Il coniuge mero compossessore dell'appartamento in condominio, di proprieta' della di lui consorte, non puo' considerarsi condominio. Di conseguenza, non e' legittimato ad impugnare le delibere condominiali, nè ad agire nei confronti dell'amministratore per ottenere l'adempimento di obblighi di fare, non sussistendo tra le parti alcun rapporto contrattuale, nè a carico dell'amministratore alcun obbligo di legge nei suoi confronti.
Lo ha affermato il Tribunale di Modena con la sentenza n. 290 del 22 febbraio 2017, che si sofferma intorno alla nozione di condomino.
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Ai fini della qualificazione di un soggetto quale “condomino” – osserva il Giudice emiliano – non rileva tanto l'esistenza di un atto pubblico di trasferimento della proprieta' frazionata di una parte dell'edificio condominiale (questione che puo' riguardare, se mai, il problema dell'opponibilita' della qualita' di condomino nei confronti dei terzi), quanto l'esistenza di un negozio effettivamente traslativo di tale diritto, anche se concluso con mera scrittura privata.
La qualita' di condomino, poi, puo' essere rivestita anche dall'originario proprietario dell'immobile, qualora egli, successivamente al frazionamento dell'edificio ed alla vendita delle unita' immobiliari, si sia riservato la proprieta' anche di una sola porzione dell'edificio predetto.
Condomino, infine, e' da considerarsi non solo colui il quale sia proprietario di una o pia'¹ unita' immobiliari, ma anche, ad esempio, il proprietario del solo lastrico solare o del cortile, di un box, di una cantina ovvero di una soffitta.
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Non possono, invece, considerarsi condomini nè il mero possessore dell'unita' immobiliare, l'usufruttuario l'inquilino, nè tantomeno chi si comporti come condomino, ma non possa vantare alcun titolo di proprieta' (c.d. condomino apparente).
Sulla base di tali principi – espressi in maniera unanime da dottrina e giurisprudenza – il Tribunale di Modena ha dichiarato il difetto di legittimazione attiva del coniuge del proprietario dell'immobile, in quanto mero compossessore dell'appartamento sito nel condominio e, di conseguenza, non legittimato ad impugnare le delibere assembleari e ad agire in giudizio nei confronti dell'amministratore.
Ai sensi dell'art. 1137 c.c., infatti, le delibere assunte dall'assemblea dei condomini possono essere impugnate esclusivamente dagli stessi. Nel caso di specie, invece, il soggetto che aveva impugnato la delibera assembleare non puo' in alcun modo considerarsi “condomino” del Condominio citato in giudizio.Egli,infatti, non e' proprietario dell'appartamento in cui lo stesso abita, essendone proprietaria la moglie.
Nè e' possibile applicare, nella fattispecie, l'art. 10 della L. n. 392/78, che riconosce il diritto del conduttore ad impugnare le delibere assembleari in materia di riscaldamento e condizionamento condominiali.
Tale disposizione non puo' essere interpretata estensivamente, nel senso di attribuire al conduttore il potere generale da'¬ sostituirsi al proprietario nella gestione dei servizi condominiali, nè di impugnare le delibere assembleari,avendo la stessa carattere eccezionale rispetto alla disciplina del condominio degli edifici.
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