Il fatto Il titolare di un albergo, all'esito di un giudizio abbreviato instaurato a seguito di opposizione a decreto di condanna, veniva condannato ad un'ammenda di 120 euro in quanto riconosciuto responsabile della fattispecie penale di cui all'art. 659, comma 1, c.p., «per avere non impedito o comunque permesso “che gli impianti tecnologici di trattamento aria, posti sulla copertura dell'edificio e a servizio dell'albergo, producessero rumore di intensita' tale da essere superiori ai limiti consentiti e tale da recare disturbo alle occupazioni e al riposo della popolazione residente».
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L'imputato ha quindi proposto ricorso per cassazione, deducendo le seguenti censure:
1) il giudice di prime cure ha erroneamente rigettato l'istanza di oblazione presentata contestualmente all'opposizione al decreto penale di condanna sulla base del presupposto che l'imputato non avesse provveduto ad eliminare le conseguenze dannose e/o pericolose della condotta; e altrettanto erroneamente ha giudicato inammissibile la nuova richiesta di oblazione, formulata all'udienza successiva, quando l'imputato si era invece gia' attivato per la rimozione delle cause dell'evento disturbante;
2) l'illecito contestato, consistendo solo nell'accertato superamento del limite differenziale notturno di cui all'art. 4, DPCM 14 novembre 1997, integrerebbe al pia'¹ la fattispecie – rilevante sul piano amministrativo –di cui all'art. 10, comma 2, l. 26 ottobre 1995, n. 447;
3) i rilievi fonometrici dell'ARPA erano stati eseguiti da un unico appartamento, vicino alla fonte rumorosa. Era dunque mancata – ad avviso del ricorrente – la prova dell'attitudine delle fonti sonore a disturbare una cerchia indeterminata di persone.
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La decisione: istanza di oblazione e procedimento per decreto di condanna Si rammenta in primo luogo cheanchenelle ipotesi di reato di cui all'art. 659, commi 1 e 2, c.p., la contravvenzione e' suscettibile di oblazione ex art. 162 e 162 bis c.p.: puo' cioe' essere estinta, a tutti gli effetti di diritto, mediante il pagamento di una somma di denaro.
In particolare, il contravventore potra' versare, prima dell'apertura del dibattimento ovvero prima del decreto penale di condanna, una somma corrispondente alla meta' del massimo dell'ammenda stabilita dalla legge per la contravvenzione commessa, oltre alle spese del procedimento – dimostrando in ogni caso di avere rimosso le cause dell'evento immissivo.
Come sottolineato in sede giurisprudenziale, la permanenza di conseguenze dannose o pericolose eliminabili da parte del reo risulta si pone specificamente quale condizione ostativa per l'imputato di poter beneficiare dell'oblazione di cui all'art. 162-bis (cd. oblazione discrezionale); pertanto, il giudice e' tenuto ad accertare, anche d'ufficio, se l'ostacolo non esista, o venga meno, motivando il suo convincimento, prima di ammettere l'imputato all'oblazione.
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Con particolare riferimento al procedimento per decreto, vengono in rilievo le disposizioni di cui agli artt. 141 disp. att. c.p.p. – ispirato ad una sollecitazione della definizione dei procedimenti mediante il ricorso all'oblazione quale strumento deflattivo – e 464, comma 2, c.p.p., che pone l'obbligo di informare l'imputato nel decreto penale della facolta' di richiedere l'ammissione al beneficio del pagamento, con conseguente estinzione del reato.
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Nel caso in oggetto la Suprema Corte rammenta appunto come le citate norme «si fanno carico della necessita' di contemperare le esigenze di deflazione dibattimentale e di rapida definizione del processo con quelle di favor verso una fattispecie estintiva di reato».
Detto contemperamento avviene attraverso la previsione di perentori termini di presentazione dell'istanza e un connesso regime di preclusioni: nel procedimento per decreto di condanna, «a seguito della notifica del decreto penale di condanna, l'imputato puo' proporre opposizione, la quale deve essere presentata entro il termine di 15 giorni dalla notificazione […].
Nel caso in cui il Pubblico Ministero non abbia avvisato la persona sottoposta alle indagini della facolta' di proporre istanza di oblazione, l'art. 141 disp. att. c.p.p. stabilisce che il decreto penale di condanna debba contenere menzione di detta facolta' ».
