Se una persona viene condannata per un delitto doloso significa che la pubblica accusa è riuscita a provare che l'azione è stata compiuta con coscienza e volontà e che l'evento dannoso o pericoloso rappresenti la conseguenza voluta dell'azione.
Mi comporto in un determinato modo per rapinare, picchio per provocare lesioni, attribuisco ad altri un reato che sono che questi non hanno compiuto per calunniarli, ecc. ecc.
Nel contesto dei reati dolosi, dottrina e giurisprudenza, hanno operato una distinzione tra le varie tipologie di dolo di cui è necessario dimostrare la ricorrenza ai fini della condanna dell'imputato.
Esistono, si dice, fattispecie rispetto alle quali non è sufficiente il compimento di una determinata azione, ma è altresì necessario che si persegua uno scopo ulteriore: si tratta dei così detti reati caratterizzati dal dolo specifico.
Così ad esempio, sono caratterizzati dal dolo specifico il furto, rispetto al quale l'art. 624 c.p. richiede il fine di trarre ingiusto profitto per sé o per altri, la rapina (art. 629 c.p.) in cui il fine è lo stesso, il sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630 c.p.).
Com'è stato acutamente osservato in relazione al dolo specifico, “dal riferimento a una specifica finalità dell'agente non deriva la rilevanza di suoi atteggiamenti meramente interiori, bensì solo una delimitazione ulteriore del significato che la condotta deve assumere perché risulti davvero lesiva dell'interesse tutelato dalla norma incriminatrice” (Aniello Nappi, Manuale di diritto penale. Parte generale, Giuffrè Editore, 2010).
Si prenda ad esempio il reato di appropriazione indebita previsto e punito dall'art. 646 c.p.
In questi casi il reo può essere sanzionato solamente se l'azione aveva come fine quello di procurare a se o ad altri un ingiusto profitto.
In relazione a questa fattispecie criminale, con specifico riferimento all'amministratore condominiale la Cassazione ha avuto modo di specificare che “'integra il reato di appropriazione indebita la condotta dell'amministratore condominiale che, ricevute le somme di denaro necessarie dai condomini, ometta di versare i contributi previdenziali per il servizio di portierato' (cfr. Cass. pen., sez. II, 11 ottobre 2010 n. 41462).
Ed ancora, sempre secondo la Corte di Cassazione, “per la configurazione del delitto di cui all'art. 646 c.p., basta che l'ingiusto profitto sia potenziale, non essendo necessario che esso si realizzi effettivamente, il che emerge pacificamente dal rilievo che la norma richiede solo che il soggetto attivo agisca 'per procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto'. In altre parole basta - per il dolo specifico che caratterizza la fattispecie - il mero intento di procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto, a prescindere dalla concreta sua realizzazione” (Cass. 17 maggio 2013 n. 29451).
Prova del dolo specifico, quindi, non vuol dire entrare nella mente dell'imputato per capire il reale fine della sua azione. Quando si richiede la prova del dolo specifico, pertanto si richiede la dimostrazione che l'azione è stato posta in essere per lo specifico fine indicato dalla norma incriminatrice.
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