Caso 1
Un co
Un condomino esegue delle opere sul sottotetto, attraendolo di fatto nell'ambito della sua esclusiva proprietà.
L'amministratore agisce chiedendo la tutela del sottotetto in quanto parte comune dell'edificio.
Un condomino esegue delle opere sul sottotetto, attraendolo di fatto nell'ambito della sua esclusiva proprietà.
Caso 2
L'amministratore agisce affinché, previo accertamento della condominialità del sottotetto, il condomino venga condannato a ripristinare lo stato dei luoghi.
Il fatto è identico ma la diversa azione dell'amministratore incide sul diritto dello stesso a proporla.
Nella prima ipotesi, infatti, l'amministratore agisce per la tutela di un bene comune e quindi compie un atto conservativo.
In tal caso afferma la Cassazione (sent. n. 22 marzo 2013 n. 7327) il potere rappresentativo che compete all'amministratore del condominio ex artt. 1130 e 1131 c.c. e che, sul piano processuale, si riflette nella facoltà di agire in giudizio per la tutela dei diritti sulle parti comuni dell'edificio, comprende tutte le azioni volte a realizzare tale tutela, con esclusione soltanto di quelle azioni che incidono sulla condizione giuridica dei beni cui si riferiscono, esulando, pertanto, dall'ambito degli atti conservativi (tra le tante v. Cass. 25-7-2011 n. 16230; Cass. 30-10-2009 n. 23065; Cass. 24-11-2005 n. 24764).Resta esclusa, di conseguenza, la possibilità di esperimento di azioni reali, contro i singoli condomini o contro terzi, dirette ad ottenere statuizioni relative alla titolarità o al contenuto di diritti su cose e parti dell'edificio (Cass. 6-2-2009 n. 3044; Cass. 24-11-2005 n. 24764). Al contrario, nell'ipotesi, ricorrente nel caso di specie, di abusiva occupazione di una porzione di area condominiale, mediante la costruzione di un manufatto di proprietà esclusiva, sussiste la legittimazione dell'amministratore di condominio ad agire giudizialmente, con azione volta al 'ripristino dei luoghi', nei confronti dell'autore dell'opera denunciata (Cass. 25-7-2011 n. 16230). Una simile azione, infatti, essendo diretta al mantenimento dell'integrità materiale dell'area condominiale, stravolta dalla nuova costruzione, rientra nel novero degli atti conservativi di cui al menzionato art. 1130 c.c.
Nel secondo caso, invece, l'azione tesa a ottenere una declaratoria di proprietà condominiale, riguardando direttamente il diritto reale e non la sua gestione, non rientra nella sfera di competenza dell'amministratore ma dei singoli condomini.
Chiaramente all'amministratore non basta proporre un'azione utilizzando determinate parole per scongiurare il pericolo di vedersi eccepita la carenza di legittimazione passiva. L'azione dev'essere sostanzialmente finalizzata a tutelare un diritto e non ad accertarne l'esistenza sotto le mentite spoglie di un'azione di tutela.
Se, poi, l'amministratore possa agire con o senza preventiva autorizzazione assembleare (o successiva ratifica) è problema che sempre più spesso si sta proponendo nel corso delle controversie condominiali.
In linea teorica i poteri giudiziali dell'amministratore coincidono con le sue attribuzioni, sicché egli può sempre agire d'ufficio nel limite del solco tracciato dall'art. 1130 c.c. Non mancano, tuttavia, pronunce, specie di merito, tese a restringere oltre modo i poteri giudiziali dell'amministratore condominiale, relegando, nella sostanza, il ruolo del mandatario a quello di mero esecutore della deliberazione assembleare.
=> Con la delibera della maggioranza l'amministratore può agire per rivendicare la proprietà di una parte comune
=> Quali sono gli effettivi poteri di conduzione dell'assemblea in capo all'amministratore condominiale?