In tema di spese condominiali il problema della morosita' nel pagamento delle quote, da sempre, trascina con sè tutta una serie di quesiti di non facile risoluzione, soprattutto in merito ai rapporti intercorrenti tra il condominio ed i terzi creditori.
Le questioni principali, che originano dalla discussa natura parziaria delle obbligazioni condominiali, ruotano attorno all'interpretazione dell'art. 63 disp. att. c.c ed in ispecie alle modalita' di recupero del credito da parte dei fornitori del condominio, con tutti i dubbi annessi e connessi alla possibile escussione del conto corrente condominiale, da parte dei creditori insoddisfatti.
Il concetto di parziarieta' delle obbligazioni contratte nell'interesse comune, che in passato ha rappresentato una regola certa, almeno in vigenza del codice civile del 1865, e' stato messo in discussione con l'entrata in vigore dell'art. 1294 c.c., riferito alla 'generica' solidarieta' nel debito tra i condebitori.
Tale norma, che disciplina la presunzione di solidarieta' passiva nel debito, prescrive che i condebitori sono tenuti in solido se dalla legge o dal titolo non risulta diversamente.
Proprio dalla suddetta norma origina il ragionamento dei sostenitori della solidarieta' passiva, che ritengono estensibile la presunzione di cui all'art. 1294 c.c. anche ai creditori del condominio, adducendo che non sussiste alcun motivo per il quale l'obbligazione condominiale possa essere intesa come un insieme di prestazioni, distinte e differenti, tante per quanti sono i condo'mini.
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I paladini della solidarieta' passiva asseriscono che la disciplina del condominio non puo' derogare alla presunzione di solidarieta' tra condebitori, sebbene la regola generale dettata dall'art. 1123 c.c., stabilisca espressamente che le spese condominiali 'sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprieta' di ciascuno, salvo diversa convenzione'.
L'applicazione rigida del principio di solidarieta' comporta che ciascun condomino-debitore, in ossequio al dispositivo dell'art. 1292 c.c., potrebbe essere costretto ad adempiere per la totalita' il debito condominiale, con l'effetto che il suo adempimento libererebbe gli altri.
In passato, almeno fino agli anni 90, non sono stati pochi i casi in cui i condo'mini, piu' che altro quelli puntuali nei pagamenti delle quote, a seguito di azione del terzo creditore contraente, sono stati costretti ad adempiere, per l'intero, l'obbligazione assunta dal condominio, avendo poi cura di proporre azione di regresso contro gli altri condo'mini-condebitori, per ripetere la cifra anticipata.
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Secondo la teoria della solidarieta' passiva nel debito condominiale il criterio legale indicato dall'art. 1123 c.c. opererebbe soltanto all'interno del condominio, ossia tra i condo'mini, ma non inciderebbe nei rapporti esterni, con i terzi fornitori. In opposizione alla teoria della solidarieta' passiva, i sostenitori della parziarieta' delle obbligazioni condominiali osservano, invece, come il terzo che contrae con il condominio conosca perfettamente il regime di parziarieta' vigente tra i condo'mini, per le obbligazioni assunte dall'amministratore nell'interesse comune, in quanto la ripartizione delle spese, ai sensi dell'art. 1123 c.c. obbliga ciascuno a pagare i contributi condominiali, pro quota, in proporzione ai millesimi dell'unita' immobiliare di appartenenza.
D'altra parte asserire che di fronte alla delibera assembleare o alla decisione dell'amministratore debba corrispondere necessariamente un obbligo solidale dei condo'mini significa eludere le regole riferite all'art. 1121 c.c., che consentono ai condo'mini dissenzienti di non sopportare le spese per la realizzazione delle opere voluttuarie e gravose decise dalla maggioranza assembleare, e ancora eludere le regole di cui agli artt. 1126 c.c., per i lastrici ad uso esclusivo, e 1132 c.c., in termini di dissenso alle liti, cioe' casi in cui i condo'mini privi di interesse o che non ne traggano utilita' devono essere esonerati dalle spese condominiali.
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Da questo punto di vista l'applicazione della teoria sulla solidarieta' passiva nelle obbligazioni condominiali stride con le regole sul condominio parziale. Peraltro, desumere il vincolo della solidarieta' passiva tra i condo'mini basandosi sulla valutazione esclusiva dell'interesse esterno del creditore, senza guardare all'interesse unitario dei condo'mini debitori, rappresenta un grave errore dettato dall'unica esigenza di rendere piu' agevole la riscossione del terzo creditore.
Non e' possibile pensare che l'obbligazione condominiale venga assunta soltanto nell'esclusivo interesse del condominio, quasi fosse 'unisoggettiva' anzichè plurisoggettiva, con i condo'mini obbligati a rinforzare o meglio a duplicare la solvibilita' del debito condominiale.
