E' vietato fumare in tutti gli spazi comuni chiusi del condominio. Compito dell'amministratore esporre nell'androne, scale e ascensore i cartelli con il divieto di fumo e a vigilare sull'osservanza del divieto. I condomini e i frequentatori del fabbricato, per parte loro, possono richiamare i trasgressori all'osservanza del divieto e, in caso d'inadempienza, segnalare la violazione all'autorita' .
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Gli aspetti normativi. Preliminarmente giova ricordare che l'art. 51, della L. n. 3 del 16 gennaio 2003, vieta di fumare nei locali chiusi, ad eccezione di quelli privati non aperti ad utenti o al pubblico e di quelli riservati ai fumatori e come tali contrassegnati.
In argomento, l'art. 2.2 del successivo accordo Stato-Regioni del 16 Dicembre 2004 (in materia di tutela della salute dei non fumatori, in attuazione dell'articolo 51, comma 7, della legge 16 gennaio 2003, n. 3) ha previsto che “i dirigenti preposti alle strutture amministrative e di servizio di locali di pubbliche amministrazioni, aziende e agenzie pubbliche o di privati esercenti servizi pubblici, ovvero i responsabili di strutture private, fanno predisporre ed apporre i cartelli di divieto completi delle suddette indicazioni nei locali in cui vige il divieto… in materia di tutela della salute dei non fumatori”.
La circolare del Ministero della Salute e il problema del fumo negli edifici condominiali. In questo contesto va evidenziato come il diritto alla salute e' tutelato dall'articolo 32 della Costituzione, quale fondamentale diritto indisponibile dell'individuo ed interesse generale della collettivita' .
Il divieto di fumare interessa, quindi, indistintamente tutti i locali chiusi aperti al pubblico, con particolare interesse dei luoghi di lavoro, ma anche qualsiasi locale riservato all'utenza pubblica e ricreativa (es. discoteche, pub, teatro, ospedali, ristoranti, etc.), ad eccezione dei locali privati non aperti al pubblico oppure degli spazi “riservati ai fumatori” appositamente contrassegnati.
Al riguardo il Ministro della salute ha chiarito (con nota 1505 del 24 gennaio 2005) che le disposizioni antifumo devono essere estese anche agli spazi comuni del condominio, argomentando che la piena applicazione della legge antifumo, ispirata al principio della tutela della salute dei non fumatori nella prospettiva generale di salvaguardia della salute pubblica, comporta l'applicazione del divieto di fumare anche nei locali chiusi dei condominii per l'indubbia esigenza di garantire in essi la tutela della salute del fumo passivo.
Tali spazi (androni, scale, ascensori, ecc.) non possono essere di fatto equiparati ad una abitazione privata (all'interno della quale non e' vietato fumare), in quanto rappresentano luoghi frequentati dai condomini e da altri soggetti che svolgono la propria attivita' lavorativa (si pensi ad es. agli addetti alle pulizie, alla manutenzione di ascensori o caldaie, agli addetti alla consegna della posta, ecc.), ai quali pertanto deve essere estesa la tutela prevista dalla legge antifumo.
Immissioni moleste di fumo di sigarette. I condomini possono fumare nella proprieta' individuale, cioe' negli spazi privati comprese eventuali terrazze e balconate. Se il fumo di sigaretta si propaga da un balcone a quello adiacente, il condomino non fumatore non potra' fare nulla per difendersi se non chiudere le finestre della propria abitazione.
Il discorso cambia quando a fumare non e' un singolo individuo ma un insieme, seppur limitato, di persone.
A stabilirlo e' la Corte di Cassazione che, interrogata dal proprietario di un primo piano di un condominio, gli ha riconosciuto un risarcimento del danno per l'ammontare di 10 mila euro.
In dettaglio, il caso sottoposto alla Corte di Cassazione che si e' chiuso con la sentenza n. 7875 del 2009, riguardava il proprietario di un primo piano situato nell'area soprastante a un bar.
I frequentatori del bar posto a piano terra, fumando, danneggiavano per fumo passivo l'utente che abitava al piano soprastante.
L'utente non ha dovuto dimostrare alcun problema respiratorio, l'ingente propagazione di fumo di sigaretta era, infatti, un danno risarcibile e per questo che la Corte di Cassazione ha dato ragione alla famiglia dell'inquilino danneggiato per via delle immissioni moleste di fumo di sigarette.
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Gli obblighi dell'amministratore. Sappiamo che spetta all'amministratore disciplinare l'uso delle cose comuni in maniera da assicurarne il «miglior godimento a tutti i condo'mini».
Da cio' deriva che secondo quanto indicato dal citato articolo 2.2 dell'Accordo Stato-Regioni e per quanto attiene la responsabilita' della vigilanza sull'osservanza del divieto, si ritiene che sia compito degli amministratori di condominio la predisposizione e l'apposizione dei cartelli.
Pertanto, l'amministratore di condominio, responsabile dell'osservanza del regolamento condominiale, della disciplina sull'utilizzo delle cose comuni e dell'erogazione dei servizi nell'interesse comune, avra' l'ulteriore compito di far rispettare il divieto di fumare richiamando all'osservanza della normativa vigente i trasgressori all'interno degli stabili condominiali, al fine di assicurare il miglior godimento a tutti i condomini, preservandoli dal fumo passivo.
In particolare l'amministratore sara' tenuto a esporre nell'androne, sulle scale e nell'ascensore i cartelli con il divieto di fumo e a vigilare sull'osservanza del divieto.
I condomini e i frequentatori del fabbricato, per parte loro, potranno richiamare i trasgressori all'osservanza del divieto e, in caso d'inadempienza, segnalare la violazione all'autorita' .
Da cio', consegue che in caso di inosservanza, l'amministratore puo' essere considerato personalmente responsabile in caso di violazione; anche i singoli condomini sono liberi di denunciare alle autorita' competenti la violazione del divieto di fumo nei locali chiusi condominiali.
Le sanzioni per i trasgressori. L'infrazione al divieto e' punita con la sanzione amministrativa pecuniaria, il cui importo, come stabilito dall'art. 7 della L. 584/1975, modificato dall'art. 52, comma 20 della L. 448/2001, e ulteriormente aumentato del 10% dalla L. n. 311/2004, art. 1, comma 189 (legge finanziaria 2005) va da un minimo di 27,50 Euro, fino ad un massimo, in caso di recidiva, di 275,00 Euro.
La misura della sanzione viene raddoppiata qualora la violazione sia commessa in presenza di una donna in evidente stato di gravidanza o di bambini fino a 12 anni.