In tema di locazioni commerciali, il mancato pagamento dei canoni d'affitto solleva il locatore dall'obbligo di emettere fattura e di versare l'IVA, ma non dal dichiarare i canoni e dal versare le relative imposte dirette, a meno che non sia intervenuta una causa di risoluzione del contratto.
Questo il principio di diritto stabilito dalla sezione tributaria della Corte di Cassazione con la sentenza n. 21621 del 23 ottobre 2015. Gli Ermellini hanno parzialmente accolto il ricorso presentato dall'Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Roma, che aveva rigettato l'appello proposto dall'Ufficio nei confronti di una società che, non avendo percepito i canoni di locazione di un locale commerciale per morosità dell'inquilino, non aveva provveduto ad emettere la fattura e a versare l'IVA.
La decisione in commento si fonda sulla disciplina di dettaglio ai fini dell'Iva e delle imposte dirette delle locazioni commerciali. Per queste ultime - qualificabili come prestazioni di servizi nell'imposizione indiretta - il momento impositivo in cui sorge l'obbligo di documentare con fattura l'operazione e di assolvere la relativa imposta è l'atto del pagamento del corrispettivo.
Tanto si desume dal combinato disposto degli artt. 3, comma 3 e 6, comma 3, primo periodo, del DPR n. 633/1972, ai sensi del quale le prestazioni di servizi sono soggette ad IVA solo se rese verso un corrispettivo e “si considerano effettuate all'atto del pagamento”. Ne consegue che, in caso di morosità del conduttore, il momento impositivo ai fini dell'imposta armonizzata citata non sorge affatto e “il locatore non è tenuto a emettere fattura”.
La disciplina cambia con riferimento all'imposizione diretta. Infatti, l'art. 26 del TUIR (DPR n. 917/1986) stabilisce una regola differente per l'imputazione soggettiva dei redditi derivanti dalla locazione di immobili non abitativi: i redditi fondiari “concorrono,indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale…per il periodo di imposta in cui si è verificato il possesso”.
Quindi, al contrario di quanto avviene nell'imposizione indiretta, in quella diretta il mancato pagamento del corrispettivo risultante dal contratto di locazione non fa venire meno l'obbligo di dichiararlo ai fini delle imposte dirette, a meno che non sia intervenuta una causa di risoluzione del contratto.
Su quest'ultimo punto, peraltro, si registra l'intervento della Corte Costituzionale che, proprio con riferimento all'art 23 TUIR (oggi 26), aveva osservato che il sistema di tassazione delle locazioni commerciali non è irragionevole proprio per la possibilità data dall'ordinamento (artt. 1456 e 1454 c.c.; art. 657 e ss. c.p.c.) ai locatori di avvalersi dei rimedi per ottenere la risoluzione dei relativi contratti, accedendo al sistema di tassazione basato sulla rendita catastale.
Si delinea dunque un regime di sfavore riservato alle locazioni commerciali di beni immobili strumentali rispetto a quelle per finalità abitative, essendo previsto soltanto per queste ultime che i canoni di locazione “se non percepiti, non concorrono a formare il reddito dal momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore” e che nel caso di imposte già versate su canoni venuti a scadenza non percepiti (accertati nell'ambito del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto) “è riconosciuto un credito di imposta di pari ammontare”.
il mancato pagamento dei canoni d'affitto solleva il locatore dall'obbligo di emettere fattura e di versare l'IVA
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