Sotto tale profilo, considerando la controprestazione monetaria dovuta dai condo'mini al terzo, risulta difficile rintracciare in condominio un interesse comune dei condo'mini volto ad assumere un obbligo solidale anzichè parziale.
Alla luce di tali considerazioni, la teoria professata dai 'solidaristi' non sembra essere sufficiente ad eliminare le forti perplessita' sulla mancanza di parziarieta' delle obbligazioni condominiali.
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Invero, non esiste alcuna disposizione specifica del codice civile che colleghi il concetto di solidarieta' al condominio, nè tantomeno l'art. 1123 c.c. permette di distinguere tra rapporti interni ed esterni dell'obbligazione assunta con i terzi.In tal senso la responsabilita' dei condo'mini verso i terzi creditori e' retta dal criterio della parziarieta' e non della solidarieta' passiva. Diversamente, dunque, la regola e' rappresentata dalla parziarieta' delle obbligazioni condominiali, ossia la ripartizione proporzionale delle spese, che origina dal legame propter rem del condomino alle parti comuni.
A tale conclusione e' pervenuta la Giurisprudenza, con la nota sentenza n. 9148/2008 della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, che ha deciso come la responsabilita' dei condo'mini riferita alle obbligazioni assunte dal condominio si fondi sul criterio della parziarieta' , per cui ognuno deve corrispondere proporzionalmente le proprie quote, in ragione dei millesimi di competenza della propria unita' immobiliare, vale a dire con criteri simili a quelli dettati dagli artt. 752, 754 e 1295 c.c. in ambito di obbligazioni ereditarie, in base alle quali ciascun erede risponde soltanto per la sua quota.
Tuttavia, nella prassi giudiziale, la decisione interpretativa delle norme adottata dalle Sezioni Unite non sembra aver entusiasmato i giudici di merito, che hanno preferito motivare prevalentemente soluzioni difformi dall'orientamento della Suprema Corte.
Ma quindi le obbligazione condominiali sono rette dal principio della solidarieta' passiva o dal principio della parziarieta' ?
La risposta al quesito e' stata fornita dal legislatore che, con la modifica dell'art 63 disp. att. c.c., stabilisce un divieto dei creditori di agire nei confronti dei condo'mini in regola con i pagamenti, se non dopo l'escussione degli altri condo'mini, cioe' dei morosi, i cui dati devono essere comunicati dall'amministratore ai creditori insoddisfatti, che lo interpellino.
In buona sostanza, condo'mini solventi e condo'mini morosi non si trovano in una posizione paritetica, in quanto l'obbligazione dei condo'mini solventi nei confronti del terzo creditore insoddisfatto e' soltanto eventuale e secondaria, ed il beneficium escussionis e' riferito non all'intero debito del condominio nei confronti del terzo creditore, ma soltanto alle quote dovute dagli insolventi. Di recente, poi, e' stato ribadito che in condominio vige il principio di parziarieta' delle obbligazioni condominiali, in quanto gli obblighi assunti dall'amministratore nell'interesse del condominio, si imputano ai singoli condo'mini solo in proporzione delle rispettive quote (Cass. n. 14530/2017).
=> Diritti dei condo'mini morosi
Tale sentenza recepisce l'orientamento pronunciato, ante riforma, dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la Sentenza n. 9148 del 08/04/2008, che ha ritenuto piu' equo applicare il criterio della parziarieta' .
Difatti, nel caso in cui le obbligazioni fossero divisibili, la solidarieta' dovrebbe essere disposta da una apposita norma, in mancanza della quale si applica il regime della parziarieta' . Pertanto, la responsabilita' solidale vale solo per le obbligazioni indivisibili per natura, mentre le obbligazioni condominiali, in quanto pecuniarie, sono naturalmente divisibili e difettano del requisito dell'unicita' della prestazione (Cass, n. 199 del 09/01/2017).
Neanche l'inadempimento dell'amministratore rispetto agli obblighi di cui all'articolo 63 comma 1 disp. att. c.p.c., puo' consentire di trasformare l'obbligazione parziaria dei condomini amministrati, in obbligazione solidale (Trib. Reggio Emilia, sentenza 292 del 22/02/2018).
E' indubbio che il legislatore, essendo intervenendo dopo la pronuncia delle Sezioni Unite, avrebbe potuto espressamente prevedere la solidarieta' passiva, eppure non l'ha fatto.
=> Niente riscaldamento e acqua al condo'mino moroso. Una sentenza rivoluzionaria del Tribunale di Bologna
A questo punto la domanda nasce spontanea: ma il creditore del condominio insoddisfatto del suo credito deve rivolgersi direttamente al condominio oppure al condomino moroso?
