La normativa. L'amministratore di condominio e' tenuto a gestire la cassa condominiale per il tramite di un conto corrente dedicato. L'articolo 1129, comma sette, codice civile, al riguardo riferisce che. “L'amministratore e' obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonchè quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio […]”.
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Il beneficio che discende dall'esercizio di tale “legale e virtuosa” pratica e' duplice: salvaguarda i condo'mini mandanti e valorizza l'interesse alla corretta tenuta del registro della contabilita' (d cui agli articoli 1130 nr 7 e 1130 bis Codice civile); garantisce l'amministratore-mandatario personalmente nei confronti del fisco.
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Sotto tale ultimo profilo, la Corte di Cassazione, con ordinanza 1307 dell'24 maggio 2017 >, ha riferito sulle conseguenze personali discendenti in capo l'amministratore, sotto il profilo reddituale e tributario, in caso di situazioni in cui si verifica la “commistione di cassa”, e cioe' nell'ipotesi in cui questi ultimo faccia transitare sul proprio conto corrente personale fondi condominiali.
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Il fatto. Il caso che ci apprestiamo a trattare riguarda – per quanto e' dato supporre dalla sentenza in commento - la vicenda di un amministratore campano, il quale faceva affluire le somme dei condo'mini emesse a titolo di pagamento degli oneri condominiali, all'interno di un conto corrente bancario ad egli intestato.
L'Agenzia delle Entrate, a seguito di un controllo effettuato sul relativo reddito, ha verificato che nel conto corrente di rispettiva titolarita' sussistevano afflussi di danaro superiori rispetto alle entrate da questi dichiarare nella denuncia dei redditi (245 mila rispetto appena 40 mila).
In forza di cio', ha rettificato la relativa dichiarazione;ha accertato una maggiore somma imponibile;ha rideterminato l'esatto valore delle imposte da versare a titolo di IRPEF e IVA(sulla base del maggiore imponibile); ha applicato le sanzioni e gli interessi del caso.
La vicenda, perviene in tuta la relativa portata, avanti alla Suprema corte di Cassazione, la quale e' stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimita' della decisione del giudice di seconde cure (la Commissione tributaria Regionale della Campania, sezione Caserta), laddove aveva annullato l'avviso di accertamento emesso dall'Agenzia delle Entrate ritenendo che l'amministratore avesse superato la “presunzione”, semplicemente dimostrando che i versamenti ricevuti erano riconducibili ai condo'mini sulla scorta della rispettiva indicazione nominativa.
La Sentenza. I giudici di legittimita' hanno affermato che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l'accertamento effettuato dall'Ufficio finanziario si fondi su verifiche effettuate su conti correnti bancari, l'onere probatorio dell'Amministrazione e' soddisfatto, secondo l'articolo 32, DPR 600/1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, mentre si determina una inversione della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili, fornendo, a tal fine, una prova non generica, ma analitica, con indicazione specifica della riferibilita' di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate sia estranea ai fatti imponibili (conforme, Cass. civ. 18081/2010).
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Conclusione.Dalla vicenda e' dato trarre un assunto importantissimo per chi si adopera nell'esercizio professione di amministratore,il quale puo' essere sintetizzato come segue: il conto corrente condominiale e' un atto posto a garanzia, anche e soprattutto,dell'amministratore! Il corretto utilizzo del conto corrente condominiale(a norma dell'articolo 1129 codice civile), mette al riparo il professionista dagli effetti negativi che, diversamente, potrebbero discendere ora dal punto di vista civilistico (revoca del mandato per grave irregolarita' ) ora dal punto di vista fiscale (accertamento di un maggior reddito imponibile).
