I fatti. Nel caso di specie due coniugi avevano stipulato un contratto preliminare con il venditore di un appartamento sito all'ultimo piano di un edificio in Milano; in particolare, i coniugi, con il suddetto contratto, si vincolavano ad acquistare l'appartamento e procedevano al versamento della caparra confirmatoria a favore dell'alienante.
Solamente in un secondo momento i promissari acquirenti venivano a conoscenza del fatto la copertura dell'edificio in questione era realizzata in eternit e cioe' materiale realizzato in fibrocemento e contenente amianto (nocivo per l'uomo!); tale circostanza ha portato i due coniugi a proporre, prima al giudice di primo grado e in seguito alla Corte d'Appello, domanda di risoluzione del contratto per inadempimento del promittente venditore, quest'ultimo veniva accusato di aver nascosto un vizio della cosa venduta ed in forza di tale vizio occulto se ne chiedeva la condanna alla restituzione del doppio della caparra confirmatoria ricevuta.
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La Corte d'Appello di Milano con sent. n. 1769/2012 rigettava la domanda proposta dai coniugi basandosi sulla considerazione che pur non essendo stato rimosso l'eternit dal tetto dell'edificio non sussisteva in realta' attualita' del pericolo avendo l'ARPA concretamente accertato tale circostanza.
Avverso la sentenza di secondo grado proponevano ricorso i promissari acquirenti.
La decisione della Corte Di Cassazione: i coniugi acquirenti impugnavano la sentenza del Giudice d'Appello sulla base di tre motivi di ricorso i quali pero' non sono risultati sufficienti ai fini di una riforma della sentenza di secondo grado ed infatti la Cassazione nella sentenza in esame conclude con il rigetto del ricorso e la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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La decisione della suprema corte si basa su due i concetti fondamentali, ai quali necessariamente si deve dare rilievo, espressi nell'Ordinanza della Corte di Cassazione che si sta esaminando:
E' percio' evidente la fondamentale importanza della manutenzione dell'eternit: una copertura in cattivo stato di manutenzione rilascia nell'ambiente fibre nocive per l'uomo.
nel secondo motivo di ricorso si richiama invece la Legge n. 257 del 27 Marzo 1992 con la quale il legislatore ha regolamentato “l'estrazione, l'importazione, la lavorazione, l'utilizzazione, la commercializzazione, il trattamento e lo smaltimento, nel territorio nazionale, nonchè l'esportazione dell'amianto e dei prodotti che lo contengono” e ha dettato norme “per la dismissione dalla produzione e dal commercio, per la cessazione dell'estrazione, dell'importazione, dell'esportazione e dell'utilizzazione dell'amianto e dei prodotti che lo contengono, per la realizzazione di misure di decontaminazione e di bonifica delle aree interessate dall'inquinamento da amianto, per la ricerca finalizzata alla individuazione di materiali sostitutivi e
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La Cassazione evidenzia che la Legge 257 del 1992 “ha vietato per il futuro la commercializzazione e l'utilizzazione di materiali costruttivi in fibrocemento, ma non ha imposto la rimozione generalizzata di tali materiali nelle costruzioni (come quella oggetto di promessa di vendita) gia' esistenti al momento della sua entrata in vigore, prevedendo rispetto a tali costruzioni solo l'obbligo dei proprietari degli immobili di comunicare agli organi sanitari locali la presenza di amianto fioccato o friabile negli edifici (art. 12) e consentendo la conservazione delle strutture preesistenti che impiegano tale materiale a condizione che esse si trovino in buono stato manutentivo (cfr Cass. Sez II, n. 8156 del 23.05.2012).
Sulla base della considerazione appena richiamata la Suprema Corte ha ritenuto che l'immobile oggetto di preliminare fosse in linea con la normativa del 1992 considerando che con l'accertame
La Cassazione evidenzia che la Legge 257 del 1992 “ha vietato per il futuro la commercializzazione e l'utilizzazione di materiali costruttivi in fibrocemento, ma non ha imposto la rimozione generalizzata di tali materiali nelle costruzioni (come quella oggetto di promessa di vendita) gia' esistenti al momento della sua entrata in vigore, prevedendo rispetto a tali costruzioni solo l'obbligo dei proprietari degli immobili di comunicare agli organi sanitari locali la presenza di amianto fioccato o friabile negli edifici (art. 12) e consentendo la conservazione delle strutture preesistenti che impiegano tale materiale a condizione che esse si trovino in buono stato manutentivo (cfr Cass. Sez II, n. 8156 del 23.05.2012).
Sulla base della considerazione appena richiamata la Suprema Corte ha ritenuto che l'immobile oggetto di preliminare fosse in linea con la normativa del 1992 considerando che con l'accertamento effettuato dall'ARPA venivano esclusi rischi per la salute; aggiunge, infine, che lo stato dei fatti avrebbe giustificato tuttalpia'¹ una “modesta riduzione di prezzo” – che pero' non era stata richiesta dai ricorrenti – ma non la risoluzione del contratto chiesta dai coniugi acquirenti.
In conclusione assume ruolo fondamentale la manutenzione di eternit preesistente rispetto alla normativa del 1992 e sussiste in capo ai proprietari di strutture ricoperte da tale materiale un vero e proprio obbligo di comunicazione della presenza di amianto agli organi competenti.
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