Rigettato il ricorso del condomino contro il condominio per ottenere il risarcimento dei danni da lucro cessante causati da infiltrazioni d'acqua dovute alla cattiva manutenzione della parti comuni dell'edificio.
“Ai fini del risarcimento da lucro cessante, occorre provare il mancato guadagno patrimoniale provocato dall'inadempimento o dall'illecito che si sarebbe dovuto conseguire in caso l'obbligazione fosse stata regolarmente adempiuta o in mancanza della lesione”. Questo e' il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione Civile con l'ordinanza n. 24918 del 20 ottobre 2017 in materia risarcimento danni da infiltrazioni.
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La questione. Tizio proprietario di due box all'interno dell'edificio condominiale, conveniva in giudizio il condominio per ottenere il risarcimento di danni causata da infiltrazioni d'acqua dovute alla cattiva manutenzione di parti comuni dell'edificio, compresi quelli da lucro cessante.
In primo grado, il giudice adito aveva accolto la domanda risarcitoria con contestuale condanna del convenuto condominio di eseguire le opere necessarie ad eliminare la causa di infiltrazioni.
In secondo grado, la corte territoriale aveva accolto parzialmente l'impugnazione del condominio.
In pratica, secondo la Corte d'appello, il condominio aveva diritto al risarcimento in misura inferiore (solo il danno emergente).
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Danno emergente e lucro cessante. Il danno patrimoniale rappresenta una forma di danno ingiusto che colpisce direttamente la sfera economico-patrimoniale del danneggiato. Per delineare i profili concreti del danno si fa comunemente riferimento ai due concetti di danno emergente e lucro cessante che, lungi dall'essere espressione di separate categorie di risarcibilita' , contribuiscono a caratterizzare una nozione unitaria di danno patrimoniale.
A tal proposito, l'art. 1223 c.c. prevede che “Il risarcimento del danno per l'inadempimento o per il ritardo deve comprendere cosa'¬ la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta”. Quindi, il creditore ha diritto al risarcimento dell'intero danno subito ma purchè vi sia una causalita' tra inadempimento (o ritardo) e pregiudizio: quest'ultimo, infatti, deve essere ascrivibile al debitore.
Il concetto di danno emergente identifica ogni diminuzione patrimoniale provocata dall'illecito o dall'inadempimento.
Deve trattarsi di un perdita di utilita' gia' presenti nel patrimonio del danneggiato e fattispecie tipiche in tal senso possono rinvenirsi nel disvalore economico provocato dalla mancata, inesatta o ritardata prestazione del debitore, nelle spese sostenute per rimuovere inesattezze della prestazione, nella temporanea impossibilita' di godere del bene, nei danni provocati alla persona o ai beni del creditore (ad es. a seguito di incidente stradale). Il lucro cessante, invece, si identifica nel mancato guadagno patrimoniale provocato dall'inadempimento o dall'illecito che si sarebbe dovuto conseguire in caso l'obbligazione fosse stata regolarmente adempiuta o in mancanza della lesione.
A differenza del danno emergente, il lucro cessante attiene ad una ricchezza non ancora inglobata nel patrimonio del danneggiato, ma che si sarebbe ragionevolmente prodotta.
Il precedente giurisprudenziale: Corte di Cassazione con la sentenza n. 15115 del 22 luglio 2016.
In tale vicenda Tizio (Condomino) chiamava in giudizio il Condominio, innanzi al Tribunale, lamentando di aver subito al proprio appartamento, ubicato all'ultimo piano dello stabile condominiale e adibito a studio dentistico, danni patrimoniali da infiltrazioni provenienti dal sottotetto dovute ad un guasto dell'impianto del riscaldamento condominiale; per tali ragioni, chiedeva il risarcimento del danno per le spese di ripristino e per l'interruzione della propria attivita' lavorativa.
Sul punto, la Corte ha richiamato i principi giurisprudenziali secondo cui l'accoglimento della domanda di risarcimento del danno da lucro cessante o da perdita di 'chance' esige la prova, anche presuntiva, dell'esistenza di elementi oggettivi e certi dai quali desumere, in termini di certezza o di elevata probabilita' e non di mera potenzialita' , l'esistenza di un pregiudizio economicamente valutabile” (In tal senso Cass. n. 22826/2010 e Cass. n. 15385/2011).
Premesso cio', nella specie, la Cassazione ha confermato la bonta' della scelta equitativa fatta dai giudici di merito, che hanno condannato il condominio a versare 2mila euro (lucro cessante) nelle tasche di un condomino che aveva adibito il suo appartamento a studio dentistico, rimasto chiuso per 21 giorni a causa delle infiltrazioni con conseguente interruzione dell'attivita' lavorativa e perdita di parte dei propri guadagni.
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Il ragionamento della Corte di Cassazione. Nella vicenda in esame, Tizio oltre ai danni patiti a causa dell'infiltrazione, chiedeva anche l'ulteriore danno per il mancato utilizzo dei box (lucro cessante).
Tuttavia, nonostante la prova dei lamentati danni, secondo la Corte Territoriale, non era stata raggiunta la prova dell'ulteriore danno (mancato guadagno), liquidato dal primo giudice senza specificazione dei parametri utilizzati. Sicchè, a parere della Suprema Corte, in mancanza di prova, il risarcimento e' stato correttamente ridotto da nove a circa otto mila euro.
In conclusione, in virta'¹ di tutto quanto innanzi esposto, la Corte di Cassazione con l'ordinanza in commento ha respinto il ricorso di Tizio e per l'effetto ha confermato la sentenza di merito della Corte di Appello di Palermo.