La questione. Tizio era stato imputato per la contravvenzione di cui all'art. 659 comma 1 c.p. nella sua qualita' di titolare della palestra in quanto arrecava disturbo al riposo e all'occupazione dei residenti limitrofi utilizzando, durante l'esercizio dell'attivita' , strumenti di diffusione sonora che diffondevano la musica ad alto volume in tutta la zona densamente abitata, con valore differenziale superiore al limite del valore limite fissato dalla legge.
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Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone. L'art. 659 c.p. prevede che “Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, e' punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a trecentonove euro.
Si applica l'ammenda da centotre euro a cinquecentosedici euro a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell'Autorita' ”. L'illecito disciplina un reato contravvenzionale, cio' vuol dire che il comportamento illecito potra' essere sanzionato sia a titolo di dolo (detto pia'¹ semplicemente per aver fatto rumore volontariamente) sia a titolo di colpa (per aver tenuto non volontariamente ma incautamente determinati comportamenti). L'interesse tutelato e' l'ordine pubblico ossia la quiete pubblica e privata.
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Il ragionamento del Tribunale. A seguito dell'espletata istruttoria era emerso che i corsi di fitness arrecavano fastidio (tre, quattro ore al giorno) fino alle dieci di sera. Per tali motivi, i residenti (esasperati dalla situazione) adivano le autorita' locali.
A seguito del sopralluogo della Polizia Municipale, il rilevatore fonometrico aveva rilevato dei valori sonori superiori a quelli consentiti dalla legge.
Sulla base di tale relazione e dall'esposto firmato dai residenti, il Sindaco del Comune di Chieti aveva emanato un'ordinanza con la quale si ordinava al titolare della palestra di non utilizzare apparecchiature che potevano provocare emissioni sonore oltre i limiti della soglia consentita dalla normativa vigente.
Nonostante cio', anche nei mesi seguenti, il rumore non diminuiva e per tali ragioni, vi fu un ulteriore sopralluogo della Polizia Municipale che verifico' la presenza di attivita' con strumenti rumorosi.
Premesso cio', nel caso di specie, era stata raggiunta la prova attraverso gli elementi indiziari (gravi e precisi) come il numero dei firmatari dell'esposto al Comune (circa 20), la deposizione dei residenti e infine i ripetuti interventi della Polizia Municipale.In virta'¹ di quanto esposto, ai fini della nozione di disturbo di cui all'art. 659 co.1 c.p., il giudice adito ha richiamato quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimita' in riferimento alla capacita' diffusiva dei rumori secondo cui “per la configurabilita' della contravvenzione di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone (articolo 659 del Cp) e' necessario che i rumori, gli schiamazzi e le altre fonti sonore indicate nella norma superino la normale tollerabilita' e abbiano, anche in relazione allo loro intensita' , l'attitudine a propagarsi e a disturbare un numero indeterminato di persone, e cio' a prescindere dal fatto che, in concreto, alcune persone siano state effettivamente disturbate; invero, trattandosi di reato di pericolo, e' sufficiente che la condotta dell'agente abbia l'attitudine a ledere il bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice, ed e' indifferente, invece, che la lesione del bene si sia in concreto verificata.
Peraltro, poichè il reato in questione, pur essendo caratterizzato dal fatto di essere un reato di pericolo, e', tuttavia, un reato di pericolo concreto, e' necessario che l'idoneita' potenziale alla lesione di una indeterminata pluralita' di persone si presenti e sia dimostrata in termini di concreta sussistenza. Tale dimostrazione, oltre a poter essere data attraverso misurazioni strumentali, puo' essere offerta attraverso l'analisi di diversi dati fattuali: quali l'ubicazione della fonte sonora, in particolare con riferimento al fatto se la stessa si trovi in un luogo isolato ovvero densamente abitato; l'esistenza o no di un rilevante rumore di fondo, che elida in misura pia'¹ o meno significativa l'idoneita' a diffondere i suoi effetti propria della fonte sonora; il fatto che si tratti di una emissione costante ovvero ripetuta, nel qual caso se siffatta ripetizione e' soggetta a periodi costanti, pia'¹ o meno brevi, ovvero se sia occasionale e sporadica; rimanendo, invece, eventualmente confinata nel diverso ambito dell'illecito civile, l'ipotesi in cui la lesione della quiete e del riposo delle persone concerna una ridotta e numericamente ben individuata categoria di soggetti” (Corte di Cassazione, Sezione 3 penale Sentenza 30 settembre 2014, n. 40329).
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Alla luce di quanto esposto “Il titolare della palestra rumorosa, a causa del disturbo della quiete pubblica, deve risarcire i danni alle parti civili”. Il Tribunale di Chieti lo ha condannato alla pena di euro 300 di ammenda oltre al pagamento delle spese processuali.
Quanto alle parti civili, l'imputato e' stato condannato al pagamento, a titolo risarcitorio, della somma di curo 800,00 in favore di ciascuna delle parti civili, nonchè alla rifusione delle spese processuali.