Le dimissioni dell'amministratore sono un atto libero e discrezionale che non comporta alcuna conseguenza, se non la necessità (tra l'altro eventuale) di nominare un sostituto, oppure la situazione è differente?
In tema di condominio negli edifici, è notorio, il rapporto tra amministratore e condominio dev'essere ricondotto nell'ambito delle norme dettate in materia di mandato.
Prima della riforma, la giurisprudenza sull'argomento era pressoché unanime (cfr. su tutte Cass. SS.UU. n. 9148/08); dopo l'entrata in vigore della legge n. 220/2012 è l'art. 1129 c.c. che al quattordicesimo comma richiama espressamente le norme sul mandato.
L'amministratore, dunque, è un mandatario, ossia quella persona cui è dato incarico di compiere atti giuridicamente rilevanti in nome e per conto dei mandati, cioè dei condòmini.
Contratto di mandato dell'amministratore, come si conclude
È altrettanto noto che la revoca dell'amministratore possa essere disposta in ogni tempo dall'assemblea (art. 1129, undicesimo comma, c.c.); ciò che la giurisprudenza ha specificato è che la revoca senza giusta causa dà all'amministratore il diritto di agire in giudizio per chiedere il risarcimento del danno.
In tal senso le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato che il mandato dell'amministratore “si presume oneroso, se la revoca interviene prima della scadenza dell'incarico, l'amministratore avrà diritto alla tutela risarcitoria, esclusa solo in presenza di una giusta causa a fondamento della revoca (art. 1725, co. 1°, cod. civ.). E deve ritenersi che le tre ipotesi di revoca giudiziale previste dall'art. 1129, co. 3°, cod. civ. configurino altrettante ipotesi di giusta causa per la risoluzione ante tempus del rapporto” (così Cass. 29 ottobre 2004 n. 20957).
Se l'assemblea revoca senza giusta causa, quindi, può vedersi recapitata un richiesta risarcitoria – leggasi in sostanza richiesta del compenso che sarebbe stato percepito fino alla fine dell'incarico – da parte del mandatario dimissionato. Ragione di questa soluzione? Le norme dettate in materia di mandato che, per l'appunto, tutelano in questo modo la posizione del mandatario revocato anzi tempo.
Revoca dell'amministratore di condominio: quando è necessario corrispondergli la retribuzione pattuita?
E se è quest'ultimo a dimettersi? Quali sono le conseguenze? Il condominio potrebbe avanzare una richiesta risarcitoria?
La risposta al quesito sta nell'art. 1727 c.c. a mente del quale:
Il mandatario che rinunzia senza giusta causa al mandato deve risarcire i danni al mandante. Se il mandato è a tempo indeterminato, il mandatario che rinunzia senza giusta causa è tenuto al risarcimento, qualora non abbia dato un congruo preavviso.
In ogni caso la rinunzia deve essere fatta in modo e in tempo tali che il mandante possa provvedere altrimenti, salvo il caso d'impedimento grave da parte del mandatario.
Anche l'amministratore, quindi, deve avere una giusta causa per rinunciare all'incarico assunto, altrimenti rischia una richiesta risarcitoria. A ben vedere, tuttavia, se si guarda a quanto stabilito dall'art. 1129 c.c. – cioè all'obbligo per l'amministratore cessato dall'incarico di compiere gli atti urgenti – non è dato di capire quale possa essere il danno per il condominio se l'amministratore dimissionario compie il proprio dovere.
Quale può essere una giusta causa? Si prenda, ad esempio, l'amministratore incappato in una compagine nella quale i condòmini si disinteressano della gestione comune (assemblee sempre disertate, ecc.) non dandogli la possibilità di adempiere correttamente ai propri incarichi. In ogni caso la giusta causa dev'essere valutata dal giudice caso per caso. Ad avviso di chi scrive l'accettazione delle dimissioni, da parte dell'assemblea, senza alcuna contestazione fa venire meno il diritto di agire per il risarcimento per acquiescenza verso quell'atto.
Quanto all'obbligo di rinunziare il modo tale da evitare problemi al mandante (art. 1727, secondo comma, c.c.), questo si deve ritenere assolto convocando un'assemblea contestualmente alla comunicazione delle dimissioni.
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