Il legislatore non specifica come il terzo creditore debba recuperare il proprio credito nei confronti del condominio. Secondo alcuni giudici di merito il creditore non avrebbe titolo a procedere contro i singoli condo'mini, in quanto l'obbligazione pecuniaria riguarda il condominio e non i singoli condo'mini, che rimarrebbero estranei al contratto stipulato tra l'amministratore di condominio ed il terzo fornitore.
Sembra, dunque, che il creditore debba agire contro il condominio, per procurarsi il titolo, di solito un decreto ingiuntivo da notificare all'amministratore, il quale, a sua volta, avra' l'obbligo di convocare l'assemblea condominiale, per far approvare il relativo stato di riparto spese suddiviso con i millesimi.
Soltanto allora, dopo la formazione del titolo, il creditore potra' agire nei confronti dei condo'mini morosi, sulla scorta dei dati e dei pro quota comunicati dall'amministratore all'uopo 'interpellato', provvedendo a notificare titolo esecutivo e pedissequo atto di precetto agli stessi insolventi.
Ragionando in tal senso, il creditore del condominio potrebbe pignorare il conto corrente condominiale in qualsiasi momento, avendone titolo, e solo nel caso in cui il pignoramento presso la banca o la posta risultasse infruttuoso, allora potrebbe optare di rivolgersi ai morosi.
Poi sara' cura dell'amministratore procedere contro i condo'mini morosi per recuperare le somme necessarie ad estinguere il debito riferito all'obbligazione contratta con il terzo fornitore.
=> Speciale focus sui debiti contratti dal condominio e i condomini morosi.
Sotto tale profilo, il dato certo delle pronunce di merito, che guardano soltanto alle ragioni del creditore insoddisfatto, e' rappresentato dall'assunto che il creditore sia tenuto a richiedere l'emissione di un decreto ingiuntivo nei confronti del condominio. In ogni caso il legislatore non ha inteso specificare un divieto del creditore di agire direttamente contro il condomino moroso, per richiedere nei suoi confronti l'emissione di un decreto ingiuntivo connesso al suo credito. In realta' nulla osta all'azione diretta del creditore insoddisfatto contro il condomino moroso, se non ragioni di convenienza dello stesso creditore. L'importante e' che il credito vantato dal creditore sia liquido, cioe' specificato nel suo importo, anche in base ad un semplice calcolo aritmetico, ed esigibile, cioe' sia scaduto il termine previsto per l'adempimento, nonchè fondato su prova scritta.
E' certo che, per quanto riguarda le condizioni di ammissibilita' dell'ingiunzione di pagamento, il concetto di prova scritta di cui all'articolo 633 c.p.c., non e' rigoroso come quello deducibile dagli artt. 2699 c.c. e segg., nei quali si parla di 'prove documentali' riferite ad atto pubblico e scrittura privata, in quanto e' sufficiente desumere dal contenuto dei documenti prodotti, in allegato al ricorso, la fondatezza del credito vantato, nonchè la quantita' ed esigibilita' , sulla scorta di criteri obiettivi.
In particolare la prova scritta puo' essere rappresentata da 'qualsiasi documento anche privo di efficacia probatoria assoluta' di cui agli artt. 2700 e 2702 (Ex multis: Cass. 27 aprile 1976, n.1479; Cass. 13 luglio 1977, n.3150; Cass. 27 gennaio 1979, n.615; Cass. 25 marzo 1971, n.845).
In ordine alla prova e' sufficiente che tali documenti contengano un qualche elemento corretto relativo al credito vantato.
Nel caso che ci occupa la prova del creditore contro il morso potrebbe essere rappresentata da:
1) copia delle fatture emesse dal terzo fornitore nei confronti del condominio, con estratto autentico delle scritture contabili e attestazione notarile della regolare tenuta dei registri;
2) copia del contratto stipulato. E' legittimo, per esempio, nel caso di un contratto di appalto, che i condo'mini nell'esercizio della loro autonomia negoziale, concordino di instaurare un rapporto sottratto alle regole della solidarieta' passiva, con la previsione che in caso di inadempimento l'appaltatore sia tenuto ad agire direttamente nei confronti dei singoli partecipanti al condominio (Cass. n. 70 del 3 gennaio 2011);
3) la famosa missiva dell'amministratore, con l'indicazione dei morosi.
A proposito di tale ultimo documento attenzione, perchè l'amministratore deve comunicare al creditore o al suo avvocato i nominativi e i dati anagrafici dei soli condo'mini morosi completi di ogni generalita' , con le rispettive quote, dovute per caratura millesimale e riferite al debito dovuto dal condominio al creditore (Trib. di Tivoli Sentenza del 16 Novembre 2015).
La comunicazione deve avvenire con sollecitudine, altrimenti l'amministratore e' responsabile per il danno cagionato (Tribunale di Tivoli ordinanza del 21 aprile 2016 e Tribunale di Palermo Ordinanza del 19 marzo 2014).
