Quando i comportamenti quotidiani si scontrano con la severita' dei principi di diritto, non sempre il risultato appare giusto.
Questo, almeno, viene da pensare leggendo cio' che stabilito la Corte di Cassazione penale con la sentenza n. 47317 resa a seguito di discussione in pubblica udienza del 28 ottobre 2016.
La questione riguarda il delitto di evasione, la sua configurabilita' e pia'¹ nello specifico l'evasione dalla detenzione domiciliare della persona ristretta in un appartamento in condominio.
Che cosa vuol dire, ai fini penali, evadere?
Evadere vuol dire sottrarsi allo stato di detenzione o di arresto (pia'¹ in generale di privazione della liberta' personale) legalmente stabilito.
Il primo comma dell'art. 385 del codice penale recita:
“Chiunque, essendo legalmente arrestato o detenuto per un reato, evade, e' punito con la reclusione da uno a tre anni”.
I commi successivi contengono previsioni di circostanze aggravanti. Come si applica la norma quando si e' detenuti agli arresti domiciliari in un edificio in condominio?
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Al quesito ha risposto la Corte di Cassazione con la sentenza in esame.
Una persona, detenuta agli arresti domiciliari, era stata condannata sia in primo che in secondo grado per essere evasa: la sua condotta si era sostanziata nello stazionamento nelle parti comuni dell'edificio, che per costante giurisprudenza, sono considerate luoghi differenti da quello di detenzione, per quanto ad esso pertinenziali.
Il legale del condannato proponeva ricorso in Cassazione: a suo modo di vedere non poteva non essere preso in considerazione il contesto. Il suo cliente non era stato colto nella flagranza di una fuga, ma intento a spazzare un'area vicino il cancello condominiale, tra l'altro in mutande, canotta e ciabatte. Mancava la vestaglia sporca di sugo di pomodoro per completare il quadro.
Niente da fare: per la Cassazione anche quella condotta configura il delitto di evasione.
Secondo gli ermellini, infatti, 'per abitazione deve intendersi il luogo in cui la persona conduce la propria vita domestica e privata, con esclusione di ogni altra appartenenza, quali aree condominiali, dipendenze, giardini, cortili e spazi simili che non ne costituiscano parte integrante'.
Uniche eccezioni, chiosano da piazza Cavour sono rappresentate da quei casi 'in cui sussista continuita' spaziale tra abitazione ed ambito accessorio, affermandosi cosa'¬ <che non puo' essere escluso dal concetto di abitazione un'area condominiale, un giardino o un cortile che non presentino soluzioni di continuita' con la medesima'.
Non era questo, a loro modo di vedere, il caso; il detenuto meritava la condanna. Indubbiamente i giudici hanno voluto mantenere fermo un principio di severita' rispetto ad una materia particolarmente delicata.
Certo e' che leggendo alcune sentenze pare che certe durezze potrebbe essere evitate, tenendo a mente quel principio di effettiva offensivita' cui dovrebbe essere informato il nostro diritto penale.
Quanti condizionali sono presenti in questo periodo…quanta strada ancora da fare!