Il fenomeno della morosità in condominio purtroppo, stante anche la profonda crisi economica, è in continua crescita, e sovente pone dei grossi problemi di liquidità delle casse condominiali.
Spesso e volentieri l'amministratore sopperisce alla morosità dei condòmini con propri fondi ovvero ripartisce la quota del condomino moroso tra gli altri condòmini, quelli in regola con i pagamenti.
La riforma del condominio apprestata dalla L. 220/2012 ha apportato delle modifiche in merito, prevendendo delle scansioni temporali entro le quali l'amministratore deve attivarsi per il recupero del credito nei confronti del condomino moroso, sotto pena, in mancanza, di una responsabilità personale dello stesso.
L'art. 1129, co. IX, c.c., stabilisce infatti che: “… l'amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito esigibile è compreso”.
L'assemblea, tuttavia, in virtù della prima parte del menzionato articolo, può esonerare l'amministratore dall'obbligo di agire per la riscossione forzosa nei confronti dei condomini morosi. => Condomini morosi: quando l'amministratore non può tacere.
Si tratta essenzialmente di quei casi in cui le disagiate condizioni economiche del condomino impongano un atto di “clemenza” da parte dell'assemblea ovvero quelli nei quali stante l'esiguità del credito, risulterebbe troppo dispendioso il recupero coattivo dello stesso.
Al di fuori dell'anzidetto caso di esonero da parte dell'assemblea, l'amministratore è obbligato ad agire giudizialmente nei confronti del condomino moroso, come detto, entro 180 giorni dalla chiusura dell'esercizio nel quale è emerso il debito.
Il sistema giudiziario italiano, mette a disposizione in siffatti casi uno strumento abbastanza celere quale il decreto ingiuntivo.
Si tratta di un procedimento sommario azionabile, tra l'altro, quando il diritto fatto valere – nel caso di specie diritto di credito – sia supportato da idonea prova scritta (art. 633 cpc).
Con specifico riferimento agli oneri condominiali, l'art. 63 disp. att. c.c., prevede che l'amministratore può riscuotere i contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, senza bisogno di autorizzazione da parte della stessa, con decreto ingiuntivo, per giunta, immediatamente esecutivo, a prescindere dall'eventuale opposizione del condomino/ingiunto, fatta salva l'ipotesi di revoca della provvisoria esecuzione in corso di causa.
In altri termini, la norma indica quale prova scritta richiesta per l'emissione del decreto ingiuntivo il piano di riparto approvato dall'assemblea, ritenuto pertanto per legge, condizione sufficiente per l'emissione da parte del giudice, di ingiunzione di pagamento provvisoriamente esecutiva.
Prima di entrare nel merito della procedura sommaria, giova ricordare come, ai sensi dell'art. 63, co. III disp. att. c.c., l'amministratore, in caso di mancato pagamento dei contributi protratto per un semestre, può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento superato.
Si ritiene che detta sospensione non possa estendersi fino ai servizi definiti essenziali (si pensi alla fornitura di acqua, luce, riscaldamento, ecc.).
In questo senso si è espresso il Tribunale di Milano, con ordinanza del 24.10.2013, che ha ritenuto come la sospensione del servizio, nello specifico, del riscaldamento, non fosse possibile in quanto bene primario costituzionalmente protetto.
Tuttavia, detta interpretazione non è stata condivisa - più di recente - dal Tribunale di Roma, ordinanza del 27 giugno 2014, e da quello di Brescia, ordinanze del 17.02.2014 e del 21.05.2014, quest'ultimo, infatti, ha ordinato al condomino moroso di consentire ai tecnici e/o all'impresa incaricati dal condominio la realizzazione della sospensione della fornitura del riscaldamento, mediante ingresso all'interno dei locali di loro proprietà e mediante interruzione dell'afflusso dell'acqua calda dalle tubazioni condominiali verso i radiatori posti all'interno dell'unità immobiliare.
A parere di chi scrive sarebbe preferibile la tesi meno afflittiva del Tribunale di Milano, ammettendo la possibilità di sospensione solo dei servizi “non essenziali”, con esclusione di quelli relativi alla fornitura di acqua energia elettrica e riscaldamento che, semmai, potrebbero essere interrotti solo negli immobili non destinati ad abitazione principale (quali ad esempio: doppi immobili, box, garage, cantine, ecc.).
Tornando al procedimento monitorio (ingiunzione di pagamento), la forma da utilizzare è quella del ricorso, contenente le generalità del creditore e del debitore, l'indicazione del procuratore del ricorrente, l'ufficio giudiziario, l'oggetto e le ragioni della domanda nonché le prove che si intendono produrre.
Il ricorso, quindi, deve essere depositato in cancelleria insieme con i documenti allegati.
