Chi deve fare che cosa quando in un condominio che non è dotato di amministratore si renda necessario fare eseguire interventi di riparazione delle parti comuni?
La questione non è di poco conto in quanto riguarda due specifici aspetti:
a) competenza ad assumere le decisioni;
b) rimedi per il caso di mancanza di attività decisionale.
Partiamo dal primo aspetto; come per ogni altro condominio, anche nei condominii che non sono dotati di amministratore il fulcro decisionale della compagine è rappresentato dall'assemblea.
Insomma è l'assemblea che deve decidere se e da chi far effettuare un intervento manutentivo e spetta sempre ai condòmini riuniti deliberare in merito al criterio di ripartizione applicabile, nel rispetto delle indicazioni legislative o comunque dei patti raggiunti tra tutti i partecipanti alla compagine (art. 1123, primo comma, c.c.).
Il problema, qualcuno potrebbe dire, sta nella esecuzione del deliberati. Nei condominii che hanno un amministratore, infatti, uno dei compiti principali del mandatario è proprio quello di eseguire le delibere. E quando questi non è presente? Qual è il condomino che può assumere l'iniziativa di portare in esecuzione le decisioni della collettività.
Al riguardo è bene evidenziare che al momento della decisione è consigliabile indicare chi tra i condòmini debba attivarsi per dare seguito alla deliberazione. In assenza di decisioni in merito deve ritenersi che ciascun condomino, quale comproprietario dei beni oggetto d'intervento, abbia potere di rappresentanza dei propri vicini limitatamente alla decisione assunta dall'assemblea.
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E se l'assemblea non decide nulla (per mancanza d'interesse o per qualunque altro motivo) oppure una volta assunta la decisione nessuno prende l'iniziativa di porla in esecuzione? Non si tratta di casi rari, specie quest'ultimo che prevede una maggiore e diretta assunzione di responsabilità.
Per rispondere al quesito e quindi fornire soluzione al secondo punto critico messo in evidenza in principio, è necessario guardare alle norme dettate in materia di comunione e più nello specifico all'art. 1105, quarto comma, c.c. che recita:
Se non si prendono i provvedimenti necessari per l'amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere alla autorità giudiziaria. Questa provvede in camera di consiglio e può anche nominare un amministratore.
Insomma l'inattività dell'assemblea o l'inattività nel portare in esecuzione le decisioni dell'assemblea può essere surrogata da un provvedimento dell'Autorità Giudiziaria (decreto) che sortisca lo stesso effetto della mancata decisione o esecuzione del deliberato.
Per arrivare a questo risultato è necessario dare prova che non si sia potuta assumere una decisione (es. per disinteresse) o non la si sia potuta portare ad esecuzione (es. per mancanza di collaborazione). Si tratta di un ricorso, così detto in volontaria giurisdizione per il quale in linea teorica non dovrebbe essere necessaria l'assistenza di un legale, salvo il caso di diverse indicazioni delle cancellerie dei giudici competenti.
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