La legge di riforma del condominio (legge n. 220/2012) ha introdotto una semplice norma il cui intento è quello di rendere ancor più trasparenti i rapporti tra amministratore e compagine.
Il riferimento è all'art. 1129, quattordicesimo comma, c.c. che recita: “l'amministratore, all'atto dell'accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l'importo dovuto a titolo di compenso per l'attività svolta”.
Patti chiari, si direbbe usando un vecchio slogan bancario. Insomma all'inizio del mandato, l'amministratore dovrà dire all'assemblea il costo per l'espletamento del medesimo; non dovesse farlo la nomina sarebbe nulla e il rischio di “non beccare un euro” da quel condominio molto alto.
D'altra parte non è raro il caso di amministratori che, in passato, hanno presentato preventivi di gestione molto bassi, infarcendoli, poi, di spese straordinarie al momento dell'approvazione del rendiconto.
A dire il vero già prima dell'entrata in vigore della legge 220, la Cassazione aveva avuto modo di esprimersi su questa pratica: bocciandola.
Siccome le cause condominiali sono tante ed i tempi della giustizia … (meglio stendere un velo pietoso!), si segnalano sentenze in materia di compenso dell'amministratore riguardanti la vecchia disciplina anche dopo il 18 giugno, ossia successive all'entrata in vigore della riforma.
Nel settembre 2013, ed in conformità a quanto già detto in passato, la Corte di Cassazione ha ribadito che “in tema di condominio, l'attività dell'amministratore, connessa ed indispensabile allo svolgimento dei suoi compiti istituzionali deve ritenersi compresa, quanto al suo compenso, nel corrispettivo stabilito al momento del conferimento dell'incarico per tutta l'attività amministrativa di durata annuale e non deve, pertanto, essere retribuita a parte (Cass. n. 3596/2003; n. 122047210)” (Cass. 30 settembre 2013 n. 22313).
E se l'amministratore presenta un preventivo di gestione per un compenso pari a 100 ed alla fine dell'anno richiede 150 oltre al rimborso delle spese?
Sempre nella stessa sentenza si legge che quando è stabilito un compenso forfettario a favore dell'amministratore, spetta all'assise il compito generale di valutare l'opportunità delle spese da esso sostenute e quindi il mandatario “non può esigere neppure il rimborso di spese da lui anticipate non potendo il relativo credito considerarsi liquido ed esigibile senza un preventivo controllo da parte dell'assemblea (Cass. n. 14197/2011)” (Cass. 30 settembre 2013 n. 22313).
Come dire: hai chiesto 100? E 100 ti spetta, a meno che l'assemblea non ti riconosca di più. E se l'amministratore è ostinato nel proprio intento? Se si tratta di anticipazioni può far causa per vedersi riconosciuto il diritto al rimborso, ma se si tratta di compensi extra, inutile tentate la giurisprudenza ed ora la legge parlano chiaro: si deve dire subito qual è il guadagno e se si vuole un'extra e questo non è riconosciuto dall'assemblea meglio “mettersi l'anima in pace”.
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