“Il condominio e' responsabile, a norma dell'articolo 2051 del Codice civile, in tema di responsabilita' da custodia, dei vizi e difetti della costruzione dell'edificio che provocano umidita' e infiltrazioni nei locali di proprieta' di un condomino.
Non conta nulla che, nel progetto iniziale, i locali fossero indicati come cantine non abitabili.
Cio' che conta e' infatti che l'infiltrazione derivi da una parte comune (i muri perimetrali) e che il nesso causale tra il fatto (cioe' l'insufficiente coibentazione/impermeabilizzazione dei muri) e l'evento (cioe' l'infiltrazione) non sia stato interrotto da un intervento fatto del danneggiato (per esempio, la trasformazione da parte del condomino dei locali da magazzino ad appartamento abitabile).” Questo e' il principio di diritto espresso dal Tribunale di Livorno con la sentenza n. 688 del 23 giugno 2017 in merito al risarcimento danni da infiltrazioni.
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I fatti di causa. Tizietta, esponendo di essere proprietaria di un appartamento sito al piano terra del condominio, con atto di citazione conveniva davanti al Tribunale di Livorno il CONDOMINIO Beta, precisando di aver riscontrato da tempo consistenti fenomeni di infiltrazioni dovuti alla mancanza di opere in prossimita' delle pareti perimetrali per impedire l'assorbimento di umidita' .
A tal proposito, l'attrice evidenziava di aver promosso procedimento ex 696-bis c.p.c. e che il CTU nominato, aveva riscontrato i danni da umidita' , indicando le opere da eseguire, alcune attinenti alle pareti interne dell'immobile, altre relative alle pareti esterne e, in particolare, la costruzione di una intercapedine per allontanare al terra a contatto delle pareti, limitatamente alla porzione di resede di proprieta' dell'attrice.
A seguito dell'elaborato peritale, il condominio aveva deliberato di procedere solo a interventi parziali relativi all'intercapedine.
Premesso quanto esposto, parte attrice, ha chiesto la condanna del convenuto condominio alla esecuzione di tutti i lavori indicati nel perizia del CTU.
Costituendosi in giudizio, il Condominio Beta eccepiva che l'umidita' era dovuta ad un fenomeno di imbibizione diretta dal terreno circostante e quindi in sostanza a caso fortuito; inoltre, evidenziava che gli interventi suggeriti dal CTU per una porzione di mura perimetrali risultavano sostanzialmente irrealizzabili, anche per la presenza di alberature ed in particolare di un pino secolare le cui radici rischiavano di essere compromesse.
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La responsabilita' del custode. La norma cui fare riferimento in simili situazioni e' l'art. 2051 c.c. che recita: “ciascuno e' responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”. A tal proposito, giova ricordare che in tema di responsabilita' civile per i danni cagionati da cose in custodia, la fattispecie dell'art. 2051 c.c. individua un'ipotesi di responsabilita' oggettiva e non una presunzione di colpa, essendo sufficiente per l'applicazione della stessa norma, la sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all'evento lesivo.
Sul punto, la giurisprudenza e' ormai granitica nell'affermare che il limite della responsabilita' del custode ex art. 2051 c.c. risiede nell'intervento del caso fortuito inteso come un fattore esterno (che puo' essere anche il fatto del terzo o dello stesso danneggiato) imprevedibile ed eccezionale, idoneo ad interrompere il nesso causale, con la conseguenza, in tema di ripartizione dell'onere della prova, mentre compete al danneggiato dimostrare l'esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l'evento lesivo, incombe al custode l'onere della prova liberatoria del caso fortuito. (In tal senso Cass. 12329/2004, 376/2005, 2563/2007 e 11695/2009).
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Il precedente della Cassazione civile del 29/11/2011 n. 25239 (esclusione della responsabilita' ). Nel caso di specie, la Suprema Corte, in una fattispecie relativa ad un'azione di risarcimento danni promossa a seguito di dannose infiltrazioni di acqua ed umidita' provenienti da muri comuni di un condominio ed interessanti un locale seminterrato di proprieta' esclusiva, ha confermato la sentenza della corte di merito la quale aveva accertato che il 'fatto del danneggiato', costituito dal mutamento di destinazione d'uso del locale da magazzino ad ufficio commerciale - impedendo la normale aereazione del locale medesimo, le cui caratteristiche costruttive erano in origine compatibili con tale aereazione - aveva avuto un efficacia causale tale da interrompere il nesso tra la cosa e l'evento dannoso, integrando il 'caso fortuito' richiesto dalla legge affinchè il proprietario custode risultasse esente da responsabilita' .
Il ragionamento del Tribunale di Livorno. A seguito della CTU, era emerso che i danni da umidita' e da infiltrazioni potevano essere eliminati, con interventi sulle pareti interne dell'appartamento, sulle pareti esterne, nonchè con la costruzione di una intercapedine.
Dalla perizia risultava, tra l'altro, che la quota della falda acquifera - anche se variabile in funzione della stagione – poteva costituire una concausa dei fenomeni lamentati.
Contrariamente a cio', il condominio beta evidenziava che i locali erano originariamente destinati, a cantina e che a seguito di variante nel 1962 erano stati trasformati in civile abitazione (l'appartamento era privo del rapporto aero/illuminante prescritto).
Premesso cio', il Giudice, conformemente a quanto precisato dalla giurisprudenza di legittimita' , ha avuto modo di evidenziare che 'l'umidita' conseguente ad inadeguata coibentazione delle strutture perimetrali di un edificio, puo' integrare, ove sia compromessa l'abitabilita' e il godimento del bene, grave difetto dell'edificio ai fini della responsabilita' del costruttore ex art. 1669 c.c.
Tuttavia, qualora il fenomeno sia causa di danni a singoli condomini, nei confronti di costoro e' responsabile in via autonoma ex art. 2051 c.c. il condominio, che e' tenuto, quale custode, ad eliminare le caratteristiche lesive insite nella cosa propria (Cassazione civile, sez. II, 15/04/1999, n. 3753).
Nella fattispecie in esame (a differenze del citato precedente della Cass. n. 25239/2011) il mutamento di destinazione (da cantina ad abitazione) e' avvenuto contestualmente alla realizzazione dell'immobile.
Cio' posto il condominio e' quindi tenuto ad eseguire le opere destinate ad eliminare o comunque attenuare le infiltrazioni di umidita' , riconducibili comunque a fattori rientranti nell'ambito di responsabilita' dello stesso, anche secondo la ripartizione indicata dal CTU (terreno circostante le murature, sottosuolo, smaltimento delle acque da parte delle grondaie condominiali).
In conclusione, alla luce di tutto quanto innanzi esposto, Il Tribunale di Livorno con la pronuncia in commento ha accolto il ricorso della condomina Tizietta; per l'effetto, il Giudice ha condannato il Condominio Beta alla realizzazione dei 'pozzetti drenanti' secondo le indicazioni della relazione del CTU ed al pagamento di complessivi Euro 6.160,00, quale contributo alla esecuzione delle opere di risanamento delle murature indicate dal CTU del procedimento ex 696-bis c.p.c.
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