A questo punto, l'imputato, alternativamente, puo':
Oblazione e riti speciali Nella prima ipotesi – osserva la Corte di legittimita' - «trovera' applicazione la regola, chiaramente ispirata a ragioni di economi processuale, secondo cui nel giudizio conseguentemente instaurato, l'imputato non potra' presentare alcuna nuova richiesta di rito alternativo, nè potra' presentare una domanda di oblazione (art. 464, comma 3, c.p.p.)»; nel secondo caso, «sempre in omaggio ad un'esigenza di economia processuale», il giudice decidera' sulla domanda di oblazione prima di pronunciarsi su eventuali ulteriori istanze di rito alternativo. A questo punto:
- in caso di accoglimento dell'istanza di oblazione, il giudice pronuncera' sentenza di proscioglimento per intervenuta estinzione del reato;
- nell'ipotesi in cui la domanda di ammissione al be
Ricostruito il quadro normativo di riferimento, i giudici di legittimita' hanno pertanto rigettato il ricorso del gestore dell'albergo e confermato la correttezza delle valutazioni del giudice di prime cure: l'imputato, infatti, dopo la pronuncia del decreto penale di condanna, aveva proposto rituale opposizione al decreto, e contestualmente formulato istanza di oblazione ed, in subordine, di ammissione al giudizio abbreviato.
Respinta la richiesta di ammissione al beneficio del pagamento, si e' cosa'¬ instaurato il rito speciale e, come chiarito, del tutto correttamente il giudice per le indagini preliminare ha qualificato come inammissibile la nuova richiesta di oblazione.
La configurabilita' della fattispecie penale Relativamente poi alle altre doglianze del ricorrente, la Suprema Corte richiama in primo luogo il riferimento giurisprudenziale assunto dal ricorrente a sostegno della propria linea difensiva, secondo cui «qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione fissati secondo i criteri di cui alla legge 447/95, mediante impiego o esercizio delle sorgenti individuate dalla legge medesima, si configura il solo illecito amministrativo di cui all'art. 10, comma 2 della legge quadro; quando, invece, la condotta si sia concretata nella violazione di disposizioni di legge o prescrizion
Respinta la richiesta di ammissione al beneficio del pagamento, si e' cosa'¬ instaurato il rito speciale e, come chiarito, del tutto correttamente il giudice per le indagini preliminare ha qualificato come inammissibile la nuova richiesta di oblazione.
La configurabilita' della fattispecie penale Relativamente poi alle altre doglianze del ricorrente, la Suprema Corte richiama in primo luogo il riferimento giurisprudenziale assunto dal ricorrente a sostegno della propria linea difensiva, secondo cui «qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione fissati secondo i criteri di cui alla legge 447/95, mediante impiego o esercizio delle sorgenti individuate dalla legge medesima, si configura il solo illecito amministrativo di cui all'art. 10, comma 2 della legge quadro; quando, invece, la condotta si sia concretata nella violazione di disposizioni di legge o prescrizioni dell'autorita' che regolano l'esercizio del mestiere o dell'attivita' , sara' applicabile la contravvenzione sanzionata dall'art. 659 comma 2 c.p., mentre, nel caso in cui l'attivita' ed il mestiere vengano svolti eccedendo dalle normali modalita' di esercizio, ponendo cosa'¬ in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete, sara' configurabile la violazione sanzionata dall'art. 659, comma 1 c.p.» (Cass. pen. sez. III, 21 gennaio 2015, n. 5735).
E osserva come, diversamente da quanto sostenuto dall'imputato, detta sentenza confermi la correttezza del convincimento del primo giudice: infatti, nella fattispecie in questione, da un lato le fonti sonore superavano i limiti assoluti o differenziali fissati dai provvedimenti normativi in materia, dall'altro era stato accertata l'idoneita' dei rumori prodotti ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone – circostanza che esclude appunto la configurabilita' dell'illecito amministrativo.
Inoltre, la contravvenzione in questione era stata giustamente ricondotta all'operativita' del comma 1, non comma 2, dell'art. 659 c.p. poichè non si era ravvisata la violazione di altre prescrizioni legali o dell'Autorita' diverse da quelle impositive dei limiti in materia di immissioni acustiche.
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Infine, relativamente alla presunta inadeguatezza della motivazione della sentenza impugnata circa la plurioffensivita' dell'evento contestato, la Cassazione, pur rammentando che si tratta di accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimita' , sottolinea che, in ogni caso, il Tribunale aveva accertato che il rumore prodotto dall'impianto di trattamento di aria dell'hotel fosse effettivamente idoneo a recare grave disturbo alle occupazioni e al riposo dei residenti del condominio sito al numero civico immediatamente precedente a quello dell'albergo.