Che cosa deve fare il condomino che intenda utilizzare le parti comuni per realizzare un'innovazione a suo vantaggio?
Quali sono i limiti dell'uso delle cose comuni?
Quali sono i poteri dell'assemblea in merito?
Quali le conseguenze per l'esercizio arbitrario del diritto d'uso e del potere deliberativo?
Ci sono sentenze la cui utilita' sta nel fare chiarezza, affermando un principio, oppure rafforzandolo o ribadendolo. Altre pronunce hanno una funzione (oltre quella per lo specifico caso risolto) che si potrebbe definire riepilogativo: esse contengono l'insieme di quei principi pia'¹ volte espressi in altre pronunce e li contengono tutti assieme, ordinandoli e catalogandoli quasi si trattasse d'un approfondimento tematico.
La sentenza n. 2175 resa dal Tribunale di Milano il 21 febbraio 2017 ha questo valore; vediamo perchè.
Oggetto del contendere era l'installazione di un ascensore deliberata dall'assemblea condominiale. L'occasione e' stata propizia per il giudicante al fine di operare una distinzione tra innovazioni deliberate dall'assemblea e innovazioni individuali.
E su questa ultima tipologia che ci soffermeremo.
In primis il giudice meneghino ha ricordato che la norma di riferimento per le innovazioni individuali e' l'art. 1102 c.c., in base al quale ciascun condomino che intende realizzarle a proprie spese senza gravare sulle tasche degli altri condomini, puo' farlo purchè tali innovazioni non alterino la destinazione della cosa comune cui accedono e non impediscano agli altri condomini di farne parimenti uso secondo il rispettivo diritto.
In questo contesto va comunque tenuto in considerazione il disposto dell'art. 1120, ultimo comma, c.c. che vieta le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilita' o alla sicurezza dei fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino.
Esso, infatti, dice il Tribunale di Milano “ha portata generale e si applica anche alle innovazioni che il singolo condomino puo' apportare alla cosa comune ai sensi dell'art. 1102 c.c.: la norma e' stata ubicata dal Legislatore nelle maglie dell'art. 1120 c.c. proprio per rimarcare il fatto che il divieto ivi contenuto costituisce limite invalicabile anche alla maggioranza dei condomini”.
E' questo per quanto riguarda le regole da osservare per la realizzazione di innovazioni individuali. Vediamo adesso che cosa dice il giudice milanese in merito al quando e' possibile realizzarle.
Si legge in sentenza che “per realizzare innovazioni, sia pur nei limiti di cui agli artt. 1102 e 1120 c.c., il condomino non ha necessita' di chiedere l'autorizzazione dell'assemblea, salve eventuali limitazioni contenute dei regolamenti condominiali di natura contrattuale cui i condomini si siano vincolati in sede di costituzione del condominio o di acquisto del bene in condominio, rientrando il potere di realizzazione di innovazione nell'orbita di un diritto soggettivo spettante al singolo condomino sia pure nei limiti previsti dalla legge”.
Resta comunque l'obbligo di richiedere le abilitazioni amministrative (d.p.r. n. 380/01) ove necessarie.
Al diritto di agire liberamente e senza preventiva autorizzazione, chiosa il Tribunale di Milano, corrispondere la facolta' d'agire in capo “al Condominio od ai singoli condomini che vogliano contrastare l'innovazione di volta in volta considerata dimostrare in concreto l'esistenza di un elemento ostativo rientrante tra quelli menzionati nell'ultimo comma dell'art. 1120 c.c. o nell'art. 1102 c.c. pena, in mancanza, la declaratoria di nullita' della delibera assembleare che ne abbia rigettato la fattibilita' ”.
Come spesso abbiamo detto nei vari articoli a commento dell'art. 1102 c.c.: ognuno puo' fare cio' che vuole sulle parti comuni senza autorizzazioni preventive, ma questo non lo assicura dal rischio di contestazioni successive.
=> Innovazioni in condominio e poteri d'iniziativa: il progetto dei condo'mini