La vicenda. Il Tribunale di Benevento aveva dichiarato la responsabilita' penale di Tizia in ordine al reato di cui all'art. 659 cod. pen., per avere, in qualita' di proprietaria di tre cani lasciati da soli nel terrazzo dell'appartamento da lei abitato in una notte di agosto, per non averne impedito il latrare e per avere, pertanto, disturbato il riposo dei condomini Caio e Sempronio.
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Avverso tale pronuncia, Tizia ha proposto ricorso per cassazione eccependo la inosservanza e/o l'erronea applicazione della legge penale, per avere il Tribunale ritenuto integrato il reato in questione sebbene il preteso disturbo fosse stato circoscritto solo ad un isolato episodio durato poche ore e senza che fosse stato verificato il fatto che lo stesso abbia avuto la idoneita' a ledere non solamente i due denunzianti ma un vasto ed indeterminato numero di persone.
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Il ragionamento della Corte di Cassazione. Preliminarmente, i giudici di legittimita' hanno osservato che la attitudine dei fatti verificatisi ad arrecare un effettivo ed apprezzabile disturbo al bene-interesse tutelato dalla norma in questione, cioe' la quiete pubblica, e' ravvisabile, pur nella unicita' dell'episodio di disturbo, nel fatto che lo stesso si sia protratto per un non trascurabile lasso di tempo; il Tribunale evidenzia, infatti, come i cani - lasciati da Tizia da soli in un balcone, ovviamente esterno alla parte chiusa dell'appartamento della medesima - abbiano latrato con continuita' per buona parte della notte.
Premesso quanto esposto, secondo un ragionamento, il collegio ha ritenuto che non possa ritenersi fondata la censura, riconducibile alla categoria normativa della violazione di legge, svolta da parte ricorrente avverso la impugnata sentenza ed avente ad oggetto la pretesa della non configurabilita' del reato in contestazione stante la episodicita' della condotta di omesso controllo posta in essere da Tizia in quanto, come e' stato gia' confermato in giurisprudenza di legittimita' , cheil reato di cui all'art. 659, comma primo, cod. pen. e' reato soloeventualmente permanente, che si puo' consumare anche con un'unica condotta rumorosa o di schiamazzo, ove la stessa sia oggettivamente tale da recare, in determinate circostanze, un effettivo disturbo alle occupazioni o alriposo delle persone (Corte di cassazione, Sezione III penale, 25 febbraio 2015, n. 8351).
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Secondo altro ragionamento, pero', secondo la Corte, nel caso di specie, il giudice di primo grado non aveva svolto una adeguata indagine ai fini della verifica del fatto sia pure in termini di mera potenzialita' .
Difatti, ai fini della configurabilita' della contravvenzione prevista dal ricordato art. 659 cod. pen.
e' necessario che i lamentati rumori abbiano la attitudine a propagarsi ed a costituire fonte di disturbo - per la loro intensita' e per la ubicazione spaziale della loro fonte - per una potenziale pluralita' indeterminata di persone, sebbene non sia poi necessaria la dimostrazione che poi tutte costoro siano state effettivamente disturbate (Corte di cassazione, Sezione I penale, 4 febbraio 2000, n. 1394); quindi, il giudice di merito avrebbe dovuto argomentare in ordine alla intensita' di tali rumori ed alla situazione antropica del luogo ove gli stessi sono stati emessi, al fine di verificare, ancorchè sulla base di dati di tipo logico (e non anche necessariamente storico), l'esistenza di elementi atti a giustificare, sulla base del principio del libero convincimento del giudice, la sussistenza della predetta attitudine.
Per meglio dire, secondo gli ermellini, nel caso in questione il Tribunale non aveva fornito alcuno di tali elementi, fra i quali, a titolo esemplificativo, la specie, la razza e la stazza dei cani in questioni, dati attraverso i quali era lecito desumere la intensita' , la ripetitivita' e la tipologia del verso dalle stesse emesse.
Inoltre mancava un accertamento circa la situazione abitativa dei luoghi ove il fatto si era verificato, essendo evidente che una zona caratterizzata da numerosi insediamenti abitativi appare piu' soggetta alla efficacia del disturbo sonoro arrecato rispetto ad una zona in cui vi e' una ridotta incidenza di persone residenti; infine, mancava anche l'esistenza di ulteriori, periodiche o continue, fonti sonore di disturbo, tali da elidere la valenza molestatrice di quelle oggetto della imputazione.
Invece, nel caso di specie, il Tribunale aveva solo dato atto delle lamentele dei due vicini di casa della imputata, costituitisi parti civili senza dare atto della esistenza di alcun altro elemento di giudizio
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In conclusione, secondo la Corte di legittimita' , la assenza di tali elementi di verifica rende quanto meno inadeguata la indagine volta ad accertare la sussistenza o meno del reato di cui in epigrafe. Pertanto la sentenza e' stata annullata senza rinvio.
Tuttavia, in abito civile, il giudizio e' stato rinviatodi fronte al giudice civile competente per valore in grado di appello per la valutazione dell'eventuale risarcimento.
CortediCassazione-sentenzan.16677-2018.pdf