L'amministratore di condominio non ha – salvo quanto previsto dagli artt. 1130 e 1135 c.c. in tema di lavori urgenti – un generale potere di spesa, in quanto spetta all'assemblea condominiale il compito generale non solo di approvare il conto consuntivo, ma anche di valutare l'opportunità delle spese sostenute dall'amministratore.
Ne consegue che, in assenza di una deliberazione dell'assemblea, l'amministratore non può esigere il rimborso delle anticipazioni da lui sostenute, perché, pur essendo il rapporto tra l'amministratore ed i condomini inquadrabile nella figura del mandato, il principio dell'art. 1720 c.c. – secondo cui il mandante è tenuto a rimborsare le spese anticipate dal mandatario – deve essere coordinato con quelli in materia di condominio, secondo i quali il credito dell'amministratore non può considerarsi liquido né esigibile senza un preventivo controllo da parte, dell'assemblea.
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In applicazione di tali principio di diritto, più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. civ. 27.6.2011 n. 14197; Cass. civ. 20.8.2014 n. 18084), la Corte d'appello di Napoli ha confermato il rigetto della domanda di restituzione avanzata da una S.p.a. per le somme che asseriva di aver anticipato per conto del condominio da essa amministrato.
Secondo la corte territoriale partenopea, la società amministratrice avrebbe dovuto dimostrare rigorosamente le spese erogate, provando sia le forniture e i servizi ricevuti da terzi, sia di aver provveduto al pagamento, sia di aver personalmente fatto fronte con propri fondi a queste spese, che dovevano risultare superiori agli incassi.
Tale onere probatorio, nel caso di specie, non è stato adempiuto. Infatti, la società ha omesso di precisare quali erano le forniture ed i servizi di cui assumeva avere anticipato i corrispettivi e come aveva determinato l'ammontare del preteso credito. Neppure chiaro risulta come avesse concretamente quantificato il debito di ciascuno dei condomini convenuti. Inoltre, la società s.p.a.ha prodotto in giudizio una gran mole di documenti contabili, relativi agli anni in cui aveva ricoperto l'incarico di amministratore, senza tuttavia alcuno specifico e pertinente riferimento all'ammontare del credito che tali documenti avrebbero dovuto provare e senza, comunque, dimostrare di aver fronteggiato gli esborsi con fondi propri.
Da questa angolazione prospettica, anche il rifiuto di espletare la CTU contabile da parte del giudice di primo grado deve considerarsi corretto, perché la consulenza d'ufficio avrebbe avuto una inammissibile finalità esplorativa, diretta a far fronte alle carenze probatorie dell'attrice.
Il rimborso delle anticipazioni spetta solo se l'anticipazione è stata legittimamente approvata. Anche da questo punto di vista, la documentazione contabile prodotta in giudizio è stata ritenuta insufficiente. L'amministratore, infatti – salvo le spese urgenti ex artt. 1130 e 1135 c.c. – è privo di un generale potere di spesa, in quanto spetta all'assemblea condominiale il compito generale non solo di approvare il conto consuntivo, ma anche di valutare l'opportunità delle spese sostenute dall' amministratore; ne consegue che, in assenza di una deliberazione dell'assemblea, l'amministratore non può esigere alcun rimborso delle anticipazioni da lui sostenute.
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