La vicenda. Il condominio aveva impugnato la sentenza del Tribunale di Milano in merito alla questione della legittimazione dell'amministratore e, in particolare, sulla ratifica da parte dell'assemblea delle iniziative giudiziali da lui autonomamente promosse.
La legittimazione processuale dell'amministratore. Quanto alla legittimazione attiva, la rappresentanza processuale del condominio, sancita dall'art. 1131 c.c., gli conferisce, il potere di agire autonomamente per la tutela di una vasta serie di diritti, come quelli relativi alle parti comuni dell'edificio, al recupero di crediti nei confronti dei terzi o dei condomini morosi, ad azioni di natura risarcitoria o per compiere atti conservativi.
La legittimazione attiva dell'amministratore concerne la possibilita' di agire in ogni grado di giudizio e gli conferisce, quindi, la facolta' di proporre qualsiasi tipo di impugnazione, ivi compreso il ricorso per Cassazione. Inoltre, a norma dell'art. 71 quater disp. att., l'amministratore e' legittimato a partecipare al procedimento di mediazione, che il c.d. 'Decreto del Fare' (D.L. 69/13) ha reso di nuovo obbligatorio per le controversie in materia di condominio, quelle, cioe', concernenti gli aspetti regolati dagli articoli da 1117 a 1139 del codice civile, nonchè dagli articoli da 61 a 72 delle relative disposizioni di attuazione.
Diversamente, nei casi di legittimazione passiva, l'amministratore di condominio puo' essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio, e percio' puo' resistere in giudizio, senza necessita' di ottenere apposita delibera assembleare, in tutti i casi in cui vengano promosse, contro il condominio, azioni di natura reale aventi ad oggetto parti comuni dell'edificio o nelle controversie relative ai servizi comuni.
A tal proposito, un'importante sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (n. 18332/2010) ha chiarito che, sebbene l'amministratore possa costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza previa autorizzazione dell'assemblea, egli deve in ogni caso ottenere da quest'ultima la necessaria ratifica del suo operato, per evitare una pronuncia di inammissibilita' riguardo al suo atto di costituzione o alla sua impugnazione. Invece, secondo costante giurisprudenza, nelle controversie che non rientrano tra quelle che potrebbe autonomamente proporre, ai sensi dell'articolo 1131 c.c., l'amministratore non e' legittimato a resistere in giudizio in rappresentanza del condominio, senza un'apposita autorizzazione dell'assemblea (Cass. civ. n. 2859/2014).
L'autorizzazione dell'assemblea. L'amministratore di condominio, in base al disposto dell'art. 1131 cod. civ., commi 2° e 3°, puo' anche costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza previa autorizzazione a tanto dall'assemblea, ma dovra' , in tale caso, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell'assemblea per evitare pronuncia di inammissibilita' dell'atto di costituzione ovvero di impugnazione.
Ne consegue che, anche in materia di azioni processuali, il potere decisionale spetta solo ed esclusivamente all'assemblea che dovra' deliberare se agire in giudizio, se resistere e se impugnare i provvedimenti in cui il condominio risulta soccombente.