In tema di responsabilita' per danni da cose in custodia, nessun addebito puo' essere mosso al condominio quando a farsi male e' un condo'mino che conoscendo la situazione ed adottando le opportune cautele avrebbe potuto evitare di farsi male.
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Questa, in breve sintesi, la conclusione cui e' giunta la Suprema Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 30963 pubblicata mediante deposito in cancelleria il 27 dicembre 2017.
Una pronuncia che merita attenzione perchè specifica, nel mai chiarissimo ambito del danno da cose in custodia, che cosa voglia dire caso fortuito anche in relazione alla conoscenza ed evitabilita' di eventi dannosi.
Che cosa s'intende per cosa in custodia?
La risposta al quesito e' centrale per comprendere quando possa considerarsi applicabile l'art. 2051 del codice civile, ossia la norma che disciplina il danno derivante da cose in custodia.
Per essere piu' precisi la domanda cui e' necessario rispondere prima e' la seguente: chi e' il custode?
Sul punto la giurisprudenza non ha dubbi: e' custode colui il quale ha il potere sulla cosa che si sostanzia nella potesta' di fatto di escludere dal governo della cosa qualunque altro soggetto (si veda tra le tante Cass. 20 novembre 2009 n. 24530).
Cosa'¬ ci si e' domandati: il custode e' solamente il proprietario o ad esempio, puo' essere un altro soggetto, quale il conduttore, l'usufruttuario, ecc.?
Per la dottrina «Il 'custode' e' individuato non soltanto nel proprietario, ma anche nell'usufruttuario, nell'enfiteuta, nel conduttore, nel possessore, nel detentore e, in genere, in colui che esercita un effettivo e non occasionale potere materiale sulla cosa stessa, tale da implicare il governo e l'uso di qui, il dovere di vigilanza e di controllo, in modo da impedire che produca danni a terzi» (Pietro Perlingieri, Manuale di diritto civile, ESI, 1997).
Per cosa, si deve intendere, invece, qualunque bene mobile o immobile che sia in grado dal quale provenga il danno.
Si badi: per applicare l'art. 2051 c.c. non e' necessario che la cosa in custodia sia pericolosa in sè, essendo invece sufficiente che i beni producano in ragione delle loro caratteristiche attuali la lesione antigiuridica (cioe' il danno) in conseguenza della quale si domanda il risarcimento.
Un portone - per restare al caso di specie - non e' pericoloso in sè, ma puo' esserlo in ragione di proprie caratteristiche anche solo occasionali, quali ad esempio un cattivo funzionamento o un altro difetto sopraggiunto.
Nel caso di beni in condominio il custode dev'essere considerato il condominio medesimo, ossia l'insieme dei condo'mini che su quel bene sono comproprietari e quindi ne possono esercitare la custodia (Giovanna Visintini, Trattato breve della responsabilita' civile, Cedam, 1999).
Chiaramente anche questa regola soffre delle eccezioni: mentre in relazione al portone non vi sono dubbi che i responsabili, ovvero i custodi, debbano essere considerati i condo'mini, per altri particolari beni tale rapporto di custodia connesso alla comproprieta' potrebbe non esservi.
Si supponga che il danno provenga da un locale comune dato in locazione (se ad un condo'mino o ad un terzo, questo e' indifferente) e piu' nello specifico da tubature cosa'¬ dette flessibili chiaramente visibili e sotto il governo del conduttore.
In tal caso non vi sono dubbi (Cass. 27 ottobre 2015 n. 21788) che la responsabilita' per i danni debba essere addebitata a quest'ultimo e non al condominio
La responsabilita' per danni da cose in custodia di cui all'art. 2051 c.c. e' dai piu' considerata una ipotesi di responsabilita' oggettiva. Cio' vuol dire che il custode risponde dei danni in quanto tale - ossia per la sua posizione - non essendo necessario che lo stesso sia incappato in colpa (lieve o grave) nella custodia medesima. Unica eccezione e' quella del ricorrere del cosa'¬ detto caso fortuito.
Che cosa s'intende per caso fortuito?
Al riguardo e' pacifico che il caso fortuito debba sostanziarsi in un evento imprevisto (Cass. 25 luglio 2008, n. 20427) cioe' un evento non prevedibile nemmeno prestando la massima diligenza nella custodia; nel novero delle ipotesi riconducibili nel caso fortuito rientra senza dubbio il comportamento stesso della persona danneggiata.
=> Caduta provocata dalla chiusura improvvisa del portone: il condominio non risponde
Il portone condominiale non causa danni risarcibili al condo'mino che lo conosce
Il fatto che sia occorso un danno non vuol dire che lo stesso sia risarcibile. Ci si potrebbe far male per colpa propria.
Questa regola di comune esperienza, trova applicazione anche in ambito giuridico e piu' nello specifico in relazione ai danni da cose in custodia.
Nel caso risolto dall'ordinanza n. 30963 una condo'mina aveva chiesto il risarcimento dei danni che aveva subito in ragione della difettosita' del portone condominiale; questo, chiudendosi all'improvviso, l'aveva fatta ruzzolare giu' per le scale causandole lesioni.
Il Tribunale adito, in primo grado, aveva parzialmente accolto le richieste risarcitorie, ma la Corte d'appello aveva ribaltato l'esito del giudizio condannando la condo'mina alla restituzione delle somme fin la'¬ ricevute a titolo risarcitorio.
Motivo: lei conosceva bene il portone e la difettosita' dello stesso, sicchè usando piu' cautela avrebbe potuto non incorrere nei danni subiti. Come dire: chi e' causa del suo mal pianga se stesso.
Detta in termini giuridici: il comportamento superficiale della persona consapevole della presenza di pericoli va considerato alla stregua di un caso fortuito.
Cio', ha precisato la Corte d'appello, anche in ragione del fatto che dall'istruttoria non erano emersi altri elementi che potessero far propendere per una responsabilita' del condominio.
La Corte di Cassazione, chiamata a mettere la parola fine alla querelle, ha confermato la sentenza impugnata: la condo'mina scaraventata a terra dal portone difettoso per sua distrazione non aveva diritto ad alcun risarcimento.