In caso di inerzia dell'amministratore appare fondato che il creditore, per recuperare i dati dei morosi, ricorra al procedimento sommario di cognizione di cui all'articolo 702 bis c.p.c., con la conseguenza che l'amministratore potrebbe essere obbligato a consegnare l'elenco completo dei morosi, con relative quote a debito, rischiando anche di essere condannato a pagare una penale, cosa'¬ come sentenziato dal Tribunale di Roma, con sentenza Sez.
V del 01/02/2017, che ha condannato l'amministratore ad euro 2.000 per ciascun mese di ritardo nell'esecuzione dell'adempimento piu' spese di lite.
Pero', francamente, quale sprovveduto di creditore del condominio accetterebbe di procedere contro il condomino moroso, per ingiungergli la quota dovuta, sapendo di poter agire direttamente contro il condominio.
E' ovvio che il creditore ha tutto l'interesse ad agire contro il condominio, per pignorare subito il conto corrente condominiale, anche perchè e' facile che la cifra corrispondente all'importo del debito sia gia' depositata, seppure tale somma sia di solito costituita dalle quote di condominio corrisposte dai condo'mini solventi e non certo dai morosi.
Ma il legislatore ha previsto che il creditore insoddisfatto possa effettuare il pignoramento del conto corrente condominiale?
Ebbene, il legislatore non solo non specifica come il terzo creditore del condominio debba recuperare il proprio credito nei confronti dei condo'mini morosi ma non specifica neanche se il creditore possa procedere a pignorare il conto corrente condominiale.
In proposito si registrano, comunque, diverse decisioni di merito favorevoli al pignoramento del conto corrente condominiale e motivate dal fatto che il terzo creditore non pignorerebbe somme appartenenti ai singoli condo'mini, ma un patrimonio condominiale distinto da quello dei condo'mini, a disposizione immediata del correntista-amministratore (Trib. Pescara, ord. 27 marzo/2 aprile 2014; Trib. Pescara, ord. 8 maggio 2014; Trib. Reggio Emilia, ord. 14/16 maggio 2014; Trib. Catania, ord. 26 maggio 2014; Trib. Milano, ord. 27 maggio 2014 (in giudizio Rg. 16553/2012); Trib. Brescia 30 maggio 2014 e Trib. Milano, ord. 2 luglio 2014; Trib. Ascoli Piceno n. 1287 del 26 novembre 2015).
In sostanza il creditore e' legittimato dal giudice ad attaccare il conto corrente condominiale, sulla base del ragionamento che il pignoramento non interferisce con il c.d. beneficio di escussione previsto dall'art. 63 disp att. c.c., che espressamente prevede 'i creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l'escussione degli altri condomini'.
Eppure, e' noto che nel conto corrente del condominio convergono, senza distinzioni, i versamenti di tutti i condo'mini, in quanto, ai sensi dell'art. 1129 c.c., l'amministratore deve far transitare sul conto corrente intestato al condominio tutte le somme ricevute a qualsiasi titolo da parte dei condo'mini o dei terzi e quelle erogate per conto del condominio.
=> La parziarieta' delle obbligazioni condominiali: come agire una volta ottenuto il decreto ingiuntivo?
Cio' significa che, per i condo'mini in regola con il pagamento delle quote condominiali, gia' depositate sul conto corrente intestato al condominio, si profila un doppio danno, perchè le loro quote destinate al pagamento dei servizi, di fatto, andranno a coprire i debiti dei morosi.
Tirando le fila del ragionamento, altro che tutela dei solventi nei confronti dei morosi. Per fortuna esistono anche le decisioni contrarie dei giudici dell'esecuzione, che hanno inteso accogliere il ricorso di opposizione al pignoramento del conto corrente condominiale, facendo leva sulla sentenza n. 9148/2008 della Corte di Cassazione SS.UU., con sospensione della procedura esecutiva sul conto e conseguente condanna del creditore a rifondere le spese legali al condominio. (Trib. di Genova ordinanza del 22/12/2014).
In un altro caso il pignoramento del conto corrente condominiale e' stato dichiarato inammissibile, perchè la creditrice non aveva fornito prova documentale dell'avvenuta escussione dei condomini morosi e nemmeno di averne richiesto i nominativi all'amministratore, contravvenendo al principio di parziarieta' delle obbligazioni contrattuali dei condo'mini verso i terzi (Trib. Pescara, ord. 18 dicembre 2013).
In conclusione, per evitare qualsiasi 'fraintendimento' sulla parziarieta' delle obbligazioni condominiali, sarebbe bene che intervenisse direttamente il legislatore, visto che neanche le Sezioni Unite della Cassazione del 2008 sono riuscite a convincere i giudici di merito, con l'ovvia conseguenza che a pagarne le spese sono sempre i soliti condo'mini solventi.
Avv. Michele Orefice www.oreficestudio.it