La peculiare struttura architettonica del fabbricato condominiale consente di derogare alla disciplina in tema di distanza delle tubazioni, dal che il Giudice e' chiamato a valutare,caso per caso, se il rispetto dell'art. 889 c.c.determini o meno una soluzione ragionevole nell'interesse dei rapporti di vicinato. Questo e' quanto disposto dalla Corte di Cassazione, con sentenza 17 giugno 2016 n. 12633.
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La vicenda. La Cassazione ha statuito in merito a una controversia tra condomini insorta a seguito delle modifiche operate da uno di essi sul proprio appartamento che, stante l'elevata metratura, risultava di difficile collocazione sul mercato. In particolare, la societa' proprietaria dell'immobile aveva ridistribuito gli spazi interni dei locali, cosa'¬ da ricavare due unita' separate, installando un nuovo impianto idraulico senza, tuttavia,rispettare le distanze dal contiguo appartamento di proprieta' dell'attore.
Quest'ultimo, insospettivo dalla sopravvenuta rumorosita' delle immissioni nelle tubazioni, accertato il mancato rispetto delle distanze legali, aveva chiesto l'eliminazione o comunque lo spostamento dell'impianto. Il Tribunale di Verona prima, e la Corte d'Appello di Venezia poi (C.d.A. Venezia 26.10.2010), hanno accolto la domanda, e avverso tale ultima pronuncia e' stato proposto ricorso alla Suprema Corte.
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Gli istituti giuridici. La norma di riferimento e' rappresentata dall'art. 889 c.c., originariamente pensata per i rapporti di vicinato in una societa' prettamente agricola ('Chi vuole aprire pozzi, cisterne, fosse di latrina o di concime presso il confine, anche se su questo si trova un muro divisorio, deve osservare la distanza di almeno due metri tra il confine e il punto pia'¹ vicino del perimetro interno delle opere predette. Per i tubi d'acqua pura o lurida, per quelli di gas e simili e loro diramazioni deve osservarsi la distanza di almeno un metro dal confine. Sono salve in ogni caso le disposizioni dei regolamenti locali'),alla quale, tuttavia,e' consentito derogare in presenza di una peculiare conformazione del fabbricatourbano: 'In tema di condominio, le norme che regolano i rapporti di vicinato trovano applicazione, rispetto alle singole unita' immobiliari, solo in quanto compatibili con la concreta struttura dell'edificio e con la natura dei diritti e delle facolta' dei condomini, sicchè il giudice deve accertare se la rigorosa osservanza di dette disposizioni non sia irragionevole, considerando che la coesistenza di pia'¹ appartamenti in un unico edificio implica di per sè il contemperamento dei vari interessi al fine dell'ordinato svolgersi della convivenza tra i condomini. Ne deriva che, anche con riferimento ai tubi dell'impianto di riscaldamento, l'art 889 c.c. e' derogabile solo ove la distanza prevista sia incompatibile con la struttura degli edifici condominiali' (Cass. Civ. n. 1989/2016).
Nell'ipotesi di edifico condominiale detta norma va, altresa'¬, raccordata con l'art. 1122 c.c. ('Opere su parti di proprieta' o uso individuale'), nella versione previgente la riforma di cui alla l. 220/2012,che consente di realizzare opere e innovazioni, trasformazioni o modifichenell'unita' in proprieta' esclusiva,al fine di migliorarne l'utilizzo, a condizione di non arrecare pregiudizio alle parti comuni e comunque nel rispetto dell'altrui proprieta' confinante (Cass. Civ. n. 1947/1989).
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La sentenza. Tanto premesso, la societa' esce soccombente anche nell'ultimo grado di giudizio, risultando confermate le statuizioni di merito (Cass. Civ. n. 12633/2010). In primo luogo,la Cassazione ritiene non ricorrere le condizioni per derogare all'art. 889 c.c. in considerazione del fatto che l'esigenza dinuove tubazioni 'nasceva da una scelta soggettiva della condomina e non era determinata dalle condizioni obiettive della struttura dell'edificio': l'appartamento, infatti, era gia' dotato di impianti pienamente funzionantie l'intervento oggetto di contestazione era fruttodellalibera scelta di suddividere i locali in distinte unita' immobiliari, cosa'¬ da consentirne una migliore collocazione sul mercato.In tal sensosono state ritenute prive di pregio le osservazioni della societa' in ordine al fatto che l'immobile risalisse agli anni '70, poichè la funzionalita' rispetto ai bisogni degli occupanti era assicurata anche dall'originaria conformazione della struttura, non risultando indispensabile la suddivisione in appartamenti separati.
In secondo luogo, la consulenza tecnica espletata in primo grado aveva accertato la possibilita' di realizzare il nuovo impianto nel rispetto delle distanze legali, mediante un tracciato diverso, seppur con un costo superiore. Muovendo da tali premesse viene esclusa qualsiasi deroga all'art. 889 c.c.,ribadendola Cassazione che 'la installazione delle tubazioni a distanza illegale non era dovuta a una situazione strutturale obiettiva dell'edificio ovvero a necessita' che rendevano irragionevole il rispetto delle distanze ma alla esigenza soggettiva del condomino di rendere commerciabile sul mercato l'immobile'. Infine, la Corte sottolinea che la condanna alla rimozione e/o spostamento dei manufatti neppure puo' essere evitata eliminando l'eccessiva rumorosita' lamentata dal confinante, poichè tale circostanza, una volta accertata l'inderogabilita' dell'art. 889 c.c., risulta ininfluente ai fini del deciso: 'Il riferimento compiuto dai Giudici alla rumorosita' appare formulato ad abundantiam e, come tale, e' privo di valore decisorio, e il ricorrente non ha interesse a censurarlo, una volta che e' stata affermata la illegittima installazione delle tubazioni, in quanto in violazione delle distanze legali, e il conseguente diritto dell'attrice alla loro rimozione'.
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