto diritti disponibili rientrano, ai sensi dell'art.5 co.1 bis del d.lgs. n.28/2010, il condominio, i diritti reali, la divisione, le successioni ereditarie, la locazione, il comodato, l'affitto di aziende.
La scelta dell'arbitrato per la risoluzione delle controversie aventi ad oggetto una delle suddette materie eviterebbe il ricorso alla mediazione obbligatoria che in tal caso non sarebbe condizione di procedibilita' .
La soluzione dell'arbitrato sarebbe quanto mai opportuna anche alla luce del disegno di legge, in discussione in Parlamento, che prevede il trasferimento di molte materie del diritto immobiliare dal Tribunale al Giudice di Pace.
L'art.808 c.p.c. prevede la possibilita' per le parti di inserire nel contratto che disciplina il loro rapporto o in un atto separato, una clausola al fine di impegnarsi in via preventiva, ad affidare ad arbitri la risoluzione delle eventuali controversie scaturenti dal contratto stesso.
In materia condominiale, atteso che il regolamento contrattuale e' un atto che si perfeziona con il consenso o accettazione unanime di tutti i partecipanti al condominio, indipendentemente che l'iniziativa di predisporlo sia stata assunta dall'assemblea condominiale all'unanimita' o dal costruttore-venditore, nulla vieta che possa contenere una clausola compromissoria al fine di devolvere ad arbitri la soluzione di eventuali controversie condominiali.
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Aspetti giurisprudenziali. La giurisprudenza di legittimita' da tempo ha affermato come lo stesso art. 1137 c.c., secondo comma, c.c. nel riconoscere ad ogni condomino dissenziente la facolta' di ricorrere all'autorita' giudiziaria avverso le deliberazioni dell'assemblea del condominio, non pone una riserva di competenza assoluta ed esclusiva del giudice ordinario e, quindi, non esclude la compromettibilita' in arbitri di tali controversie, le quali d'altronde, non rientrano in alcuno dei divieti sanciti dagli artt. 806 e 808 c.p.c. (Cassazione 05.06.1984 n.3406).
Lo stesso dicasi per la giurisprudenza di merito. Una recente sentenza del Tribunale di Milano (n. 12843 del 16 novembre 2015) ribadisce che, se il regolamento contrattuale di un condominio lo prevede, le controversie che insorgono fra condomini o tra essi e l'amministratore, devono essere sottoposte al giudizio di uno o pia'¹ arbitri e non a quello del giudice ordinario.
Il Tribunale di Milano ha dichiarato improponibile l'impugnativa assembleare avanzata da un condomino Anche il Tribunaledi Taranto, con sentenza del 30.01.2014, ha ribadito che, in materia di impugnativa di delibere condominiali possa trovare applicazione la possibilita' di deferire ad arbitri anche la controversia.
Anche la materia locatizia puo' essere devoluta alla cognizione degli arbitri riguardando diritti disponibili, considerato altresa'¬ che l'arbitrato, rituale o irrituale, costituisce espressione dell'autonomia negoziale delle parti e rinviene il suo fondamento nel potere delle stesse parti di disporre dei diritti soggettivi rinunciando alla giurisdizione ed all'azione giudiziaria ( Trib. Firenze, 25/05/2015).
La speciale sanatoria della morosita' del conduttore, disciplinata dall'art. 55 della legge 27 luglio 1978, n. 392, per le sole locazioni abitative di immobili urbani, si applica, oltre che nel procedimento di convalida di sfratto, anche quando la domanda di risoluzione contrattuale sia stata introdotta in via ordinaria, ovvero sia stata deferita agli arbitri ( Cass. civ. Sez. I, 15/10/2014, n. 21836).
In mancanza di un'esplicita manifestazione di volonta' a che il lodo produca effetti negoziali, anzichè di sentenza, deve ritenersi che le parti abbiano inteso prevedere il residuale e generale deferimento all'arbitrato rituale.
Quest'ultimo, mentre deve ritenersi inammissibile con riferimento alla fase sommaria del procedimento per convalida di sfratto (appartenente alla competenza inderogabile del tribunale) e', invece, applicabile alla fase di merito che consegue al mutamento del rito ( Trib. Modena Sez. II Ord., 19/03/2007).
In caso di cessione del contratto, la clausola compromissoria non si trasmette al cessionario se non con il consenso espresso di tutti e tre i soggetti coinvolti, poichè il negozio compromissorio e' dotato di una propria autonomia rispetto al rapporto sostanziale.
In mancanza di un accordo specifico nè il cessionario nè il ceduto possono invocare la suddetta clausola.
Quando invece il contraente ceduto rimane estraneo al trasferimento della posizione contrattuale, come nel caso di cessione 'ex lege' del contratto di locazione, questi puo' opporre la clausola compromissoria, analogamente a quanto accade per il debitore ceduto in tema di cessione del credito (Trib. Genova, 25/01/2006)
Sebbene il ricorso al giudizio arbitrale presenta incontestabili vantaggi sotto il profilo della celerita' , della preparazione tecnica delle persone incaricate di decidere la controversia, e dell'accettazione della decisione emessa da tutte le parti (tenuto conto che sono proprio le parti a scegliere liberamente gli arbitri), gli inconvenienti legati agli eccessivi costi ed al rischio di una non effettiva imparzialita' del giudizio possono essere superati dalla possibilita' di una contrattazione delle tariffe all'atto di costituzione dell'organo arbitrale ed alla formazione di liste di arbitri formate da professionisti esperti nelle materie oggetto di compromesso.
D'altronde possono essere introdotti incentivi di carattere anche fiscale nel caso di scelta dello strumento arbitrale.
Di questi tempi la soluzione di una controversia in tempi rapidi (max 180 giorni) con arbitri esperti e competenti potrebbe costituire un valido ed efficace strumento che il legislatore deve solo incentivare essendo gia' disciplinato nel codice di procedura civile.
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