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Il testo dell'Ordinanza -->Corte di Cassazione ordinanza n° 1307 dell'11 maggio 2017
L'Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Napoli, n. 354/28/11, pubblicata il 15 novembre 2011, con la quale era sta confermata la pronunzia della Commissione Tributaria Provinciale di Caserta, che aveva accolto il ricorso proposto da ________________ contro l'avviso di accertamento in materia di I.V.A., I.R.PE.F. e addizionale regionale per l'anno d'imposta 2005 emesso dall'Agenzia delle Entrate, Ufficio di Caserta, con il quale era stata rettificata la dichiarazione dei redditi accertando un reddito da'¬ € 245.044,00 a fronte di quello dichiarato di € 43.512,00. Chiedeva la condanna del contribuente alla rifusione delle spese.
La Commissione Tributaria Regionale rigettava l'appello sull'assunto che il contribuente avrebbe superato la presunzione di cui all'art. 32. comma 1. n. 2 D.P.R. 600/1973, come modificata dalla legge n. 311/2004 (Finanziaria 2005) alla luce dei nomi indicati e della contiguita' parentale.
Con controricorso il contribuente deduceva che il ricorso e' inammissibile per la mancata esposizione dei fatti e non autosufficiente. Assumeva che la presunzione di cui all'art. 32 D.P.R. n. 600/1973 era stata superata dalla indicazione dei beneficiari dei prelievi e rilevava che la C.T.R. si era attenuta alla giurisprudenza di legittimita' .
Infine rilevava che non vi era vizio di motivazione. Concludeva per il rigetto del ricorso con vittoria di spese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Col primo motivo addotto a sostegno del ricorso la ricorrente deduce violazione dell'art. 32 D.P.R. n. 600/1973 in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ. in quanto, la Commissione Tributaria Regionale di Napoli ha erroneamente ritenuto che sia sufficiente l'indicazione dei nomi dei beneficiari per superare la presunzione di cui all'indicata norma, mentre la giurisprudenza di legittimita' ha affermato che e' onere del contribuente dimostrare che gli elementi desumibili dalla documentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili.
Col secondo motivo di ricorso la ricorrente deduce insufficienza e contraddittorieta' della motivazione su un fatto controverso in relazione all'art. 360, comma 5, cod. proc. civ. sulla ritenuta plausibilita' della giustificazione fornita dal contribuente.
Col terzo motivo di ricorso la ricorrente deduce violazione dell'art. 2697 cod. civ. in combinato disposto con l'art. 32 D.P.R. 600/1973 in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ.
Non e' vero che nel ricorso manchi l'esposizione dei fatti in guisa da rendere inammissibile il ricorso, posto che nello stesso sono trascritte le motivazioni della sentenza impugnata.
Il primo motivo di ricorso e' fondato. Questa Corte ha affermato che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l'accertamento effettuato dall'ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l'onere probatorio dell'Amministrazione e' soddisfatto, secondo l'art. 32 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, mentre si determina un'inversione dell'onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili, fornendo, a tal fine, una prova non generica, ma analitica, con indicazione specifica della riferibilita' di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili. (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 18081 del 04/08/2010 Rv. 615112 – 01).
In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza del giudice di appello che aveva ritenuto sufficiente la generica giustificazione fornita dal contribuente, svolgente l'attivita' di amministratore di condominio, che i versamenti sui propri conti correnti fossero ricollegabili al pagamento da parte dei condomini degli oneri di gestione condominiale (cfr. Sez.. 5, Sentenza n. 15857 del 29/07/2016 Rv. 640618 - 01).
Il Collegio condivide tale assunto e ne consegue che non e' sufficiente la indicazione dei beneficiari delle operazioni ma deve essere precisata la ragione delle operazioni in modo escluderne la riferibilita' ad operazioni imponibili. Sotto tale profilo sono fondati anche il secondo ed il terzo motivo di ricorso.
La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata con rinva'¬o ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale di Napoli per nuovo giudizio.
Il giudice di rinvio si atterra' al principio di diritto sopra enunciato e provvedera' sulle spese.
P.Q.M. LA CORTE Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale di Napoli, che provvedera' anche sulle spese del giudizio di Cassazione. Cosa'¬ deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Quinta Civile, il giorno 11 maggio 2017.