Qualche settimana fa, sui canali social in seguito ad alcune riflessioni sulla figura del manager immobiliare, si e' accesso un intenso dibattito sulla identificazione e sui compiti di questo nuovo 'soggetto'. Sostanzialmente si sono aperte due correnti di pensiero, nettamente opposte.
I commenti giunti alla nostra redazione ci hanno spinto a produrre qualche riflessione in merito, cercando di giustificare quanto scritto dal dettato normativo oggi in vigore.
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Una suggestiva interpretazione della legge 220/12. In ambito condominiale da molto tempo si discute della presenza di una nuova figura professionale, che nell'immaginario di pochi rappresenterebbe l'evoluzione del classico amministratore di condominio, ovverosia parliamo del cosiddetto 'manager immobiliare' del terzo millennio.
Tale presunto rivoluzionario professionista rappresenta il frutto di una suggestiva interpretazione della legge 220/12, che ambisce a tramutare l'amministratore di condominio in una specie di manager d'azienda calato nell'attuale realta' condominiale, con il compito e soprattutto con il potere di gestire il fabbricato condominiale in un modo nuovo.
Il manager immobiliare sarebbe colui che fa parte di un team di persone o meglio di un network in grado di conoscere il grado di soddisfazione dei condo'mini-clienti e di gestire, attraverso il suo 'staff manager territoriale', il potere di stipulare, liberamente, convenzioni e contratti in materia di servizi integrati.
Il compito principale del manager immobiliare sarebbe quello di gestire i problemi socio-economici e psicologici dei condo'mini, dirigendo le risorse che l'azienda-condominio mette a disposizione per l'amministrazione del fabbricato.
Manager immobiliare e figure affini. In particolare si parla anche di amministratore 'building manager', che corrisponderebbe ad una figura avvezza a gestire la manutenzione dei beni condominiali, da un punto di vista tecnico, ma poco incline a gestire gli aspetti prettamente contabili, fiscali e legali del condominio.
Al livello ancora piu' alto si ragiona di amministratore di condominio 'asset management', che sarebbe una sorta di mandatario, con ampi poteri decisionali e valutativi attinenti al fabbricato condominiale ed agli immobili dei suoi condo'mini-clienti.
In buona sostanza si discute di figure imprenditoriali, con poteri plurimi ed a libera interpretazione, che hanno ben poco a che fare con l'amministratore di condominio disciplinato dal codice civile.
La legge 220/12, che ha modificato a macchia di leopardo la normativa condominiale, ha consolidato il ruolo dell'amministratore quale organo esecutivo del condominio, con compiti specifici in materia contabile fiscale e di recupero del credito.
E quindi non si comprende a quale contesto normativo e giurisprudenziale, in materia condominiale, si riferiscono coloro che riconoscono ampi poteri decisionali e valutativi delegati in capo all'amministratore di condominio.
Invero, sotto tale profilo, la riforma del condominio, all'art. 67, comma 5 disp. att. c.c. ha addirittura negato all'amministratore la possibilita' di ricevere le deleghe dei condo'mini, per discutere e votare in seno all'assemblea condominiale, con l'effetto che l'eventuale delibera votata illegittimamente dall'amministratore, sarebbe impugnabile ai sensi dell'art. 1137 c.c., indipendentemente dalla sussistenza o meno di un conflitto d'interessi.
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Il manager si scontra con le norme del codice civile. L'amministratore di condominio nell'idea del legislatore non e' l'imprenditore di cui all'art. 2082 c.c., che scambia beni e servizi e gestisce l'impresa organizzando e dirigendo la produzione. L'amministratore, invece, e' un rappresentante dell'ente di gestione condominiale, con funzione di comune mandatario, che agisce in nome e per conto del condominio, senza interferire nei diritti di proprieta' dei singoli condo'mini.
Tale rappresentanza esercitata dall'amministratore, che e' limitata dalla legge, non puo' essere assimilabile, nemmeno lontanamente, a quella generale prevista dall'art. 2384 comma 1 c.c. per gli amministratori di societa' commerciali.
D'altronde tra l'amministratore di condominio ed i condo'mini non sussiste alcun rapporto di subordinazione, tale da poter legittimare lo stesso amministratore a manifestare una sorta di volonta' imprenditoriale vincolante per i condo'mini e tipica del diritto societario.
Piuttosto il legislatore, per scongiurare ingerenze pericolose dell'amministratore, ha espressamente previsto, all'art. 1133 c.c., la possibilita' per i condo'mini di impugnare i provvedimenti adottati dallo stesso amministratore, che in qualche modo ecceda la sua sfera di competenza.
Pertanto, in assenza di supporto normativo, e' difficile stabilire quale atto dell'amministratore di condominio sia da considerarsi eseguito in ossequio al mandato ricevuto, all'infuori di quelli, arcinoti, elencati negli art. 1129 e 1130 c.c., che disciplinano innanzitutto l'obbligo di eseguire le deliberazioni assembleari e l'obbligo di provvedere alla riscossione delle quote condominiali, anche in via coattiva.
Ragion per cui, l'amministratore, quale organo esecutivo condominiale, ha margini di manovra ristretti rispetto all'assemblea di condominio, che esercita il potere deliberativo. E quindi non si comprende su quale norma farebbe leva il potere dell'amministratore di stipulare autonomamente convenzioni e contratti attraverso lo 'staff manager territoriale'. In proposito si osserva, a titolo di esempio, che i contratti relativi alla fornitura elettrica del condominio o del gas non rientrano tra i poteri di gestione ordinaria dell'amministratore e devono essere deliberati dall'assemblea dei condomini, cosa'¬ come pure il contratto d'assicurazione del fabbricato condominiale.
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Poteri decisionali ristretti. La legge 220/2012, che ha riformato le attribuzioni dell'amministratore, non ha disciplinato la possibilita' per l'amministratore di stipulare contratti in nome e conto dei condomini, quindi perchè pensare il contrario, con il rischio che lo stesso amministratore venga revocato per gravi irregolarita' gestionali, a seguito di mancata ratifica del suo operato da parte dell'assemblea.
E quindi altro che 'manager immobiliare' o 'building manager' oppure 'asset management' e derivati vari dell'imprenditore calati in condominio.
La realta' vera dei condomini registra un'alta morosita' dei condo'mini nell'ambito di una diffusa situazione di crisi economica, che espone l'amministratore a destreggiarsi nella gestione di scarse risorse, con le quali deve tamponare i debiti e garantire i servizi ordinari, in numerosi contesti condominiali a dir poco complessi e per lo piu' litigiosi, e cio' per ricevere in cambio un onorario tra i piu' bassi d'Europa, in un mercato privo di regole.
Avv. Michele Orefice www.oreficestudio.it