Una volta emessa l'ingiunzione di pagamento, la stessa deve essere notificata al debitore, nel termine perentorio di 60 giorni dall'emissione, sotto pena, in mancanza, della perdita di efficacia della stessa.
Generalmente il debitore ha 40 giorni di tempo per provvedere al pagamento o per proporre opposizione, tuttavia, come visto, in materia di contributi condominiali, la legge stabilisce la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo, ciò sta a significare che il condomino/debitore deve provvedere al pagamento immediatamente, atteso che il termine di 40 giorni è riferito alla sola eventuale opposizione.
Se il debitore provvede al pagamento nulla quaestio, se propone opposizione invece si aprirà la fase del giudizio a cognizione piena, dove ognuna delle parti in causa esporrà le proprie difese e le proprie deduzioni istruttorie, e il giudizio così introdotto si concluderà con una sentenza che potrà essere di rigetto dell'opposizione - con contestuale conferma del decreto ingiuntivo opposto - ovvero di accoglimento, nel qual caso nulla sarà dovuto e il decreto ingiuntivo revocato.
=> È necessaria l'approvazione del piano di ripartizione per il decreto ingiuntivo contro il condomino moroso.
Sia nel caso di opposizione - salvo la revoca della provvisoria esecuzione in corso di causa - che di mancato pagamento, il condominio creditore avrà titolo esecutivo per agire coattivamente nei confronti del condomino debitore.
Per far ciò dovrà preliminarmente intimare il pagamento della somma dovuta con l'atto di precetto.
Il precetto, sostanzialmente, è l'atto che preannuncia l'inizio dell'esecuzione forzata, e consiste nell'intimazione di adempiere l'obbligo risultante dal titolo esecutivo (il decreto ingiuntivo) entro un termine non minore di dieci giorni, con l'avvertimento che, in mancanza, si procederà a esecuzione forzata (art. 480 cpc).
Il precetto deve contenere, a pena di nullità, l'indicazione delle parti, della data di notificazione del titolo esecutivo, se questa è fatta separatamente. Lo stesso, inoltre, deve essere sottoscritto e notificato alla parte personalmente.
Allo scadere dei menzionati 10 giorni e fino al novantesimo giorno – il precetto ha validità tre mesi – in mancanza di pagamento spontaneo può utilmente esperirsi l'esecuzione coattiva.
Le forme dell'esecuzione si possono riassumere in esecuzione forzata presso il debitore, che può riguardare beni mobili (pignoramento mobiliare) o beni immobili (pignoramento immobiliare), ed esecuzione forzata presso terzi.
Per brevità, senza entrare nei dettagli delle procedure, il creditore affida all'ufficiale giudiziario la possibilità di escussione del patrimonio del debitore, se esistente.
Nell'esecuzione presso il debitore, l'ufficiale giudiziario sottopone a pignoramento i beni, mobili o immobili, trovati nella disponibilità dell'esecutato, siano essi somme di denaro, autoveicoli, ecc. o, in alternativa, il patrimonio immobiliare dello stesso.
Al termine della complessa e lunga procedura, i beni pignorati verranno venduti all'asta e il ricavato consegnato ai creditori ovvero assegnati direttamente agli stessi, su specifica istanza.
Nell'esecuzione presso terzi, i beni di proprietà del debitore si trovano nella disponibilità di terzi soggetti, si pensi al datore di lavoro per le retribuzioni, agli istituti di credito per i conti corrente, ecc.
In questo caso il terzo, necessariamente, deve essere coinvolto nell'esecuzione forzata, per mezzo di atto di citazione, notificato al debitore e anche al terzo, con il quale il creditore manifesta la volontà di sottoporre ad esecuzione forzata i beni di pertinenza del debitore che si trovano nella disponibilità del terzo.
Nell'atto di pignoramento presso terzi, interviene anche l'ufficiale giudiziario il quale, materialmente, sottopone a pignoramento i beni e ingiunge al debitore e al terzo di astenersi da qualsivoglia atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito i beni pignorati, dei quali non si può disporre senza autorizzazione del giudice.
Il terzo pignorato sarà tenuto a comunicare la consistenza dei beni che si trovano nella sua disponibilità e a renderli indisponibili nei confronti di chiunque.
Il procedimento, infine, si concluderà con un decreto di assegnazione del giudice che autorizzerà il terzo a provvedere al pagamento di quanto dovuto direttamente nelle mani del creditore.
Queste, per sommi capi, le procedure da adottare per il recupero del credito da parte del condominio, procedimenti, specie quelli immobiliari, inutile nasconderselo, spesso lunghi e dispendiosi che, tuttavia, rappresentano gli unici rimedi esperibili per il recupero delle quote condominiali.
=> Distacco luce condominiale per morosità, perchè non è invocabile la tutela cautelare?
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