Commette il reato di appropriazione indebita aggravata dall'abuso di relazioni di ufficio e dalla rilevanza del danno, l'amministratore di condominio che si appropria di € 180.000,00 destinandoli a spese del proprio ufficio (non inerenti il condominio) e di carattere personale.
Questa, in somma sintesi, la decisione resa dalla Corte di Cassazione penale con la sentenza n. 40970 depositata in cancelleria il 29 settembre 2016 a seguito dell'udienza di discussione del 21 giugno dello stesso anno.
I fatti: un amministratore condominiale veniva condannato, tanto in primo quanto in secondo grado, per il reato di appropriazione indebita aggravata e continuata alla pena di un anno e sei mesi di reclusione nonchè alla multa di € 500,00
La sentenza di primo grado poi confermata in appello prevedeva anche un risarcimento del danno in favore del Condominio (costituito parte civile), disponendo una provvisionale, immediatamente esecutiva, nella misura di € 60.000.
La provvisionale e' una somma di denaro che il giudice liquida alla parte civile (o danneggiata) a titolo di anticipo sul maggior danno accertato. Insomma la provvisionale, in sede penale, altro non fa che anticipare la successiva condanna in sede civile.
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Era disposta, comunque, la sospensione condizionale della pena, subordinata pero' al pagamento della suddetta provvisionale. Da qui il ricorso in Cassazione dell'imputato
Come si era giunti a questa decisione? L'amministratore subentrato nella gestione del condominio a quello poi condannato aveva revisionato (meglio redatto nuovamente) i rendiconti di gestione e da questi erano emerse appropriazioni di ingenti somme di denaro da parte del suo predecessore. Prelevamenti assolutamente non riconducibili all'esercizio delle sue funzioni.
Tra le destinazioni delle somme distratte dall'uso cui erano destinate, si annotavano pagamenti di rifornimenti di carburante, di vestiti, del compenso della segretaria di studio, oltre che emissione di assegni a favore di soggetti non identificati.
A nulla sono valse le difese dell'amministratore tese a dimostrare che bisognava tenere conto del fatto che nè come amministratore nè come architetto operante a favore del condominio aveva mai riscosso compensi.
Insomma a fronte dell'impianto accusatorio non erano emerse prove che consentissero l'assoluzione per mancanza di rilevanza penale della condotta dell'imputato.
La Corte di Cassazione – in ultima istanza – ha rigettato il ricorso e confermato la condanna. Gli ermellini hanno considerato inammissibile il ricorso, poichè, contrariamente a quanto previsto dal codice di procedura penale le doglianze erano generiche oltre ad essere ”articolate sulla base di rilievi che tendono ad una rivalutazione del merito delle statuizioni della Corte territoriale; statuizioni, peraltro, nella specie operate dalla Corte di appello con argomenti esaurienti e privi di vizi logici sia sul punto responsabilita' , sia in punto determinazione del danno subito e relativa condanna risarcitoria”.
Come dire: in Cassazione si verifica se le leggi sono state applicate correttamente, non si puo' entrare nel merito. Per di pia'¹ chiosano i giudici, nel caso di specie non emergevano elementi dubbi. Insomma la prova era stata raggiunta, l'appropriazione v'era stata.
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